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TESTO Commento su Rm 14,7-9

Monastero Domenicano Matris Domini  

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (17/09/2017)

Brano biblico: Rm 14,7-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,21-35

In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Collocazione del brano
Terminiamo la nostra lettura della lettera ai Romani con un brano tratto dal secondo blocco delle esortazioni di fine lettera. Questo blocco si dedica ai rapporti all'interno della comunità. In particolare Paolo si dedica alla contrapposizione tra deboli e forti. Probabilmente si trattava di un elemento caratteristico della comunità di Roma, la sua divisione in due gruppi che si attestavano su posizioni diverse. Da una parte i deboli, strettamente osservanti, ligi ai digiuni e alle festività. Dall'altra i forti, che ormai avevano compreso la libertà data dalla croce di Cristo e si permettevano di mangiare qualsiasi cosa e di considerare i giorni tutti uguali. A entrambi i gruppi Paolo raccomanda di rimanere fermi nelle proprie convinzioni, cercando però di essere accoglienti e comprensivi gli uni nei confronti degli altri. I credenti infatti sono di Gesù Cristo, sia nella vita sia nella morte.

Lectio
Fratelli, 7nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, 8perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore
Nell'argomentazione di Paolo riguardo la mutua accoglienza vi è un allargamento di orizzonte. I credenti appartengono al Signore Gesù sempre e totalmente, sia nel vivere che nel morire. Non appartengono a se stessi, ma a Lui.

9Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
Questa appartenenza è in forza della sua morte e risurrezione che lo ha costituito Signore dei morti e dei vivi. Ecco il vero centro d'unità, all'interno del quale sono ammissibili diversi modi di operare. Ciò che conta è verificare nella propria vita tale appartenenza totalizzante.

Meditiamo
- A chi appartengo io?
- Cosa significa appartenere a Cristo?

 

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