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TESTO Credo in un solo Dio. Che è il Dio della gelosia

don Marco Pozza  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (29/10/2017)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,34-40

In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il fatto scatenante è tramandato a chiare-lettere: «Avendo udito che aveva chiuso la bocca ai sadducei». Percependolo rivestito d'una autorevolezza senza paragoni, vollero - per l'ennesima volta, non sarà l'ultima - tentare di trarlo in inganno, con domanda trabocchetto, la loro specialità. L'appiglio è il medesimo di sempre, per gente che conosce a menadito la Legge con le sue stramberie: «Nella legge, qual è il più grande di tutti i comandamenti?» Lo chiedessero con fanciullezza di spirito, sarebbero gente in rampa di lancio per tentare la scalata alla santità: siccome lo chiedono per cercar di svergognare il motivo scatenante l'allegrezza di Cristo, paiono subito dei piccoli idioti di bottega. Lui - Il Maestro per dottrina, Il Signore per eleganza - non s'abbassa alla loro provocazione, sta alto lassù, al suo livello. Mai banale, sempre sorprendente, tutt'al più seccante per la sua eterna capacità di rigenerare concetti e idee come fossero ogni volta acqua sorgiva. Eccolo, se proprio volete saperlo, qual è il più grande di tutti i comandamenti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Risposta secca, quasi ruvida, essenziale: l'oggetto dichiarato dell'obbedienza è Dio, punto e a capo. Stavolta, però, allega dell'altro: il come va amato Dio, che è l'oggetto del precetto. Con tutto il cuore, tutta l'anima, tutta la mente; questione di stile. “Tutto” è aggettivo d'ingordigia, con tasso di romanticismo pari allo zero: tutto-mio, solo-me, nessun altro. Dio è geloso: lo diceva il Padre - «Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, Dio geloso» (Es 20,5) -, il Figlio ha ereditato la stessa follia d'amore, dichiarata senza traccia d'imbarazzo: “Amami, nessun altro sopra di me”. “Con”, invece, è preposizione di compagnia: dice comitiva, unione, congregazione. E' complemento di unità, attacco verticale alla solitudine. “Con-tutto” dice stile più misura. Badate bene che non è poco: sommate il cuore all'anima e alla mente, fate voi. A conti fatti, però, non è nemmeno tanto. Il grattacapo è che alla sua gelosia Lui chiede di corrispondere con tutto: non poco, non troppo, tutto. Dio geloso, ora pro nobis.

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E' un Dio che, perdonato il passato, non s'arresta all'oggi: quando ama Lui è solito declinare i verbi al tempo futuro. Declinarli al passato è fare memoria, al presente è creare l'attenzione, declinarli al futuro è progettare attesa: «Amerai» è voce del verbo amare, modalità infinita, tempo continuato. «E' pazzo? Difatti è, rispetto agli uomini, uno stato di demenza, che pretende e otterrà dai suoi diletti. E l'otterrà perché li ama» (F. Mauriac) E, amando Lui, loro scopriranno d'essersi dilatati persino il cuore, l'anima, la mente. Conosceranno, da loro soli, qual è il secondo dei comandamenti, appena sotto-dietro il primo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ancora una volta Dio spiazza chi lo interroga: ne chiedono uno, risponde con due che, però, sulle sue labbra rimangono ricamati assieme: «Il secondo è simile al primo». Dire simile è ammettere che Dio-e-uomo vanno a braccetto nel cuore di Cristo: un cuore interessato, interessante, la cui gloria è l'uomo vivente. Ama l'uomo, amerai Dio: ama Dio, avrai cuore per contenere gli uomini suoi. Con quell'aggiunta - è finezza di narratore, sprazzo d'artista, tocco di maestria - dell'avverbio di modo: «Come te stesso». Un Dio che m'impone di aver cura di me, per riuscire ad amare degli altri, Lui: “Amati appieno, altrimenti non saprai amare gli altri, nemmeno Me”. L'accuseranno, facendosi la pipì addosso, d'essere Dio-narcisista: tutt'al più Dio è artista, mezzo calzolaio mezzo vasaio. La creatura è il capolavoro del quale è geloso, va matto di lei, vuole che tutti l'amino perché, amandola, sente che amano Lui stesso. Vuole - è l'insopportabile meraviglia di questo Vangelo - che lei stessa si ami, s'accetti così com'è: ferita, rotta slabbrata. In stato di sovrappeso, bulimia, depressione. Orecchie a punta, piedi piatti, testa a uovo. Sognatrice d'angeli, frequentatrice di demoni, ad un passo da Dio, ad un passo dall'Inferno. Fatta-così. Solo così, un giorno, potrà dire d'amare l'altro. Dio. In caso contrario c'è sempre il sospetto d'andar a fare volontariato in Amazzonia perché lavare i piatti a casa propria è roba da schiavi.

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