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TESTO Commento su Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2017)

Vangelo: Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

La liturgia della parola, dell'odierna domenica, è dominata dalla figura dell'Emanuele obbediente al Padre. Egli incarnandosi nel seno di Maria Vergine diventa: " uno con noi,...tra noi,...come noi" e così, accettando di vivere da " servo" e da servo sofferente, partecipando alla nostra esperienza di persone mortali, vince, con la risurrezione, una volta per tutte, la morte.
Il programma di vita di Gesù " che la tua volontà - di Dio Padre- sia fatta " è diventato il programma di tutti i cristiani e significa lasciarsi coinvolgere nella missione di lavorare per il Regno. La rinuncia a questo impegno è contrario allo spirito evangelico che, dovrebbe avere, chiunque voglia essere discepolo del Figlio di Dio.
Quel che conta non sono le parole, perché le parole sono vuote se non sono seguite dalle azioni concrete, che ne rispecchiano lo spirito, come è esplicitato nel Vangelo secondo Matteo di questa domenica. " Fare la volontà del Padre " non significa stare fermi, sclerotizzati, nella nostra buona coscienza, ma significa convertirsi, passando dal no al si e così contribuire alla realizzazione del Regno.

Il Signore, attraverso questa prima lettura della liturgia della Parola parla, tramite il profeta Ezechiele, a tutti i figli d'Israele, vecchi e nuovi, e ricorda loro che è fondamentale ed urgente convertirsi, in maniera decisa, a Dio dicendogli un sì definitivo, senza possibilità di cambiamenti.
Troppo spesso, a causa dell'ingiustizia e della cattiveria, presente nel mondo, abbiamo esclamato: se Dio fosse giusto farebbe in modo che ciò non accadesse. Una persona di mia conoscenza diceva che un Dio giusto, se veramente esistesse, manderebbe una bomba atomica intelligente che distruggerebbe tutti gli operatori di ingiustizia e perciò stesso ogni ingiustizia. Tramite Ezechiele, Dio risponde che giustizia e rettitudine dipendono esclusivamente da noi poiché Egli ci ha creati a sua immagine, cioè liberi di scegliere.

Il Salmista, pieno di fiducia nella misericordia del Signore, implora per sé il perdono dei peccati. Questo salmo, il ventiquattresimo, è uno dei nove salmi " alfabetici " del salterio, così concepito per significare la " pienezza della legge ". Questa via salvezza verso il Padre è Gesù, che ci dirige e diventa il nostro sentiero. Accordaci, o Dio, il perdono perché in te speriamo!

Nella lettera ai Filippesi ( 2,1-11 ) Paolo si fa icona di Cristo in croce, modello di umiltà e obbedienza perfetta al Padre. Da molti studiosi questi vv. sono considerati un inno pasquale cantato dalla comunità di Filippi, alla quale Paolo indica Gesù Cristo come " servo sofferente", al quale conformarsi. Accettando di " abbassarsi " alla nostra condizione Gesù Cristo viene esaltato e conduce noi alla gloria. Uniti a Cristo, " servo sofferente", noi membri della chiesa dobbiamo preoccuparci di custodire l'unità con la nostra testimonianza di vita. È questa la ragione per la quale oggi dovremmo preoccuparci di presentare al mondo il volto di una chiesa aperta e allo stesso tempo profondamente unita. Ciò è possibile se riusciamo a dimostrare di avere " gli stessi sentimenti di Gesù Cristo " che pur essendo Dio si è comportato come il più umano degli uomini.

Il brano del Vangelo di Matteo ( 21, 28-32 ), conosciuto come la parabola dei due fratelli, viene da Gesù pronunciata, nel tempio di Gerusalemme, come risposta ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo, i quali gli domavano con quale autorità egli insegnava e operava guarigioni. La risposta di Gesù è contenuta nella parabola dei due figli e nelle due successive.
La parabola che questa domenica siamo invitati a contemplare, ci parla di un padre di due figli, che possiede una vigna. Il padre chiede, al primo figlio che incontra, di andare a lavorare nella vigna e questo, dopo avere risposto affermativamente, non dà seguito alla affermazione fatta; incontrato l'altro figlio gli fa la medesima richiesta. Egli risponde, subito, negativamente, ma poi, pentitosi, va a lavorare nella vigna paterna.
Gesù sa benissimo che la vita, molto spesso, è contraddittoria e può passare dal l'entusiasmo iniziale al l'indifferenza finale. Ma sa anche che non è infrequente il caso opposto: la resistenza iniziale si arrende e si fa ciò che prima ci siamo rifiutati di fare. Del resto chi pecca di nascosto difficilmente si converte, perché continua ad essere stimato per quello che appare. Il pubblico peccatore, proprio perché pubblico, essendo esposto al biasimo altrui, è spinto alla conversione e a diventare sensibile alla presenza di Dio.
Questo è senso del paradosso finale: " pubblicani e prostitute vi precedono nel Regno ".

Revisione di vita
- Tra di noi, in famiglia, siamo sinceri e trasparenti o abbiamo qualcosa che vogliono rivelare per non perdere la stima dei nostri cari?
- Quanto influisce, sul nostro comportamento l'opinione altrui?
- Abbiamo difficoltà e imbarazzo a trasformare i nostri no in e quindi a riconoscere i nostri errori?

Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari

 

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