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TESTO L'incapacità che ci salva

dom Luigi Gioia  

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/10/2017)

Vangelo: Is 5,1-7; Sal 80; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Chiunque abbia avuto occasione di parlare con un vignaiolo, sa quanto la vigna sia una delle attività agricole che richiedono più cura, dedizione e passione. Vi si deve lavorare tutto l'anno, vi sono mille accorgimenti dai quali dipende la qualità del raccolto e malgrado tutte le cure che si prodigano per essa il risultato non è mai garantito. È una tra le coltivazioni più capricciose: un gelo tardivo, una grandinata possono compromettere il raccolto anche all'ultimo momento.

Per questo l'immagine della vigna ricorre così frequentemente nell'Antico Testamento per esprimere la relazione del Signore con il suo popolo. Ogni volta che se ne parla è per sottolineare il contrasto fra tutto l'amore che il Signore prodiga per il suo popolo e l'infedeltà continua di quest'ultimo: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?

Il frutto che il Signore attende da questa vigna, cioè da noi, sono certo le opere buone. Ancora più importante ai suoi occhi, però, è il frutto rappresentato dall'azione di grazie, dal ringraziamento. All'amore si risponde solo con amore, un amore che si esprime anche attraverso il bene che facciamo, ma prima di tutto sotto la forma dell'adorazione, del ringraziamento nei confronti del Signore: Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.

Nel Nuovo Testamento, oltre al passaggio di oggi, l'immagine della vigna ritorna nel vangelo di Giovanni quando Gesù proclama: Io sono la vera vigna. Perché è lui la vigna? E soprattutto perché è lui la vera vigna? Mentre l'umanità tutta intera, questa vigna che il Signore aveva piantato, non ha corrisposto a questa cura, e quindi non era vera perché infedele, Gesù è la vera vigna perché lui solo è fedele, lui solo risponde con amore all'amore del Padre, di lui solo il Padre può dire: Ecco il mio figlio prediletto, ecco colui nel quale posso riporre tutto il mio amore. Ecco perché Gesù ci dice che nessuno può portare frutto se non è in lui, se non è innestato in questa vite vera che è lui.

Il Signore dunque non è soltanto colui che pianta la vigna, ma diventa vigna lui stesso per portare il frutto che da soli non saremmo mai stati capaci di produrre, il vino nuovo della fedeltà e della carità. Poiché la vigna che il Signore aveva piantato non ha portato frutto ne appare un'altra, Gesù stesso, nel quale dobbiamo tutti essere innestati per produrre il frutto che piace al Padre. Solo uniti a Cristo possiamo dunque diventare vigna fedele, portare dei frutti, diventare capaci di rispondere ad amore con amore.

Questa dinamica ci è riproposta ad ogni celebrazione eucaristica. Ogni volta che celebriamo la messa siamo convocati dal Signore che attraverso la Parola ci ricorda tutte le cure che ci dispensa, tutto il suo amore, tutta la sua dedizione e ci invita a rispondere rendendogli grazie. Dopo le letture e il Credo, si entra nel cuore della celebrazione eucaristica con questo invito del celebrante: “Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio” e noi rispondiamo: “E' cosa buona e giusta”. Per questo il nome proprio della messa è ‘celebrazione eucaristica', perché ‘eucarestia' vuol dire ‘azione di grazie'.

Il nostro ringraziamento diventa però gradito a Dio solo perché nel cuore di questa celebrazione Cristo si rende presente per unirci alla sua azione di grazie al Padre. Noi, vigna infedele, non sappiamo rendere al Padre amore per amore, non sappiamo rispondere alle grazie che il Signore ci fa con una azione di grazie adeguata, per cui il Signore si fa vera vigna e solo innestati in lui, inseriti nel suo ringraziamento al Padre, possiamo proferire anche noi un grazie che sia autentico. Per questo il culmine della celebrazione eucaristica si raggiunge quando proclamiamo: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria (ogni ringraziamento) per tutti i secoli dei secoli”. Possiamo rendere gloria e onore al Padre, possiamo ringraziare il Padre, solo per Cristo, con Cristo e in Cristo.

La storia della relazione del Signore con la sua vigna non finisce, come nella prima lettura di oggi, con la nostra infedeltà. Cristo ne ha modificato la narrativa. Ci eravamo smarriti, ma lui è venuto nel deserto dove vagavamo senza meta per vincere la tentazione e condurci in una terra dove scorrono latte e miele, dove possiamo infine vivere in amicizia con il Padre.

Non lasciamoci dunque mai abbattere dalla costatazione della nostra infedeltà e della nostra incapacità di rispondere all'amore del Signore con amore, a tutti i suoi doni con una vita buona. Il fatto che ne siamo incapaci è una realtà che dobbiamo accettare e che deve spingerci a ricorrere alla misericordia del Signore, chiedendogli perdono. Uniamoci a Cristo, lasciamoci innestare in questa sola vigna vera che è Cristo e non separiamoci mai da lui, non allontaniamoci mai da lui. Da te, Signore, mai più ci allontaneremo. Facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa' che ritorniamo. Fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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