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TESTO Commento su Giovanni 14,1-12

mons. Ilvo Corniglia

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V Domenica di Pasqua (Anno A) (24/04/2005)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-12

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Questo brano ci riporta all'ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Essi sono tristi, impauriti e in preda all'angoscia per l'imminente partenza del Maestro. Gesù sa che questa situazione rappresenta un pericolo per la loro fede. Ecco perciò l'esortazione: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". Queste parole riguardano pure noi: nelle circostanze più tragiche e difficili la fede, invece che traballare, deve avere come un soprassalto, diventando, così, un antidoto efficace contro l'angoscia stessa. La fede, cioè l'abbandono e la fiducia illimitata in Dio, il Padre onnipotente. Ma la medesima fede va riposta in Lui, Gesù. Il Padre infatti si rivela nel proprio Figlio e opera in comunione inseparabile con Lui (vv.10-11). A questo punto Gesù assicura i discepoli che tale fiducia è saldamente fondata: "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti". C'è una grande casa paterna dove Gesù ci precede. Per Lui, infatti, morire non è precipitare in un baratro senza fondo, ma "passare da questo mondo al Padre" (Gv 13,1). Una volta arrivato a casa e immerso per sempre nella perfetta comunione col Padre, non rimarrà inattivo, ma preparerà con cura un posto per ciascuno dei suoi. Quindi, "ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io". Gesù non riesce a immaginare il suo futuro dopo la morte senza i suoi. Ciò che sogna e spera per sé, lo sogna e spera anche per loro. Li vuole partecipi del suo stesso destino e della sua stessa felicità. Questa promessa, che Gesù realizzerà nella sua ultima venuta al termine della storia e già nel momento della morte di ogni discepolo, riempie il cuore di una dolcissima speranza e anche di una insopprimibile nostalgia. Ma tale promessa Gesù la compie già ora, a partire dalla sua risurrezione. Il Risorto, infatti, che vive ormai per sempre nel seno del Padre, si fa vicino ai suoi, li unisce a sé ed essi già ora, nella loro esistenza terrena, vengono a trovarsi con Lui nell'abbraccio amoroso del Padre. E' lì che noi viviamo di continuo, è lì che abbiamo il nostro "posto" stabile, anche se troppo spesso non ne siamo consapevoli. Ma che gioia indicibile e quale gratitudine quando ogni tanto ne prendiamo coscienza!

Per vivere, però, in comunione col Padre è assolutamente necessaria la relazione con Gesù. In effetti, dopo aver parlato del suo ritorno alla casa del Padre, ora Gesù parla della via che i suoi amici devono percorrere per raggiungerla. I discepoli non soltanto vengono condotti da Gesù al Padre, ma essi stessi devono mettersi in cammino. La via però è di nuovo Gesù stesso. Egli aveva già affermato: "Io sono la porta" ( Gv 10, 7.9: scorsa domenica). "Io sono la via, la verità e la vita".

Come è l'unica porta, Gesù è anche l'unica via verso il Padre: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".

E' l'unica via al Padre poiché è l'unica verità, l'unica vita. E' "la verità". La "verità" significa la "rivelazione". Gesù non è soltanto colui che rivela Dio come Padre, ma in tutto quello che dice, in tutto quello che fa', in tutto quello che è, è rivelazione di Dio, è manifestazione palpabile di Dio Amore. E non è una rivelazione parziale di Dio, ma la rivelazione completa, totale, definitiva del Padre. Per conoscere Dio non hai bisogno di nessun altro, se non di Gesù soltanto. Gesù è necessario e sufficiente. Il motivo? Gesù è il Figlio unico e in tutto quello che è e dice e fa si rivela come il Figlio in relazione perfetta d'amore col Padre. Ecco la verità, cioè la rivelazione del Padre in Lui.

Gesù è "la vita": la vita divina, cioè la comunione eterna d'amore tra il Padre e il proprio Figlio nello Spirito Santo. Chi può misurare e anche solo immaginare la qualità, l'intensità, la pienezza traboccante di tale vita che il Padre comunica al Figlio? Vita che Gesù fin d'ora dona ai credenti, immettendoli nel circuito della comunione trinitaria. Ecco allora in che senso Gesù è l'unica "via" per giungere al Padre. Egli è la "verità", cioè la rivelazione del Padre. Egli è la "vita", cioè tramite l'unione con Gesù, il Figlio, noi abbiamo l'unione con Dio Padre e quindi la vita eterna, che è la vita stessa del Padre partecipata al Figlio. In quanto soltanto Gesù è il Figlio unigenito pari a Dio, solo Lui è la porta e la via di accesso al Padre, nel quale l'uomo trova la perfetta realizzazione di sé e la felicità suprema.

