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TESTO Ogni uomo è tuo fratello

don Maurizio Prandi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/09/2017)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Le parole che abbiamo ascoltato vengono dal capitolo XVIII del vangelo di Matteo, che riporta il quarto dei discorsi di Gesù. Dopo il discorso programmatico, le beatitudini, il discorso missionario e il discorso in parabole, ecco quello che ha come tema quello della chiesa. Il discorso verte su come deve comportarsi una comunità che veramente voglia dirsi alla sequela del suo Signore. Come Gesù pensa, vuole, desidera, sogna la sua chiesa, la sua comunità! Per farlo spiega con queste parole quanto immediatamente le precede, ovvero la parabola della pecora perduta: a Dio interessa la sorte di ogni uomo e ad ogni uomo Dio è interessato, anche se peccatore. Come il pastore del vangelo, egli va alla ricerca della pecora smarrita: Dio non dimentica nessuno. Se ogni persona è oggetto dell'amore di Dio (e di Gesù), così anche noi siamo chiamati a prenderci cura dei nostri fratelli e nostri fratelli sono ognuno!

Al centro del discorso ecclesiale sta il perdono: perdonare sempre, senza misura, avendo a cuore l'inserimento di chi sbaglia all'interno della comunità. La prima lettura ci dona un'immagine molto bella, alla quale dovremmo tutti tendere: tutti siamo chiamati ad essere sentinelle, custodi dei membri della chiesa e quando questa sbaglia o anche solo si allontana dal sogno di Dio richiamare e riporta alla memoria il vangelo. È una cosa sulla quale il papa sta insistendo molto nel suo viaggio in Colombia: chiesa è
- non la somma di iniziative programmatiche che riempiono le agende e disperdono anche energie preziose, bensì lo sforzo per porre la missione di Gesù nel cuore della Chiesa stessa.
- non funzionalismo ecclesiale che sbocca nel clericalismo ma arrivare al cuore dell'uomo, tenendo presente che Dio, quando parla all'uomo in Gesù, non lo fa con un generico richiamo come a un estraneo, né con una convocazione impersonale alla maniera di un notaio, né con una dichiarazione di precetti da eseguire come fa qualsiasi funzionario del sacro ma con la voce inconfondibile del Padre che si rivolge al figlio!
- la Chiesa, è mistero e popolo (come si legge nella Lumen Gentium): e deve usare gli stessi strumenti di Dio in Gesù: vicinanza e incontro; in Cristo, Dio si è avvicinato e ci incontrato sempre... concretamente, perché il Vangelo è sempre concreto!
- la Chiesa è in stato permanente di missione: la chiesa mentre cammina, incontra; quando incontra, si avvicina; quando si avvicina, parla; quando parla, tocca col suo potere (il servizio agli altri!); quando tocca, cura e salva. Uscire per incontrare, senza passare oltre; chinarsi senza noncuranza; toccare senza paura! Si tratta di mettersi giorno per giorno nel lavoro sul campo, lì dove vive il Popolo di Dio che alla chiesa è stato affidato. Non ci è lecito lasciarci paralizzare, bisogna rivolgersi alla persona nella sua situazione concreta; da essa non possiamo distogliere lo sguardo. La missione si realizza in un corpo a corpo...

La prima cosa da tenere presente, ma mi pare che lo abbiamo capito, è che colui che commette una colpa è e rimane mio fratello. La tentazione è sempre quella di mettere l'accento sul negativo, con una logica che poi mi porta a distorcere il senso e il cuore di quello che Gesù mi vuole dire: con questa logica, (è un pensiero che traggo da una riflessione di don Daniele Simonazzi), abbiamo trasformato la parabola del Padre misericordioso nella parabola del figlio prodigo, e la parabola del seme buono e della zizzania nella parabola della zizzania. I discepoli infatti dicono: ‘spiegaci la parabola della zizzania'. Sono i discepoli che non hanno ancora vissuto la passione e la risurrezione del Signore. Ma per la Chiesa, che fa esperienza della passione e della risurrezione del Signore, la correzione fraterna non può essere soltanto la sottolineatura della colpa. Se un tuo fratello: dire fratello vuol dire che ogni persona che incontriamo, che ci vive accanto, che amiamo o che amiamo un po' meno è un nostro fratello. Riconoscere che ogni uomo concreto che incontriamo, anche per strada, anche se sconosciuto è nostro fratello vuol dire avere con questo uomo quella relazione che nasce da un ‘cuore nuovo' e uno ‘Spirito nuovo', doni del Signore risorto ai suoi discepoli, e quindi a noi Chiesa. In questo modo, il fratello non è più lontano da te, non ti è più indifferente o nemico, ma è qualcuno che ti è caro, che tu ami. E allora attenzione: la colpa non è rinuncia alla condizione di fratello; cioè, non basta una colpa per rompere una condizione di fraternità all'interno di una comunità cristiana. La colpa non è quella condizione per la quale un uomo si esclude o si autoesclude dalla fraternità della comunità cristiana. La colpa, il peccato è la condizione di separazione dell'uomo da Dio. Il peccato è la rottura di un rapporto; con il peccato, l'uomo esce dall'Alleanza che Dio, instancabilmente, vuole mantenere e rinnovare con la sua creatura. Allora, se la colpa è una condizione di separazione da Dio, ecco l'invito di Gesù: ‘va'; cioè, va' da lui, recupera la relazione, tienila viva. La relazione d'amore, soprattutto quando è incondizionata e senza ritorno, è la sorgente della fraternità. Allora, tieni la relazione, lega il tuo fratello a te, e se questo non è sufficiente, prendi con te una o due persone, perché il legame possa diventare più forte; e se anche questo non sarà sufficiente, affidalo all'assemblea, perché l'assemblea lo leghi a sé, perché l'assemblea sia per lui segno di quel legame, di quell'amore, di quella Alleanza che Dio vuole con tutti gli uomini. E se vi sembra che niente riesca a ricostruire il legame, sia per te come un pagano e un pubblicano: cioè, affidalo direttamente a Gesù, a colui che è l'amico dei pagani e dei pubblicani, a colui che con questi siede a mensa e per questi è venuto nel mondo.

Mi pare che come comunità di parrocchie abbiamo di che lavorare nell'anno pastorale che sta per cominciare e che avrà al cuore una domanda alla quale cercheremo, poveramente e come ne siamo capaci, di dare una risposta: dov'è tuo fratello?

 

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