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TESTO Quale è il mio posto?

don Giovanni Berti

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/11/2017)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 23,1-12

In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

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Quale è il mio posto del mondo?

Quale è il posto che vorrei occupare, o che vorrei mi fosse riconosciuto?

Ed ecco che la nostra società (da sempre non solo oggi) produce posizioni sociali, podi e classifiche, scale gerarchiche, ordini di arrivo, classi economiche, titoli, onorificenze e riconoscimenti...

E così misuriamo il nostro valore e la nostra identità in base alla nostra collocazione dal punto di vista sociale, in base ai premi che ci vengono riconosciuti, ai titoli che abbiamo, in base al livello economico raggiunto...

Questo vale in ogni ambiente sociale, istituzioni religiose comprese.

Abbiamo appena celebrato con il 1 novembre il Paradiso con tutti i Santi. Anche lì, nel nostro immaginario umano, abbiamo tentato di imporre schemi umani di gerarchie, avendo una visione dove c'è chi è più santo di altri. In realtà l'insegnamento della Scrittura ci fa intravedere una situazione di armonia così perfetta in Dio, che ogni gerarchia è annullata, e tutti vivono ugualmente nell'amore di Dio, senza che ci sia uno più distante o più vicino, privilegiato o declassato.

Ma la situazione in terra non è così, e anche Gesù lo sa bene. Per questo insegna ai suoi discepoli a non replicare nella loro piccola comunità gli schemi umani che portano alla separazione degli uomini tra di loro. I rappresentanti religiosi del popolo (farisei e scribi) avevano un buon insegnamento che portava a Dio, ma la loro vita (l'insegnamento della testimonianza concreta) portava da un'altra parte. I segni di potere e privilegio che essi ostentavano contraddicevano l'insegnamento di Dio. Gesù vuole che tra i suoi discepoli non sia così, e insegna loro di riprodurre il più possibile in terra quello che in cielo è normale: niente segni e titoli che dividono, giudicano e creano gerarchie. L'obiettivo è che la comunità dei cristiani sia segno di una fratellanza universale che ha in Dio l'unico Padre e in Gesù l'unico maestro e guida.

Tutti, prima di ogni posizione sociale, religiosa, prima di ogni titolo e onorificenza, siamo fratelli!

E per farci capire che il suo non è un insegnamento solo a parole (come spesso accade a noi anche oggi) Gesù stesso si è fatto fratello di tutti, si è messo a livello della terra più bassa (l'humus che è dentro la parola “umiliazione”) per farci comprendere che proprio dal basso arriva la risalita verso Dio operata da Dio stesso. Gesù vero uomo, che vive la vita e le sofferenze umane, viene esaltato, portato all'altezza di Dio proprio dal Padre, che in questo lo ama infinitamente.

Quale è il mio posto? Se sono veramente cristiano e mi fido del Vangelo, allora il mio posto è proprio quello di Gesù, partendo dal basso e non avendo paura di non poter scalare tutte le scale gerarchiche che la storia mi impone.

Dal basso, cioè facendo i conti con quello che sono realmente, con i miei pregi e limiti, con tutte le mie capacità e fallimenti, con la mia umanità vera non gonfiata, posso vedere il punto di vista altissimo di Dio, che è amore.

Solamente dal basso posso solo guardare in alto e vedere il cielo sopra e dentro di me.

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