Lo intuisce oscuramente Filippo quando chiede a Gesù: "Mostraci il Padre e ci basta".

Questa richiesta esprime l'anelito più profondo del cuore umano: poter vedere Dio e soprattutto Dio come Padre. Vedere Dio è, appunto, il massimo che un uomo possa desiderare. Filippo, però, pensa a una manifestazione eclatante di Dio, a una esperienza straordinaria. Non sa invece che la sua attesa e la sua preghiera Dio le ha già esaudite donando Gesù. Per questo Gesù non può nascondere la sua delusione: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre".

Quest'ultima dichiarazione esprime in sintesi tutto il messaggio del IV Vangelo: Colui che vede l'uomo Gesù, cioè non si ferma a ciò che è esterno e corporeo, ma attraverso le opere, le parole e la vita di Gesù - tutta donata al Padre e agli uomini -, arriva a riconoscere in Lui il Figlio di Dio, vedrà, riconoscerà il Padre nel Figlio.

Gesù precisa ulteriormente: "Credetemi: io sono nel Padre e il Padre in me". Vale a dire, il Padre e il Figlio sono legati reciprocamente da una perfetta unione, per noi inimmaginabile. Ciò significa che quando Gesù parla, il Padre parla, quando Gesù compie qualche gesto, il Padre lo compie. Tali opere di Gesù sono i suoi miracoli, le sue azioni, la sua intera esistenza, che manifestano il suo rapporto filiale col Padre e l'amore del Padre che attraverso di Lui salva gli uomini. Perciò chi guarda con fede al Figlio vede, in Lui e per Lui, il Padre. Incontrare Gesù è incontrare semplicemente il Padre.

La conseguenza è anche che chi crede in Gesù "compirà le opere che Gesù compie". Cioè continua ad amare come Gesù ha amato e a operare come Gesù ha operato. Anzi, nell'esistenza e nella attività di coloro che per la fede sono uniti a Cristo, Egli stesso continua a rivelare il Padre e a condurre gli uomini a Lui. Addirittura, Gesù aggiunge che i discepoli faranno opere "più grandi" ancora di quelle compiute da Lui. Cioè il Risorto in loro continuerà la sua opera di manifestare l'amore del Padre in un raggio sempre più vasto.

È essenziale il rapporto con Cristo, come ci viene proposto da Pietro nella sua prima lettera (2, 4-9: II lettura): "...stringendovi a Cristo pietra viva ( cioè crocifisso e risorto)". L'adesione e assimilazione a Lui attraverso la fede e i Sacramenti che cosa produce? "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale".

I cristiani formano insieme una "casa spirituale", cioè costruita e abitata dallo Spirito Santo che li unisce intimamente a Dio e tra di loro.

Costituiscono un "sacerdozio santo", cioè una santa comunità di sacerdoti, che sono in relazione profonda con Dio e lo adorano come Egli desidera: "per offrire sacrifici spirituali a Lui graditi". Non si tratta di sacrifici puramente interiori, ma della loro esistenza e attività, che lo Spirito Santo trasforma in amore e quindi in culto autentico. Ciò non è possibile se non "per mezzo di Gesù Cristo". La loro vita è unita al sacrificio di Cristo, reso presente nell'Eucaristia. È qui che ricevono da Gesù lo Spirito Santo e quindi l'amore che trasforma in sacrificio di lode a Dio la trama quotidiana della loro vita (doveri, pene, gioie...).

È il sacerdozio che possiedono tutti i battezzati, dal Papa all'ultimo dei fedeli. Al servizio di questo sacerdozio "comune", ma essenzialmente distinto da esso, Gesù ha voluto anche il sacerdozio "ordinato" (cfr. At 6, 1-7: I lettura).

Questo brano è di una ricchezza inesauribile. Prova a rileggerlo con calma e con attenzione, cercando di capire il messaggio che contiene.

Quale gioia, per es., scoprire che Gesù è "la via, la verità e la vita", che chi "vede" Lui "vede il Padre" e che, uniti a Lui, gli consentiamo di rivelare il Padre a più persone possibili, contribuendo così alla loro felicità!

Il segreto di tutto questo rimane la fede: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me".

Accoglierò questa esortazione di Gesù, chiedendogli: "La fede che mi domandi, dammela, donala anche agli altri".

 

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