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TESTO L'igiene del cuore

dom Luigi Gioia  

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (17/09/2017)

Vangelo: Sir 27,30-28,7; Sal 103; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,21-35

In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Rancore e ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro. Chi di noi non è mai stato preda del rancore o del risentimento? Sono sentimenti che ognuno di noi conosce purtroppo bene. La mia percezione dell'altra persona cambia totalmente, vedo solo il male che mi ha fatto o che credo mi abbia fatto, non riesco più a guardarla con un occhio positivo. Non riesco più neanche a capire come ho potuto in passato intrattenere una relazione cordiale con questa persona. Un velo ricopre i miei occhi. Voglio solo evitarla, non vederla e, se potessi, la cancellerei totalmente dalla mia esistenza.

Rancore e risentimento sono un veleno: una sola goccia basta a rendere amara tutta l'acqua che beviamo. Questa amarezza invade progressivamente tutto il nostro organismo ed i suoi effetti sono anche somatici: il volto diventa duro e si chiude; al pensiero dell'altro ho un peso sullo stomaco, un senso di oppressione nel petto. Quante delle nostre malattie non sono le conseguenze di amarezze rimasteci dentro ad avvelenarci. Questo sottolinea il passaggio del libro del Siracide citato in apertura: Rancore e ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro. Le portiamo dentro e lì ci corrodono e ci ossessionano.

Come possiamo diventare preda di tali sentimenti, come riescono ad invaderci in questo modo? La Parola di Dio ci offre una chiave per decifrare questo meccanismo nella storia di Caino e Abele.

Caino presenta i frutti del suolo come offerta al Signore mentre Abele offre i primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore, inspiegabilmente, gradisce l'offerta di Abele ma non quella di Caino. Quest'ultimo ne è molto irritato e il suo volto - dice il libro della Genesi - era abbattuto, rancore e ira invadono il suo cuore. Non capisce bene cosa gli stia succedendo, né come possa arrivare a provare astio per il proprio fratello. Lasciato a se stesso è prigioniero di questi sentimenti. Ecco però che il Signore interviene, lo interpella Perché sei irritato? Perché è abbattuto il tuo volto? Perché è pesante il tuo cuore? Perché questo velo sopra i tuoi occhi?. Il nostro cuore è ferito. L'amore umano porta in sé una tragica contraddizione: più ci si ama, più è grande il rischio di ferirsi reciprocamente. Senza volerlo, spesso causiamo più dolore proprio alle persone che più amiamo: genitori, figli, fratelli, sorelle, marito, moglie, partner, amici.

Pensavamo di fare del bene e invece, senza volerlo, spesso senza accorgercene, abbiamo suscitato nell'altro una reazione di paura, di difesa, di fuga che sfocia nel rancore, nel risentimento e nell'amarezza, questi istinti di protezione che abbiamo in comune con gli animali. Nascono spesso come una maniera di proteggerci, ma vanno gestiti. Questi istinti, come dice il Signore a Caino, vanno dominati. L'esperienza ci mostra purtroppo quanto questo sia difficile, a volte impossibile. Più cerchiamo di combatterli, più continuano ad assalirci.

Antoine de Saint-Exupéry, ne Il piccolo principe, racconta di questo bambino che visita una serie di piccolissimi pianeti, su ognuno dei quali vive una persona con cui egli intesse un dialogo e da ognuna delle quali riceve una lezione di vita. Su uno di questi pianeti vi erano nel suolo dei semi di baobab, questi giganteschi alberi africani. Se questi semi di baobab avessero preso radici, ad un certo punto avrebbero penetrato il suolo così profondamente che sarebbe stato impossibile sradicarli. Crescendo allora a dismisura avrebbero finito per disintegrare il piccolo pianeta. La lezione che ne trae il bambino è che tutte le mattine occorre fare pulizia sul proprio piccolo pianeta per estirpare subito i semi di baobab che hanno cominciato a germogliare. Tale insegnamento può sembrare moralizzatore, semplicista, ma riguardo al nostro tema contiene una verità preziosa. Rancore, risentimento, gelosia vanno combattuti sul nascere. Se li trascuriamo o peggio se li alimentiamo, prendono radice nel nostro cuore e ad un certo punto diventano come queste radici secolari alle quali niente resiste e che possono dissestare le fondamenta di un edificio.

La parola di Dio ci offre delle istruzioni preziose per questa operazione di pulizia quotidiana. I germogli di collera, di ira, di risentimento, gli istinti di morte che costantemente nascono nel nostro cuore, vanno estirpati grazie prima di tutto alla preghiera. Nel cuore della Padre nostro vi è la domanda rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Questa preghiera provvede all'igiene del cuore. Ci obbliga quotidianamente a pensare alle persone che ci hanno fatto del male o dalle quali ci sentiamo minacciati e a chiedere al Signore la grazia di aiutarci a perdonarle, cercando di ripetere con Gesù: Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno.

A volte nelle relazioni personali è opportuno prendere una certa distanza, per evitare che il conflitto peggiori o per dare al cuore il tempo di cui ha bisogno per trovare la giusta distanza e per riappacificarsi. Ma abbiamo il dovere di non rassegnarci mai a questi sentimenti, di continuare a bussare quotidianamente nella preghiera, di presentare al Signore la nostra incapacità di perdonare, e chiedere a lui la grazia di far sbocciare il perdono autentico nel nostro cuore. Chiedere a lui la grazia di creare le occasioni perché le incomprensioni che ci dividono dal prossimo possano dissolversi e la pace possa tornare a regnare tra di noi.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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