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TESTO Commento su Matteo 22,1-14

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/10/2017)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Padre Alvise Bellinato

IL BANCHETTO PREPARATO DA DIO

• L'immagine del banchetto è centrale nelle letture ascoltate oggi (salmo incluso):
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati (Prima lettura)
Davanti a me Tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca (Salmo responsoriale)

“Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite al banchetto di nozze!” (Vangelo)

Il mio Dio colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. (Seconda lettura)

In generale, potremmo dire, che queste letture ci danno un senso di pienezza, di gioia, di soddisfazione, di sovrabbondanza. Ci comunicano l'idea che Dio si prende cura di noi con grande attenzione e generosità di mezzi. Abbiamo la sensazione che Dio è ricchissimo di grazie e ce le vuole comunicare gratuitamente.

Mai, infatti, nelle letture, si accenna ad un biglietto di ingresso.
Non c'è alcun prezzo da pagare.
È evidente il senso della gratuità totale di Dio.

Non dobbiamo preoccuparci di nulla: è Dio stesso, con la sua infinita generosità, che ci invita a godere dei suoi beni.

Ci ritornano alla memoria le parole esemplari del profeta Isaia (55, 1-3):
O voi tutti assetati, venite all'acqua,
voi che non avete denaro, venite,
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l'orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.

Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide.

Che significato ha il banchetto nella Sacra Scrittura?

La categoria biblica del banchetto si distingue per la sua rilevanza tematica e le connessioni narrative a cui viene associata, tra le quali rileviamo l'amicizia, la famiglia, la solidarietà, la vita, la celebrazione liturgica, l'esperienza della consolazione e della memoria, l'ospitalità.
Nella Bibbia il banchetto ha 7 dimensioni fondamentali:
sacramentale (Eucaristia)
celebrativa (memoria del giorno del Signore)
teologica (celebrazione di alleanza)
sponsale (celebrazione del matrimonio)
ecclesiologica (simbolo della comunità radunata nella fede)
missionaria (espressione di solidarietà fraterna)
escatologica (atto di speranza nel futuro)

Usando una terminologia più semplice potremmo esprimerci così:

Gesù ha istituito l'Eucaristia durante un banchetto: in questo modo rimane vivo in mezzo a noi.

Quando ci raduniamo per la Messa domenicale, celebriamo attorno alla mensa Gesù Risorto.

Tutte le alleanze che Dio ha fatto con l'uomo nella Bibbia sono state consacrate col banchetto.

Il banchetto segue sempre il matrimonio. Anche Dio ha sposato la sua Chiesa in un banchetto.

Noi cristiani ci scopriamo comunità quando ci raduniamo per spezzare il pane insieme.

Durante il pasto solidale la comunità scopre la propria dimensione missionaria, offrendo se stessa in aiuto dei fratelli più poveri e rinunciano a parte dei suoi beni a favore dei più piccoli.

Dopo la nostra morte, crediamo che Dio ci accoglierà al banchetto eterno, nei cieli.

Queste sette dimensioni ci ricordano quanto fortunati siamo ad essere stati chiamati alla vocazione battesimale: possiamo vivere in comunione con Dio, essere suoi commensali e condividere con lui e con i fratelli, nella Chiesa, i doni della sua salvezza.
Un noto vescovo annotava in proposito, in una sua omelia:

Vi do una notizia un po' riservata. Vi rivelo un segreto; ma, mi raccomando, resti tra noi. La notizia è questa: grande è la fortuna di noi credenti. Grande è la fortuna di chi è «cristiano»; cioè appartiene, sa di appartenere, vuole appartenere a Cristo. Grande è la fortuna dei credenti in Cristo. Però non andate a dirlo agli altri: non la capirebbero. E potrebbero anche aversela a male: potrebbero magari scambiare per presunzione il nostro buon umore per la felice consapevolezza di quello che siamo; potrebbero addirittura giudicare arroganza la nostra riconoscenza verso Dio Padre che ci ha colmati di regali alla sua mensa.

(Giacomo Biffi lunedì 3 settembre 2012)

Il linguaggio della pienezza

Nelle letture odierne c'è un linguaggio che esprime pienezza:
vini eccellenti
cibi succulenti
calice che trabocca
buoi e animali ingrassati
ricchezza
magnificenza.

È un dettaglio a cui dobbiamo guardare con attenzione perché ha un significato importante per noi.

Una delle preghiere della Messa dice: ”O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare”.

