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TESTO Vieni, Signore, a salvare il tuo popolo

don Walter Magni  

IV domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno A) (24/09/2017)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

C'è un grido che il profeta Isaia lancia con toni accorati nella prima lettura di questa domenica: “se tu squarciassi i cieli e scendessi”. Perché da una parte stanno gli uomini, che in modi diversi e persino confusi talvolta, invocano Dio; dall'altra sta comunque Gesù, risposta definitiva di Dio a tutte le nostre invocazioni.

“Voi mi cercate perché avete visto dei segni”
Il capitolo VI del Vangelo di Giovanni è dedicato interamente a Gesù pane di vita. Il brano proposto è molto probabilmente una catechesi eucaristica della prima comunità cristiana, inserita in questo capitolo per ovviare al fatto che il IV Vangelo non ha un racconto dell'istituzione dell'Eucaristia come gli altri vangeli. Gesù, dopo che aveva moltiplicato miracolosamente il pane per tanta gente, era poi fuggito sulla montagna. Temeva che la folla Lo volesse acclamare re, per quel cibo procurato così miracolosamente (6,14-15). Di notte, insieme ai discepoli, era tornato in barca a Cafarnao. Per questo si dice che “il giorno dopo” (6,22) la folla s'era messa sulle Sue tracce. TrovatoLo al di là del lago, la folla Gli chiede: “Rabbi, quando sei venuto qua?”. La gente Lo cerca perché ha fame di un cibo che una volta consumato fa ancora provare la fame. Gente che cerca Gesù per se stessa, col preciso interesse di riuscire a placare una fame insaziabile. Che non s'accorge che proprio quella fame di pane è segno di una fame più profonda. Una folla che avrebbe potuto ripetere con orgoglio: “c'ero anch'io quel giorno, quando Gesù, vista la nostra fame, s'era messo a regalare pane a tutti”. Gesù smaschera subito ogni sensazionalismo, svelando il loro vero movente: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Come dicesse anche noi: perché mi cercate? Se continuate a cercarmi così, avete sbagliato rotta, siete fuori strada.

“Datevi da fare (...) per il cibo che rimane”
E Gesù non s'arrende davanti a chi Lo fraintende o forse neppure Lo vuol capire. Passa all'attacco: “datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà”. Non passa giorno senza che qualcuno ci chieda qualcosa. Talvolta si tratta di emergenze dovute a calamità naturali o, più semplicemente, qualcuno ci ferma a un semaforo o davanti ad una chiesa o sulla metropolitana e ci stende la mano, chiedendo soldi, lavoro, talvolta anche un pezzo di pane. C'è un bisogno primario che senz'altro va colmato da noi, nella misura delle nostre reali capacità. Ma quand'anche avessimo fatto tutti i percorsi caritativi, attenendoci alle regole più aggiornate, riuscendo a mettere qualcosa nelle mani di questi poveri, non è difficile intuire, capire che dentro quella fame, qualcos'altro domanda d'essere colmato. Fame di senso, bisogno d'affetto, desiderio di poter credere ancora a qualcuno, di riuscire ad esprimere un affidamento senza remore e senza confini. Pensiamo anche solo al desiderio di alcuni credenti di fare la comunione eucaristica. A riguardo dei divorziati risposati la questione s'è fatta seria e complessa. Che fare? Gesù, dopo che aveva sfamato tutta quella gente, ritrovandola, non è preoccupato di dare loro delle regole o dei criteri di appartenenza. Mosso anzitutto da un'infinita compassione, senza verificare quella che poteva essere la loro condizione morale, Si propone loro come pane di vita, cibo buono di vita eterna: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.

“Signore, dacci sempre questo pane”
Da quando sono prete avrò celebrato almeno 10.000 messe. Quante volte ho ripetuto queste parole incandescenti: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo (...). Prendete bevete questo è il mio sangue: fate questo in memoria di me”. Mi commuovo vedendo quanta gente si accosta per ricevere l'Eucaristia. Sento devozione, bisogno d'amore, desiderio di Dio. Mentre un dubbio mi prende: cosa capisce la gente dell'Eucaristia? Può bastare un gesto, pur carico di devozione, per ricevere il mistero infinito che la Chiesa adora in quel pezzo di pane consacrato? Col passare degli anni questa domanda si è affievolita, lasciando il posto ad un'altra considerazione: cosa so io dei segreti del cuore di Dio? Come potrei spiegare l'Eucaristia con parole mie o anche solo ripetendo le definizioni della teologia più aggiornata? Così sorrido al pensiero che un bambino potrebbe intuire la Sua presenza (reale) molto più di un adulto. Perché “il regno di Dio è per chi assomiglia a loro” (Lc 18,16). E non mi resta che ripetere, con tutta quella gente che quel giorno attorniava Gesù: “Signore, dacci sempre questo pane”. Diceva in un'omelia don Angelo Casati: “A volte ripenso a quella piccola parola, con cui gli Ebrei hanno chiamato quel cibo inatteso dal cielo: Manna, manhu, che significa: che cos'è? Penso che era come una domanda iscritta per sempre, quasi non ci fosse fine alle risposte, alla sorpresa: che cos'è? E penso anche che la stessa domanda dovrebbe essere iscritta per sempre nell'Eucaristia. E ogni volta che la prendiamo nelle mani e ne mangiamo, chiederci: che cos'è?”.

 

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