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TESTO Ancora bisognosi di sperare

dom Luigi Gioia  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/10/2017)

Vangelo: Is 25,6-10a; Sal 23; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Il re di cui parla il vangelo di oggi è il Signore. I servi che egli invia, sono in modo particolare gli apostoli e i loro successori, i ministri della Chiesa, coloro ai quali il Signore, alla fine del Vangelo di Matteo dice: Andate, e di tutte le nazioni fate i miei discepoli. Questo è l'invito alle nozze. Questi inviati però sono anche i tutti i cristiani che il battesimo ha reso ‘profeti', coloro che ‘parlano per (Dio)', annunciatori della Parola. Gli invitati a nozze sono tutte le genti, tutta l'umanità, poiché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati .

Il vangelo di oggi predice che questo invito a nozze, questo annuncio della Buona Novella incontrerà grandi ostacoli e anzi spesso il rifiuto. Ma insiste sulla assoluta determinazione del Signore a non arrendersi di fronte a questa opposizione. Lo vediamo così inviare i suoi servi una prima, una seconda e una terza volta. Ogni volta si ripropone però lo stesso scenario: l'ostilità, a volte anche estrema, o una accoglienza solo superficiale significata dall'invitato che raggiunge il banchetto ma non indossa l'abito nuziale, simbolo dei tanti battezzati detti ‘sociologici' o ‘nominalì la cui pratica resta esteriore, senza una fede viva in Cristo.

Non è difficile applicare questa pagina del Vangelo alla crisi dell'evangelizzazione odierna che ci invita a porci tre domande. La prima è se la situazione di crisi dell'evangelizzazione sia veramente anomala; la seconda è se rispetto ad un passato recente, nel quale la pratica religiosa era a livelli altissimi, vi sia stata una decadenza; infine dobbiamo chiederci quali siano le cause di un impatto così ridotto dell'annuncio cristiano.

Riguardo alla prima domanda, sull'anomalia della crisi attuale, il Vangelo ci consola. Che l'annuncio sia rifiutato dal più gran numero di persone, che solo un piccolo gregge creda e si converta, era previsto. Gesù lo afferma chiaramente: tanti saranno quelli che rifiuteranno, che addirittura vorranno eliminare chi annuncia il messaggio cristiano, discreditarli, marginalizzarli, calunniarli.

Quale è allora - seconda domanda- la causa della diminuzione esponenziale della pratica religiosa negli ultimi decenni? La risposta è che praticare, essere fisicamente presenti al banchetto è una cosa e un'altra è indossare l'abito di nozze. Si può considerare l'abbassamento della pratica religiosa come un indice della perdita di fede. Ma è altrettanto vero che tanta della pratica religiosa dei tempi passati era puramente nominale, sociologica, esteriore, e che proprio l'improvviso crollo degli anni settanta lo dimostra. Appena la pratica religiosa cessò di essere socialmente obbligatoria, abbandonarono il banchetto tutti coloro che non avevano l'abito di nozze, tutti coloro che vi andavano solo per conformità, per abitudine, senza una fede viva, senza una vera adesione del cuore. In questo senso dunque, lungi dal dover essere interpretata negativamente, la situazione attuale è sicuramente un segno di più grande autenticità: è molto più probabile che chi va in chiesa oggi lo faccia perché davvero crede.

Ma queste costatazioni non ci dispensano da una terza domanda, la più grave, la più difficile, riguardo a quali siano le cause di un impatto così esiguo dell'annuncio cristiano. Se il cristianesimo oggi, soprattutto nei nostri paesi occidentali, non cresce più, è prima di tutto perché i ministri del Vangelo, cioè coloro che Gesù invia, hanno perso la loro credibilità. Sono diventati i garanti di una istituzione, dei funzionari. Sono sempre meno dei servitori della Parola, dei servitori che ne vivono e che la meditano giorno e notte, e per questo diventano incapaci di annunciarla efficacemente. L'annuncio è stanco e insipido. La predicazione della Parola è l'ultima delle preoccupazioni di ministri troppo accaparrati da una struttura che gira sempre più vorticosamente intorno a sé stessa, forse proprio in cerca di un alibi che giustifichi la sua inefficacia. Tante sono le applicazioni possibili di questo dato, ma ad una in particolare ci invita la prima lettura di oggi, che mette sulla bocca di coloro che credono questa frase: Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato, perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato .

Il male del nostro tempo è la crisi della speranza. Non abbiamo più bisogno del Signore. Non abbiamo più bisogno di sperare in lui, o piuttosto crediamo di non aver più bisogno di sperare in lui. E questo non perché non soffriamo, non perché la vita non sia dura oggi come lo era in passato, non perché manchino i problemi, ma perché la nostra società si è specializzata nell'offerta di anestetici che ci fanno dimenticare la nostra sofferenza, i nostri problemi, le nostre paure, grazie al benessere spesso illusorio che ci circonda.

Il vangelo di oggi non termina su una nota positiva, ma sul pianto e sullo stridore di denti, nelle tenebre. Queste tenebre, questo pianto, non vanno visti come quelli della punizione, ma sono già quelli di una vita senza il Signore, senza la sua luce, senza la sua consolazione. Solo lui infatti asciuga le lacrime dai nostri volti e ci nutre di un cibo che davvero sfama la nostra sete inestinguibile di vita e di senso.

E' dunque urgente continuare a farci gli strumenti di questo invito che il Signore mai si stanca di rivolgerci, anche quando siamo distratti, anche quando lo rifiutiamo. Permettiamogli così di condurre noi e i nostri contemporanei con noi alle acque tranquille della pace che lui solo può dare perché ognuno possa proclamare: Ecco il nostro Dio. In lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato. Rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza .

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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