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TESTO Commento su Matteo 16,13-20

don Maurizio Prandi

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/08/2017)

Vangelo: Mt 16,13-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

La prima lettura ci parla di un malinteso senso del potere. I doni di Dio sono per il servizio e invece Sebna (il sovrintendente del palazzo), li usa per il suo tornaconto personale, per poter, con le proprie forze (tagliando fuori Dio quindi), trionfare. C'è poi una cosa fatta da Sebna che viene vista come il massimo della superbia: ha preteso che gli venisse scavato un sepolcro in alto, nella roccia. Dio quindi, indignato, sceglie un altro al suo posto. Da cosa nasce l'indignazione di Dio? Semplicemente dal fatto che quando vedi un ideale che ami appassionatamente, non puoi non sentirti ferito. In Dio il potere non è mai fine a se stesso e la superbia non ha posto, non ha spazio alcuno. Assistiamo quindi alla sostituzione di un uomo con un altro che viene scelto da Dio. Forse il profeta Isaia vuole dirci che anche per noi vale la stessa cosa, che anche in ognuno di noi deve avvenire lo stesso, ovvero far cadere tutto ciò che non è conforme alla Parola di Dio, al Vangelo, per potersi abbandonare alla sua volontà. C'è un particolare che mi colpisce e che viene ripreso anche nel brano di vangelo: al sostituto di Sebna viene posta una chiave sulle spalle, quella che, dice il testo, permette di entrare nella casa di Davide. C'è una responsabilità che viene affidata. Un po' come avveniva per i sacerdoti, alle cui vesti venivano appesi nomi di persone e, secondo il libro della sapienza, il mondo intero. Pensando a quello che viviamo allora chissà che la nostra celebrazione non voglia dire anche questo: ricevere anche noi quella chiave come Gesù (ci ricorda il vangelo), ricevette la croce e lasciare che il mondo intero e i nomi dei nostri fratelli e sorelle vengano appesi su di noi perché possiamo comunitariamente portare tutto questo peso.

Bello che il salmo responsoriale ci faccia ripetere che l'amore di Dio è per sempre. Abbiamo bisogno tutti di questo amore continuato che, appunto, è per sempre. Un Dio che mantiene la sua parola, un Dio che guarda verso l'umile, che quando si tratta di superbia no ha bisogno di capire più di tanto perché già da distante riconosce chi vuol mettersi un palmo sopra gli altri. Mi piace sottolineare che ci ricorda che l'amore di Dio è per sempre sono gli sposi. Soltanto ieri, celebrando un matrimonio ringraziavo per questa testimonianza di amore detta con le parole di una promessa che reciprocamente gli sposi si scambiano: ti accolgo, prometto, ti amo, ti onoro, non solo oggi, ma ogni giorno, perché del tuo amore avrò sempre sete, perché nell'amarti sono veramente me stesso, me stessa.

Il vangelo riprende quell'idea di poter fare da soli che la prima lettura condanna. Pietro infatti è beato perché a riconoscere che Gesù è il figlio di Dio, non ci è arrivato con le sue forze (non sono la carne e il sangue che glielo hanno rivelato) o perché è particolarmente intelligente o si è impegnato, no! È per un dono del Padre e questo fatto a Gesù piace così tanto che gli promette che sarà la pietra sulla quale fonderà la sua chiesa. È importantissimo questo: la sua chiesa, sempre la chiesa di Gesù, mai la mia. Una chiesa che può vacillare (come Pietro), che può rinnegare o tradire (come Pietro), ma che sa di appartenere a lui, che si lascia guidare da lui e che dal suo stile si lascia informare, influenzare e muovere. Non i miei convincimenti allora, ma quelli del vangelo mi devono muovere.

Su questo, sulla Sua chiesa la scorsa settimana mi ha fatto piacere leggere un articolo di A. Maggi intitolato: Papa Francesco, che delusione! Lo condivido con voi, mi sembra molto puntuale!

All'inizio era solo una discreta mormorazione, poi è diventata mugugno sempre più crescente, e ora, senza più remore, aperto dissenso nei confronti del Papa venuto dalla fine del mondo (e sono tanti che ce lo vorrebbero ricacciare). Papa Francesco in poco tempo è riuscito a deludere tutti. E la delusione si trasforma in un risentimento dapprima covato e ora platealmente manifesto.
Sono delusi molti dei cardinali, che pure lo hanno eletto. Era l'uomo ideale, senza scheletri negli armadi, dottrinalmente sicuro, tradizionalista ma con accettabili aperture verso il nuovo. Avrebbe potuto garantire un periodo di tranquillità alla Chiesa terremotata da scandali e divisioni. Mai avrebbero pensato che Bergoglio avrebbe avuto intenzione di riformare nientemeno che la Curia romana, eliminare privilegi e fustigare le vanità del clero. La sua sola presenza, sobria e spontanea, è un costante atto d'accusa ai pomposi prelati, anacronistici faraoni pieni di sé.
Sono delusi i vescovi in carriera, quelli per i quali una nomina in una città era solo il piedistallo per un incarico di maggiore prestigio. Erano pronti a clonarsi con il pontefice di turno, a imitarlo in tutto e per tutto, dall'abbigliamento alla dottrina, pur di entrare nel suo gradimento e ottenerne i favori. Ora questo papa invita gli ambiziosi e vanesi vescovi ad avere l'odore delle pecore... che orrore!
È deluso gran parte del clero. Si sente spiazzato. Cresciuto nel rispetto rigido della dottrina, indifferente al bene delle persone, ora non sa come comportarsi. Deve recuperare un'umanità che l'osservanza delle norme ecclesiali ha come atrofizzato. Credevano di essere, in quanto sacerdoti, al di sopra delle persone, e ora questo papa li invita a scendere e mettersi a servizio degli ultimi.
Delusi anche i laici impegnati nel rinnovamento della Chiesa e i super tradizionalisti attaccati tenacemente al passato. Per questi ultimi il papa è un traditore che sta portando la Chiesa alla rovina. Per i primi, papa Bergoglio non fa abbastanza, non cambia norme e legislazioni non più in sintonia con i tempi, non legifera, non usa la sua autorità di comandante in campo.
Sono entusiasti di lui i poveri, gli emarginati, gli invisibili, e anche tutti quelli, cardinali, vescovi e preti e laici, che da decenni sono stati emarginati a causa della loro fedeltà al vangelo, visti con sospetto e perseguitati per questa loro mania della Sacra Scrittura a discapito della tradizione. Quel che avevano soltanto sperato, immaginato o sognato, ora è divenuto realtà con Francesco, il papa che ha fatto riscoprire al mondo il profumo del vangelo.

 

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