PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Matteo 23,1-12

padre Gian Franco Scarpitta  

padre Gian Franco Scarpitta è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/11/2017)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 23,1-12

In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

“Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge.” (1Pt 5, 2 - 3) Con queste parole franche e spontanee Pietro si rivolge ai pastori (definiti anziani) collocandosi alla loro pari e sottendendo che le richieste che esse contengono provengono fondamentalmente da Cristo. Essere stati chiamati a un ministero o a un incarico di guida e di responsabilità comporta schiettezza, trasparenza e soprattutto generosità e serietà di impegno verso coloro che stiamo guidando. Il pastore deve sollecitamente guidare il gregge e sostenerlo “secondo Dio”, ossia secondo la sua volontà, con gioia ed entusiasmo e con rinnovata intraprendenza, nello spirito di servizio, di umiltà e abnegazione, accompagnando ciascuna delle pecorelle passo dopo passo, assistendola e provvedendo a quanto necessario per il suo benessere spirituale. “Fatevi modelli del gregge” incalza altrove lo stesso apostolo istituito capo visibile dell'intera Comunità di Cristo. E' ben consapevole che nell'esercizio di un ministero può esservi sempre la tentazione di impadronirsene, di emergere altezzosamente sulla massa e di approfittare anche della propria posizione per conseguire i propri interessi. Purtroppo non è un caso raro che vi siano ministri che vantino diritti esagerati sui fedeli a loro affidati, che tendano ad imporre se stessi più che a coltivare il benessere del popolo che a loro si affida, e in parecchie religioni (sia cristiane che non cristiane) si riscontra anche chi trae esageratamente profitto dal proprio ministero pastorale, abusando della propria posizione per ottenere plauso, consenso, venerazione e perfino guadagni economici dalla gente. Il profeta Malachia (I Lettura) rimprovera i sacerdoti d'Israele per essere stati fautori di stravolgimenti nel loro insegnamento e di avere sconvolto il popolo di Dio soprattutto con la loro condotta poco ortodossa. Gesù mette in guardia dal “lievito degli scribi e dei farisei”. Attenzione: non riprova quello che essi dicono e non condanna i loro insegnamenti. Quanto essi propongono ai loro discepoli è lodevole e ammissibile operché risponde alla legge di Dio (la Thorà) e agli insegnamenti del Talmud, che racchiude le prescrizioni ebraiche orali. Condanna piuttosto la protervia e l'alterigia con cui sfruttano le loro conoscenze dottrinali per pavoneggiarsi e per assurgere al di sopra di tutti. Riprova l'ipocrisia della nella retorica ampollosa e raffinata con cui istruiscono gli altri, senza però mai mettere in pratica essi stessi ciò che insegnano. Condanna insomma la presunzione e la sfacciataggine di quanti si ergono a maestri per ostentare la loro scienza erudita senza essere di esempio agli altri e anzi approfittando del loro sapere per dominare sulla massa. Colmo della sfacciataggine è di pretendere dagli altri ciò che noi stessi non siamo disposti a dare e questo diventa ancora più evidente quando si sfrutta la Scrittura per imporre agli altri gravami di condotta di cui noi stessi non sappiamo dare l'esempio.

Chi esercita un ufficio di docenza, di formazione o di guida spirituale, come pure chi assume un ruolo di leader o di animatore di gruppi e di società, getta alle ortiche il proprio lavoro quando con la sua condotta non è di orientamento a coloro che lo seguono o che lo ascoltano. Chi non da' l'esempio di ciò che insegna agli altri perde anche il proprio tempo, vanifica il proprio operato e non adempie certo il compito che gli è stato affidato dall'alto. Per questo motivo anche altri passi della Bibbia condannano aspramente le aberrazioni di quanti omettono di rendersi vere e proprie guide delle pecorelle di cui sono pastori. E alla pari di Gesù riprovano anche atti di superbia e di altezzosità insulsa, atteggiamenti di spocchia, di vanità e di distacco aristocratico, tipici di chi ama essere esaltato per mezzo di titoli e di onorificenze.

L'uso ridicolo e meschino di appellativi quali Eminenza, Eccellenza, Monsignore, il ricorso agli inchini e al baciamano ai sacerdoti ancora perdurante presso il popolino soprattutto nei piccoli centri (di cui ho fatto esperienza diretta con grande rammarico e sconforto!), la riverenza esagerata nei confronti delle grandi autorità ecclesiastiche sono purtroppo usi invalsi nel corso di tanti anni di storia della Chiesa, costituiscono lo strascico di affermata paganità del tutto avversa alla vera umiltà evangelica e quel che è peggio è che non tendono a smorzarsi, non solo perché diversi prelati ne sono ancora avvezzi, ma anche perché il popolo stesso non vi perde l'abitudine. Credo noi pastori dovremmo educare la gente a fare a meno di simili atteggiamenti nei nostri riguardi e intanto imparare a privarcene noi stessi, poiché non di rado sono di ostacolo a che il vero vangelo venga comunicato e trasmesso.

Mi si consenta tuttavia un'osservazione quanto all'appellativo “padre”. Esso è indubbiamente illecito quando lo si sfrutti con spirito di presunzione, di superbia e di altezzosità e quando chi venga chiamato con questo titolo se ne gonfi di orgoglio e di presunzione. Soprattutto considerando che l'unico vero Padre in assoluto è Dio, la cui misericordia e paternità sono infinite nei nostri confronti. Ciononostante, esso non è del tutto illecito se si considera il concetto di “paternità spirituale” profuso da Paolo nelle suoi vari scritti: l'apostolo definisce Onesimo, Tito e Timoteo “figli nella fede” e anche in altri scritti ai Tessalonicesi parla di sollecitudine amorevole simile a quella di una padre e di una madre. Rivolto ai Corinzi scrive: “Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo (1Cor 4, 15). Paolo utilizza qui una differenziazione fra “pedagoghi” e “padri”, rilevando come questi ultimi siano più significativi in ordine alla formazione spirituale dei “figli”. Se dunque parecchi titoli ancora in uso sono del tutto vani e detestabili, quello di “padre” può quindi ritenersi giustificato quando lo si adoperi nel senso della partecipazione all'unica paternità di Dio e quando lo si interpreti in relazione alla funzione di sollecitudine paterna spirituale nei confronti di quanti ci sono stati affidati quanto alla fede. I sacerdoti sono “padri” non perché vogliano appropriarsi di un titolo incompatibile con la loro posizione o perché vogliano insuperbirsi nei confronti di tutti gli altri, ma perché nel loro esercizio vi è una dimensione di paternità in senso formativo e spirituale nei confronti dei fratelli. A condizione che tale paternità si espleti attraverso un servizio sincero e disinteressato, che miri a promuovere il bene dei fratelli e la loro fecondità spirituale. E a condizione che ci si faccia modelli del gregge.

Anche da parte dei fedeli peraltro è richiesta stima e valorizzazione dei propri sacerdoti, affinché nel loro ministero vengano incoraggiati e sostenuti e soprattutto perché si veda in essi degli accompagnatori e delle guide alle quali comunque va resa la dovuta considerazione e ammirazione

 

Ricerca avanzata  (53970 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: