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TESTO La via della pace

don Fulvio Bertellini

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V Domenica di Pasqua (Anno A) (24/04/2005)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-12

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Molti posti nella casa del Padre

La questione delle religioni sta balzando prepotentemente ai primi posti nelle preoccupazioni dei governanti mondiali. Un mondo globalizzato accelera il confronto tra popoli, culture, ideologie e credenze. Nasce l'esigenza di trovare un punto di confronto, un ponte di dialogo, una via per il rispetto e la convivenza pacifica. Si tratta di un'occasione anche per noi cristiani, un invito a riscoprire la nostra fede, per costruire una relazione positiva con chi ha idee diverse dalle nostre.

Sono veramente idee diverse? Effettivamente, la soluzione più semplice sembra negare il problema. Dire che in fondo c'è un unico Dio, un'unica verità nascosta, e che a loro modo tutte le religioni la cercano. Oppure dire che non c'è nessuna verità, e che ognuno è libero di seguire le proprie idee. Si tratta di due soluzioni, entrambe comode: o conglobare tutte le religioni e tutte le visioni del mondo in un grande calderone vagamente religioso, o diluire l'impatto delle ideologie nel concetto di tolleranza, visto però come indifferenza: ciò che l'altro pensa non mi interessa, basta che lui rispetti me ed io rispetti lui (laddove non si vede che l'indifferenza è la massima mancanza di rispetto per l'altro). Nel Vangelo troviamo una via diversa. "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti". Il germe fondamentale dell'apertura, del confronto, del dialogo, è nel Vangelo stesso: nella convinzione profonda di un Dio Padre, Dio di tutta la terra, Dio di tutti gli uomini. Un Dio che ha molti "posti" nella sua casa. Vedremo che quanto più cresce la nostra fede in questo Dio, e nel suo Figlio Gesù, tanto più cresce la nostra capacità di relazione e di dialogo con uomini di tutte le religioni e di tutte le idee.

Una fede liberante

In più epoche della Chiesa è emersa la tentazione di costruire la comunità degli eletti e dei perfetti. Ed è sempre stata rifiutata, anche se con travaglio e fatica. Sempre è riemersa la convinzione profonda di Dio come Padre universale e del Vangelo come possibilità di salvezza rivolta a tutti gli uomini. Nelle parole di Gesù che ascoltiamo in questa domenica, viene esplicitato il valore della fede. "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me". Il contesto è quello dell'ultima cena, della morte imminente di Gesù. La fede cristiana non è comoda e facilmente consolatrice: si manifesta proprio nell'ora della prova, nel momento della tentazione, quando tutto sembra contribuire a farla vacillare. Il discepolo è chiamato a fidarsi radicalmente delle parole di Gesù: "Non sia turbato il vostro cuore". Esternamente, la croce è una sconfitta, e Gesù diventa l'assente. Il discepolo, che cammina nella fede, sa riconoscere colui che è Risorto, colui che è presente, colui che ha vinto la morte e prepara una "casa" comune per tutti gli uomini.

Un'unica via

Gesù si presenta quindi come colui che vince la morte e chiama tutti gli uomini alla casa del Padre. Disturba però, nel dibattito attuale, quella pretesa di assolutezza: "Io sono la via, la verità e la vita". L'idea di Dio come Padre misericordioso e accogliente va bene. Quella del Figlio come unica porta di accesso a lui sembra invece discriminante e troppo integralista. Non è questa però la prospettiva del Vangelo. In effetti, solo a partire da Gesù noi conosciamo Dio come Padre buono e accogliente. Solo a partire dalla sua croce appare la sconvolgente profondità del suo amore di Padre. "Chi ha visto me, ha visto il Padre". Proprio Gesù ci ha liberato dalle immagini assolute, integraliste, vendicative di Dio. E a partire da lui una nuova immagine di Dio ha contagiato il mondo, ha influenzato la cultura e la filosofia. Tra le critiche al cristianesimo, molte vengono mosse proprio a partire da una certa idea di Dio che è, nelle sue radici, profondamente influenzata dal cristianesimo.

