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TESTO Pietro, tu sei pietra...Gesù, invece, no...

don Alberto Brignoli  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/08/2017)

Vangelo: Mt 16,13-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Ricordo la nostra storica professoressa di greco e latino del classico che, di fronte a versioni di Cicerone, Seneca o Tacito, ci diceva di non tradurre mai letteralmente in italiano parola per parola o frase per frase, ma di cercare innanzitutto di capire il senso della versione, di comprendere il brano nella sua completezza, e poi di tradurre non secondo ciò che trovavamo sul vocabolario, ma interpretando anche con parole nostre la traduzione. Cosa che, in genere, otteneva pessimi risultati, oggettivamente parlando: però si trattava quantomeno di un'interpretazione personale, c'era un coinvolgimento dello studente, non era solo lo svolgimento di un “compitino”.

Forse nemmeno Gesù voleva dai suoi discepoli lo svolgimento di un compitino, quando - a Cesarea di Filippo - chiese loro di rispondere a una domanda “semplice”: “Chi sono, io?”. O meglio: “Cosa si dice in giro di me?”. In effetti, la domanda suonava da esame scolastico, oppure da opinione giornalistica: una sorta di sondaggio al quale era facile rispondere, perché bastava riportare quanto si sentiva dire per strada. M'immagino il gruppo dei discepoli mischiato in mezzo alla folla, mentre Gesù predicava, ascoltare i commenti della gente che sicuramente si sarà fatta un'opinione su Gesù: i sondaggi davano Gesù come uno dei profeti defunti ritornato in vita, primo fra tutti Giovanni Battista, oppure Elia, o Geremia, o più in generale uno dei profeti. Tutta gente appartenente al passato: per importante che fosse stata la loro funzione, comunque la gente continuava a pensare con le categorie del passato, non c'era alcun elemento di novità, non c'era creatività nel cercare di cogliere l'identità del “Figlio dell'Uomo”. Proprio come si fa con una ricerca su internet: si mettono nel motore di ricerca alcune parole chiave, si visualizzano quelle che hanno maggior rispondenza, e dalla finestra che viene aperta si legge quello che si può, per tirare fuori un'ipotesi di risposta, la più azzeccata possibile. Fin qui, nulla di strano.

Poi però Gesù chiede ai suoi discepoli di uscire dalla mentalità del “compitino fatto a casa”, e cambia la domanda in maniera radicale. Non chiede più “Che cosa dice la gente del Figlio dell'Uomo?”, ma “Voi, chi dite che io sia?”. Dal piano puramente formale, impersonale, cronistico, come la narrazione di un fatto di cronaca, Gesù passa all'interiorizzazione della sua vicenda, al rapporto personale discepolo-Maestro; dall'opinione pubblica, che parla del Figlio dell'Uomo in terza persona, Gesù passa al rapporto “voi-io”, che costringe il discepolo a prendere posizione personalmente, ovvero a interrogarsi di fronte a questa domanda: “Chi sono io, Gesù di Nazareth, per te?”.

Conosciamo bene la risposta di Pietro, bella, entrata ormai nella memoria storica di ogni cristiano: una meravigliosa professione di fede che comporterà per lui un premio, la proclamazione del suo primato rispetto agli altri discepoli e alla Chiesa, a quell'edificio spirituale che Pietro dovrà costruire in maniera solida, sulla pietra e non sulla sabbia. E la risposta di Pietro merita un plauso non perché Pietro abbia interiorizzato la domanda di Gesù e l'abbia fatta sua (tant'è vero che Gesù attribuisce la paternità della risposta a Dio stesso, più che a Pietro), e nemmeno perché Pietro da questo momento in poi abbia capito la profondità della figura di Gesù (infatti, pochi versetti più avanti - e lo ascolteremo domenica prossima - Pietro si opporrà a questa figura di Messia da lui professato, e sarà chiamato da Gesù “avversario”, “satana”). La bellezza della risposta di Pietro (o di chi per lui) sta nel fatto che egli proclama Gesù come Messia vivente, Messia vero perché vivente; il suo non è un Messia risuscitato dai morti e tornato alla vita per riproporre vecchi schemi del passato. Egli è un Messia vivente, e quindi dinamico, aperto, pieno di novità: l'unico che possa veramente fare nuove tutte le cose.

Ma non è la risposta di Pietro ad attirare la mia attenzione oggi, bensì, ancora una volta, la domanda: “Voi, tu, chi dite che io sia?”. Questa domanda è rivolta oggi, e ogni giorno della vita, a ognuno di noi. È rivolta a te, personalmente, e sei tu a dover rispondere. Chi è Gesù per te? Puoi rispondere esattamente, con la rispostina del catechismo: “Il Figlio di Dio”, “la seconda Persona della Santissima Trinità”, “il Salvatore del mondo”. Tutte cose giuste. Ma Gesù non vuole risposte giuste, vuole risposte tue. Con lui non esiste il giusto o lo sbagliato, quelle sono cose da compitini di scuola: esisti tu in relazione con lui. Quello che dici di lui può essere anche sbagliato, teologicamente scorretto, sintatticamente impreciso: ma è la tua risposta, è il tuo “sì” o “no” a Gesù Cristo.

Per capire bene questa domanda e per poter rispondere bene, dal più profondo di noi stessi, forse bisogna fare come Gesù, andare a Cesarea di Filippo, al confine nord della Palestina, all'estrema periferia del Regno d'Israele; occorre andare in quelle periferie nascoste, dove Gesù non è acclamato dalla folla, dove il tuo essere cristiano è totalmente indifferente agli altri, dove ciò che rispondi è veramente ciò che hai nel cuore, perché lassù hai solamente Dio, non hai altri punti di riferimento. Di là dalla fine che Pietro farà nel Vangelo di domenica, io auguro a me stesso che la risposta da lui data, continui a essere per me motivo di vita nella fede: ossia, che Gesù è Figlio di Dio, ma di un Dio vivente. E allora, nella nostra esistenza e nella nostra vicenda di fede può capitare di tutto: ma finché c'è vita c'è speranza. E il Dio di Gesù Cristo è vita, perché - come dice una famosa canzone di un noto cantautore latinoamericano - Gesù è un verbo, non è un sostantivo; Gesù è un'azione, non un'affermazione; Gesù è divenire, non è staticità. Lui non ha un buon rapporto con le pietre solide, con le rocce: chiede a Pietro di essere roccia, lui preferisce essere un sassolino, una pietra d'inciampo scartata dai costruttori.

L'unica pietra che hanno messo sulla sua vita fu quella del sepolcro, davanti all'ingresso: il primo giorno dopo il sabato abbiamo trovato rotolata via pure quella...

 

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