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TESTO Un gusto da scoprire

dom Luigi Gioia  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/11/2017)

Vangelo: Sap 6,12-16; Sal 63; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

La saggezza ci cui parla la prima lettura, e che il vangelo attribuisce alle vergini, non si acquisisce con lo studio, non è riservata ai teologi o ai filosofi. ‘Sapienza' viene dal latino sapere che vuol dire ‘gustare', ‘trovare, percepire il gusto delle cose'. Da un punto di vista cristiano, è saggio chi ha sviluppato un gusto per le cose di Dio, chi vive la vita cristiana, prega, legge la parola di Dio non per dovere, ma perché ama farlo, perché ha scoperto il sapore di queste cose, ha scoperto che si tratta di un cibo che non solo nutre, ma è come miele per il palato, piace e dà gioia.

Certo all'inizio non è facile scoprire il sapore delle cose di Dio. Che gusto c'è a interrompere le proprie attività, a chiudere gli occhi, a cercare di raccogliere mente e cuore per restare in presenza di Dio, per cercare di pregare? O ad andare a messa la domenica? O nel ripetere sempre le stesse preghiere, nel partecipare alle stesse liturgie? Che gusto c'è nell'ascoltare sempre gli stessi brani del Vangelo che conosciamo a memoria, o crediamo di conoscere? E potremmo continuare a lungo in questa lista. Spesso la preghiera ci annoia, la messa ci stanca, per non parlare della lettura della parola di Dio che ci sembra così difficile e remota. Siamo come queste vergini che si addormentano: diventiamo abitudinari, siamo sempre distratti, finiamo con il vivere la fede come routine, senza pensare mai al Signore. Dio diventa il grande dimenticato delle nostre giornate.

C'è dunque una ricerca da intraprendere per scoprire il gusto delle cose di Dio. La sapienza, dice la prima lettura, si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Il salmista invita a cercarla fin dall'aurora, con desiderio, con sete, si ricorda di essa nel proprio giaciglio, veglia la notte pensando ad essa. Al tempo stesso questa ricerca della sapienza, del gusto delle cose di Dio è già dolce. Ci dedichiamo ad essa perché in questa stessa ricerca è nascosta una gioia.

Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà. La troverà seduta alla porta. Come Gesù nel Vangelo, quando dice: il mio giogo è soave, è dolce, e come il salmo 62 che aggiunge: Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. Ci dobbiamo lasciar saziare dai cibi migliori, cibi che hanno gusto, cibi che ci invogliano a ritornare a nutrirci.

Di quale gusto, di quale sapore stiamo parlando? Cos'è che ci attira al Signore? Nella prima lettera ai Tessalonicesi, Paolo afferma: Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell'ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi, come gli altri che non hanno speranza. Il cristiano trova riposo e gusto in una speranza fondata sulla fede. La fede ci offre una consolazione, dà un senso a quello che viviamo, tanto ai momenti di gioia che alle prove e ai momenti di dolore. Ci risolleva quando siamo affaticati sul nostro cammino, ci disseta quando le circostanze della vita ci inaridiscono, raggrinziscono il nostro cuore, ci chiudono in noi stessi. Dando senso alla nostra vita, consolandoci, risollevandoci, nutrendoci, la fede alimenta la speranza. Quale ventata di freschezza, quale riposo nella sofferenza, quale senso inspiegabile di gioia e di serenità la preghiera può inaspettatamente diffondere nel nostro cuore! Basta levare lo sguardo al cielo, invocare il Signore, anche solo con una frase, basta rivolgersi a lui. Basta cominciare a cercare seriamente questa sapienza, questo gusto per le cose di Dio, per trovarla seduta alla nostra porta di casa. Questo vale per la preghiera: è sufficiente pensare un attimo al Signore per scoprire che è al nostro fianco, che non ci ha abbandonati un secondo, che è stato sempre vicino a noi, ma noi non eravamo attenti a lui. Eravamo noi che lo ignoravamo, che non eravamo coscienti della sua presenza.

La più grande consolazione della fede e della speranza è proprio questa: il Signore è con noi, saremo sempre con lui, come dice Paolo riguardo alla vita eterna. Saremo sempre con lui, perché lui è con noi. È già con noi adesso e ci vuole con lui per l'eternità. È venuto per essere il Dio-con-noi, l'Emanuele - perché Emanuele vuol dire proprio questo: “Dio con noi”, un Dio che trova, come la sapienza nell'Antico Testamento, la sua gioia nell'essere con i figli dell'uomo.

Lasciamo allora questa frase alimentare la nostra preghiera, diventare un test per misurare la nostra sapienza. Ripetendola con il cuore, troveremo piano piano il gusto, il sapore, la gioia che essa contiene e dispensa: Noi saremo sempre con lui.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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