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TESTO Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!

don Walter Magni  

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Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli ambrosiani (Anno A) (15/10/2017)

Vangelo: Mt 21,10-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,10-17

10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

12Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: «Sta scritto:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.

Voi invece ne fate un covo di ladri».

14Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. 15Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, 16e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto:

Dalla bocca di bambini e di lattanti

hai tratto per te una lode?».

17Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

Nel Vangelo di oggi la gente, sapendo che sta per arrivare Gesù, si domanda: “Chi è costui?”. Poi Gesù entra nel tempio e compie un gesto che potrebbe creare anche in noi un certo disagio. Scaccia quelli che vendono e comprano, rovesciando i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori. Cade così l'immagine carica di tenerezza che c'eravamo fatta di Lui, mentre ritorna insistente la domanda: ma chi è Costui?

Lo zelo di Gesù
L'episodio segue immediatamente l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, in prossimità della Sua ultima Pasqua. Una volta entrato in città, Si reca velocemente al tempio, nel cortile dei pagani, al quale potevano accedere anche i non ebrei. Lì compie il gesto che sappiamo. Un gesto che va a colpire una situazione che va spiegata. In occasione della Pasqua, ai tempi di Gesù, si arrivava a immolare diverse migliaia di agnelli e la città di Gerusalemme, che non aveva allora più di 40.000 abitanti, si riempiva di quasi 100.000 pellegrini provenienti dalla Palestina e dalla diaspora. A riguardo dell'acquisto degli animali per il sacrificio c'era un mercato particolarmente intenso. Questi potevano essere comperati solo con monete senza immagini di dei o di imperatori, perché nel tempio era proibita la raffigurazione di qualsiasi immagine. E se uno arrivava con monete con qualche effigie, si doveva per forza rivolgere ai cambiavalute. Cosa indigna propriamente Gesù davanti a questo spettacolo? Proprio questo gioco di interessi che si combina con una indicazione di carattere religioso. Sino a indurLo a un gesto duro e persino stravagante. Quasi un atto di fragilità (d. Angelo Casati parlerebbe delle fragilità di Gesù ). Talvolta, ad amareggiare Gesù sino a farLo sbottare senza più contenerSi poteva essere la nostra ottusità: “O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi, fino a quando dovrò sopportarvi?” (Mc 9,19). In questo caso tuttavia è Gesù che viene preso da uno zelo smisurato per la casa del Padre Suo. Come dice il salmo: “lo zelo per la tua casa mi ha divorato” (69,10).

“Casa di preghiera” o “covo di ladri”?
Gesù intanto ci spiega il Suo operato, citando Isaia: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera” (56,7) e Geremia: “Voi invece ne fate un covo di ladri” (7,11). Opponendo la logica dell'interesse di mercato alla ragione propriamente religiosa e spirituale che spiega l'esistenza del tempio, come “casa di preghiera”. Una casa di preghiera la si abita con criteri ben diversi da quelli che vengono applicati sulla piazza del mercato. Ma il dato è questo: tanto Dio Si propone a noi, stando nel tempio, con la libertà e la gratuità propria dell'amore, quanto noi Gli rispondiamo, continuando a stare nel tempio, applicando un criterio retributivo, fatto di interesse e di ritorno che facilmente stonano col Vangelo. Dio chiede d'essere senza lasciarSi comprare. Senza che pretendiamo di piegarLo ai nostri giochi mercantili. Mentre all'orizzonte si profila, anche stando fuori dal tempio, il pericolo di trasformare i mercati finanziari in un tempio. Già l'espressione “tempio della finanza” allude a una vera e propria divinizzazione del denaro. Con le sue leggi e i suoi comandamenti. E chi alla fine paga sono soprattutto le popolazioni più povere del mondo. Ai più sfuggono anche le ragioni più profonde della crisi economico-finanziaria che ancora stiamo attraversando. Come dovessimo semplicemente piegare la testa, sottomettendoci a una divinità - quella del denaro - sempre despota e misteriosa.

Kyrie Eleison
Intanto molte cattedrali in Europa diventano musei, dove si entra a pagamento. E per varcare la soglia del nostro Duomo - per timore di qualche atto terroristico - devi metterti in fila per il controllo.
“La mia casa sarà chiamata casa di preghiera” ci ha detto Gesù citando Isaia. A quale preghiera allude Gesù? In una parabola ci raccontava di un fariseo e di un pubblicano ch'erano “saliti al tempio per pregare” (Lc 18,9-14). Il fariseo, ritto davanti all'altare del sacrificio, mercanteggiava, chiedendo a Dio la ricompensa delle sue azioni. Il pubblicano, più umilmente, s'era invece fermato sulla soglia e rannicchiato diceva: “abbi pietà di me Signore, perché sono un peccatore”. Dopo le dispute del passato sulla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia e la riscoperta del primato della Parola di Dio, dopo avere a lungo meditato sulla misericordia merita riscoprire l'importanza dell'atto penitenziale, che sta all'inizio delle nostre celebrazioni. Mi capita talvolta di dover esortare i fedeli dell'ultima ora a non sostare in fondo alla chiesa, ma di osare a venire avanti. Invito inascoltato dai più, che forse esprime un segno. Senza saperlo, questa loro caparbietà a voler restare in fondo, dice un modo di sentire Dio che più si avvicina all'umiltà del pubblicano che alla presunzione del fariseo. Pregare nelle nostre chiese attenendoci anzitutto alla preghiera di Gesù, a pregare come Lui ci ha insegnato.

 

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