Il nostro limite

Gesù via, verità e vita, è quindi anche la via verso il dialogo, l'accoglienza, il confronto con le altre religioni. Appunto perché siamo autenticamente radicati in lui, possiamo diventare autenticamente aperti ai fratelli, e riconoscere tutti gli uomini come fratelli. Dunque, non possiamo accontentarci di una semplice "tolleranza", di un asettico rispetto verso le posizioni religiose "private" di ciascuno. Gesù ci invita all'autentica fratellanza, alla relazione vitale, ad accettare la sfida di un vero confronto. E siccome lui è la via (non noi), e lui è più grande di noi, la vera fede in Cristo dovrebbe sempre comportare anche l'umiltà. Noi per primi ci riconosciamo peccatori, che faticano a seguire i suoi passi. Non siamo i padroni della strada, che possono permettersi di far pagare il pedaggio a chi vuole percorrerla. E non siamo neppure in grado di percorrerla per intero, e conoscerne i confini. Se riconosciamo il nostro limite, avremo rispetto per gli altri, e conosceremo anche la nostra forza: "chi crede in me compierà le opere che io compio, e ne farà di più grandi". Perché è una forza che viene da lui, e non dalle nostre risorse.

Flash sulla I lettura

"Mentre aumentava il numero dei discepoli". Da anni faccio la stessa osservazione, e da anni genera in me lo stesso stupore. I problemi per la Chiesa nascono e si sviluppano contemporaneamente al suo successo, al suo impiantarsi e al suo radicarsi. Da un fatto positivo (la crescita numerica dei discepoli) se ne generano altri negativi (il malcontento, la difficoltà di gestire il fatto) che richiedono un farsi carico, un discutere, un rimettersi in discussione e in ascolto della voce dello Spirito. Una Chiesa senza problemi è una Chiesa morta. Una Chiesa che ha paura dei problemi è una Chiesa che ha paura di crescere e di vivere.

"... sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei": si constata nella comunità di Gerusalemme la presenza di due gruppi, di due entità distinte, in base all'appartenenza etnica: la comunità originaria, di stirpe ebraica, e gli ellenisti, di cultura greca, e appartenenti forse a diverse popolazioni. Oggi lo stesso problema si ritrova, moltiplicato, globalizzato, accelerato dalla facilità di trasporto e di comunicazione. Troppo spesso parliamo genericamente dei problemi della "Chiesa" come se la comunità cristiana si riducesse al mondo occidentale, sazio e progredito.

"... cercate dunque tra voi...": anche la risposta dei Dodici resta sempre sorprendente. Essi rifiutano di risolvere in prima persona il problema, ma invitano i fratelli a trovare al proprio interno nuove vocazioni per le nuove esigenze. L'intuizione profonda dei Dodici è che lo Spirito è già in azione, e ha già dato ad alcuni la saggezza per assumersi un incarico nuovo. La capacità di discernimento e di visione lungimirante è propria della guida della comunità: la comunità stessa è poi chiamata ad attivarsi, a diventare essa stessa protagonista e responsabile della sua crescita. Lo stesso invito risuona anche per noi oggi: esistono tra noi i catechisti, gli educatori dei giovani, coloro che si possono occupare della catechesi delle famiglie? O di tutto questo deve occuparsi soltanto il sacerdote, papa e re nella sua parrocchia?

Flash sulla II lettura

"Stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio": la nostra fede è fondata su Gesù. E verrebbe da aggiungere: non sul papa. La sbornia televaticana di questi giorni ha avuto molti effetti positivi: ha fatto scoprire l'universalità della Chiesa, ha sorpreso per l'intensità della partecipazione emotiva, ha mostrato il valore di una vita vissuta in coerenza piena al Vangelo, che è nello stesso tempo parola forte e parola che consola, messaggio esigente e annuncio della misericordia. Tuttavia a volte l'accento è stato messo più sul papa che su Gesù Cristo. Più sulle emozioni, che sulla fede. Non è colpa del Vaticano, e neppure colpa delle televisioni. E' nella natura stessa dei mezzi di comunicazione: riprendono ciò che fa notizia, ciò che suscita emozione, le folle, le stranezze, gli eccessi e le reazioni forti. In alcuni momenti possiamo trovare personaggi cristiani che fanno notizia. O eventi che hanno un impatto mediatico. Ma la vita cristiana non è tutta lì. Anzi, ho il sospetto che l'importante non sia televisivo, non sia mediatizzabile. La lettera di Pietro invita a puntare l'attenzione proprio sull'essenziale: stringersi a Cristo, pietra viva. Che in alcuni momenti, viene ancora rigettato dagli uomini. Perché è scomodo, non fa notizia, non fa audience. Eppure è proprio nei momenti senz'audience, senza folle, senza riconoscimenti, che si gioca la nostra fede in Gesù, la nostra identità di cristiani, la nostri vita di uomini.

 

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