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TESTO Tra il dire e il fare

don Maurizio Prandi

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2017)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

La parabola che oggi Gesù ci chiede di ascoltare è rivolta a persone religiose come i principi dei sacerdoti e a persone che erano punti di riferimento per i consigli e giudizi che davano a partire dalla Scrittura come gli anziani del popolo. È rivolta quindi anche ad ognuno di noi che ogni domenica ci rechiamo in chiesa e proviamo a trarre dal libro sacro quelle direzioni, quegli indirizzi che possano orientare la nostra vita. Usando il linguaggio che ci stiamo consegnando in questo inizio di anno pastorale Gesù ci chiede dove siamo rispetto a lui e al vangelo che ci annuncia.

Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. intanto questo: un padre e due figli. non posso non andare a quanto don Enrico ci diceva dieci giorni fa dando il via alla nostra riflessione di inizio anno pastorale chiedendoci di poter lavorare personalmente su questo: Dio è Padre di ogni uomo. Dove sono io rispetto ad una affermazione forte come questa?

Ci diceva don Enrico: " Dio è Padre di ogni uomo. Il fondamento è lì. Dio è Padre, è Padre di ciascuno di noi. La fraternità non è un impegno verso l'altro. La fraternità non è un buon cuore verso l'altro, non è un'attenzione verso l'altro, ma prima di tutto è partire da questo fondamento: Dio è Padre di ogni uomo! È un fondamento di fede, ma anche un fondamento di radicamento della nostra identità, del nostro essere. Dio è Padre.
Mi pare molto bello quello che noi diciamo nella preghiera del Padre nostro: questa paternità che fa da fondamento alla mia identità. Io non esisto da solo, ma esiste una relazione fondante che è quella di Dio Padre e da quest'unica paternità discende un'eguale fraternità. Capite che negare la fraternità vuol dire negare la paternità, negare l'origine, cioè farsi Dio a sé stessi e se io mi faccio Dio a me stesso divento una solitudine. Quindi è un fondamento molto grosso dire che Dio è Padre ed è padre di ogni uomo. Se oggi c'è un ateismo è l'ateismo pratico di chi non riconoscendo la fraternità, non riconosce Dio come paternità. E qui è un discorso molto grosso: credo che anche a livello culturale, a livello sociale, a livello di dibattito, a livello di comportamento, di atteggiamento, è importante questa affermazione che in qualche maniera la poniamo. Ma davvero c'è un padre che è di tutti".

Dove sono io? Probabilmente in quel figlio che dice si e poi immediatamente nega la paternità andando da un'altra parte. Quanti sì che dico con le labbra e che corrispondono ad altrettanti no detti con la vita, con le scelte, con le non scelte. Sono diventato un esperto di vernice religiosa da dare sopra una vita che resta distante da Gesù e dal vangelo. Discorsi religiosi, proclamazioni verbali, l'uso (a volte l'abuso come scrive don A. Casati) continuo del nome di Dio, lo sbandierare la propria appartenenza religiosa e poi? La distanza!

La seconda lettura (questo inno bellissimo della lettera ai Filippesi che la chiesa ci propone anche nella festa dell'Esaltazione della Croce), è un'occasione per tornare su un altro dei punti che don Enrico ci proponeva: questo Dio che è Padre ha una caratteristica particolare: è un Padre che discende. Davvero il nostro è un Dio che è disceso vedi l'Incarnazione, il Natale), ed è un Dio che ascende, portando con sé tutta la storia degli uomini. Ma è un Dio che discende. È importante questo: questo Dio che si china su ogni uomo per fare alleanza. Pensate ai gesti del chinarsi di Gesù, con l'adultera, nella lavanda dei piedi, quelle volte con la cananea, quante volte si dice che Gesù si china. Perché Gesù è un Dio che discende, è un Dio che si china. Questo è importante coglierlo nel nostro cammino anche spirituale. Il nostro cammino spirituale non è un cammino che faticosamente si sforza di fare delle cose buone premiate da Dio, ma il nostro cammino spirituale quello è di seguire un Dio che discende, si china e che serve. Lo ripeto sempre, lo ricordate vero? Non si parla di condizione nel testo greco, ma di natura. E' molto forte quello che Paolo afferma nella lettera ai Filippesi: Dio in Gesù assume la natura di servo.

Per questo Gesù può fare quell'affermazione così forte circa i pubblicani e le prostitute: se fosse rimasto lassù avrebbe soltanto giudicato il loro no, ma è disceso, si è fatto incontro, ha incontrato e molti cuori si sono lasciati amare, incontrare, cambiare da lui .

Gesù parla di persone che non hanno semplicemente detto no con le parole, Gesù parla di persone che hanno detto no con la loro vita, con il loro agire e che ad un certo punto però, hanno capito; è vero che i peccatori vivono lontano da Dio, però Gesù ha visto in loro segnali di pentimento sincero e di conversione, desiderio di lasciarsi raggiungere da Dio. Alcuni esempi? Matteo e Zaccheo i pubblicani, Maria Maddalena (liberata da sette demoni), la peccatrice del vangelo di Luca o l'adultera del vangelo di Giovanni, erano affamati di Parola di Dio. Che bello! Persone che avevano detto no a Dio con la vita e che dopo l'incontro con Gesù lo hanno ospitato (Zaccheo) o seguito come discepoli (Matteo); persone che non lo hanno abbandonato nell'ora della passione (Maria Maddalena che è stata la prima a vedere il risorto e ad annunciarlo), o che gli hanno mostrato gratitudine e amore (la peccatrice perdonata).

Concludo riprendendo la relazione di don Enrico in questo punto che rimane centrale e che chiede davvero un cambiamento (almeno sento che questo è vero per me):
disconoscere l'uomo come fratello è disconoscere Dio. Disconoscere, non accogliere l'altro come fratello è una professione di ateismo, è dire che Dio non esiste per me. Questo è un discorso molto forte ed è importante quando coltiviamo tutta una religiosità di popolo che però diventa incapace di accogliere nella storia un fratello, una comunità che professa la fede, ma che non professa l'accoglienza, che professa la fede, ma non professa l'ospitalità.

 

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