Papa Francesco, nel commentare questa preghiera, aggiunge: “É proprio della misericordia di Dio non solo perdonare - quello tutti lo sappiamo - ma essere generoso e dare di più e di più... Noi forse nella preghiera chiediamo questo e questo, e lui ci dà di più sempre! Sempre, sempre di più. La generosità di Dio è misericordia che dà sempre di più, di più di quello che noi crediamo si possa fare» (Omelia 9 Ottobre 2015).

Dio, invitandoci al suo banchetto, soddisfa i bisogni fondamentali dell'uomo: primo fra tutti la ricerca di senso.

Egli soddisfa in sovrabbondanza i bisogni fondamentali dell'uomo.

È Dio che prepara i cibi, non noi
Un dettaglio è importante: chi prepara il cibo è Dio.

Nella parabola del Figliol prodigo si descrive l'angoscia di questo ragazzo: “Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava”. Il ragazzo distribuisce le carrube ai porci e potrebbe prendersele con le sue mani.

Ciò che gli manca non sono le carrube, ma qualcuno che gliele dia. Non gli basta riempire lo stomaco, ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui.

Preparare il cibo offrire il cibo, è in tutte le culture del mondo, segno di amore e accoglienza.

Nella Scrittura Dio esprime questo sentimento di accoglienza e di Amore preparando il cibo per noi.
Troviamo questo nell'Antico Testamento, varie volte.

La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne.

Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto accorra qui!».

A chi è privo di senno essa dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato (Pr 9, 1-5)

E anche nel Nuovo Testamento Gesù stesso cucina per gli apostoli:

Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». (Gv 21, 9-12)
Dio si prende cura di noi.

Non ci basta riempire lo stomaco, nutrirci del cibo materiale e sostentarci nella nostra vita corporea. Abbiamo bisogno anche di amore e di senso.

Dio ci offre queste cose fondamentali: è questo il messaggio che la Parola di Dio ci offre oggi.

Riflessione conclusiva

Concludiamo citando una parte dell'intervento di don Tonino Bello al convegno “Giovani verso Assisi” del 1989. Esso riassume ciò che abbiamo espresso finora.

Un giorno siederemo tutti quanti alla tavola promessa, parteciperemo pure noi a quel banchetto, insieme al Padre, al Figlio e allo Spirito. Gesù è venuto sulla terra a catturarci tutti, a fare in modo che si costruisca l'uomo nuovo, costituito da più persone uguali e distinte: qui, sulla terra. Capite che senso ha questo “qui sulla terra”? Lo caricherei di tutta la passione che porto per i temi della pace, della giustizia, della libertà, che ci vengono insegnati dal mistero trinitario.

Che cos'è la Messa se non una scheggia di questo banchetto che celebreremo alla fine dei tempi? Allora saremo insieme nella convivialità delle differenze, la diversità sarà ricchezza nell'unicità. Non ci sarà più morte, né pianto, né lutto. Tutte le lacrime saranno asciugate dal volto degli uomini!

La domenica anticipiamo questo banchetto, questa tavola che ci è stata promessa. La nostra Messa è, quindi, un segno. Gesù ha voluto che l'Eucaristia fosse un assaggio, una primizia, una prefigurazione, un anticipo del banchetto del cielo, banchetto carico di gioia!

Così è scritto nella Didaché: “come il grano è disperso sulle colline e come l'uva matura in mezzo ai pampini delle viti delle nostre colline, e torchiata diventa un solo vino, così, Signore, dai quattro venti, riunisci la tua Chiesa”.

Sull'albero della Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo - sboccia un giorno una gemma, l'Eucaristia. Da questa gemma sboccia un fiore. Come si chiama questo fiore? Chiesa. Quando questo fiore maturerà fino a produrre il frutto, questo si chiamerà umanità intera, come Dio l'ha pensata all'inizio dei tempi.

A tutto ciò richiama l'Eucaristia. Se non lo terremo a mente, nella Messa, realizzeremo soltanto un luogo narcisistico di autocontemplazione, di diletto. Un luogo dove ci piace stare insieme cantando belle canzoni. Il traguardo finale è, invece, l'umanità; l'umanità alla fine dei tempi.

La Chiesa, che sboccia dalla gemma dell'Eucaristia sull'albero della Trinità, non può vivere la disgregazione delle persone, il molecolarismo dei progetti, la frantumazione degli sforzi. Quando tornerete a casa, inseritevi nelle vostre comunità parrocchiali, diventate agenzie periferiche nella comunione trinitaria. La comunione diventi l'angoscia del vostro cuore, l'anelito supremo della vostra vita. Altrimenti la Chiesa che cosa sarà? Organizzazione del sacro, consorteria di beneficenza, fabbriceria del rito, “multinazionale della morale”, come dicono alcuni. Tutto sarà, fuorché Chiesa.

 

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