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TESTO Commento su 1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/08/2017)

Vangelo: 1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Le letture che oggi la liturgia ci propone hanno come filo conduttore il tema del difficile cammino dal Dio che possiamo definire “pagano”, cioè come l'abbiamo in mente, al Dio biblico, rivelato da Gesù e ci invitano a riflettere sui nostri comportamenti in merito alla preghiera e all'ascolto di Dio quali punti fondamentali della nostra fede.

Nella prima lettura troviamo il profeta Elia che fuggiva per non soccombere all'ira di Gezabele, moglie del re Acab, e giunto sul monte Oreb, luogo dell'incontro con Dio, aspetta che questo si manifesti e lo incontra non nel vento impetuoso, né nel terremoto e nemmeno nel fuoco, ma nel “mormorio di un vento leggero”. Sovente siamo portati anche noi a cercare i significati delle cose che facciamo nelle grandi cose, ma questo brano dell'Antico Testamento ci dice che è necessario creare dentro e fuori di noi un clima di silenzio e di attenzione perché sovente Dio ci parla attraverso le piccole cose che ci capitano quotidianamente. A volte è un sorriso, una semplice carezza, un piccolo cenno di stima che altrimenti passano inosservati.
Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera, l'ascolto meditato della sua Parola che poi però va vissuta nel quotidiano.

Nella seconda lettura, troviamo san Paolo che si rivolge ai romani con parole di disperazione per la durezza di cuore dei suoi fratelli di fede ebraica che non avevano riconosciuto in Cristo il Messia annunciato dai profeti (cioè che sono rimasti al Dio “secondo me”, alle prescrizioni del culto), e si dice addirittura pronto ad essere anàtema, cioè di attirare su di sé la maledizione divina pur di ottenere la conversione di Israele. Ecco quindi un secondo atteggiamento, quello di non saper riconoscere il messaggio che Dio ci trasmette per aiutarci a crescere nella fede, ma il richiuderci in noi stessi, aggrappandoci ad una tradizione che spesso ci siamo creati a nostra misura e convenienza. A questo proposito il Card Pellegrino parlava di tradizione con la t minuscola e di quella con la T maiuscola.

Nel vangelo Gesù dice ai suoi discepoli di imbarcarsi e precederlo sull'altra riva e sale sul monte da solo a pregare. Troviamo sovente nel Vangelo questo atteggiamento di Gesù, questo intenso desiderio di stare da solo a pregare. È un invito che rivolge anche a noi, soprattutto nei momenti “burrascosi” sul lavoro, in famiglia o in quelli faticosi di malattia, di difficoltà, di incomprensioni, certi che nella burrasca Lui veglia su di noi ed è pronto a venirci incontro. Nelle “tempeste”della vita dobbiamo ritrovare momenti di silenzio, di preghiera, di calma, per riscoprire la presenza di Dio nella nostra vita.
Dopo il racconto della moltiplicazione dei pani condivisi da tutti, oggi il vangelo ci propone un altro miracolo: quello di Gesù che cammina sulle acque, mentre i discepoli sono immersi nella bufera ed hanno paura. Questi due racconti ci possono dare simbolicamente i due volti della fede, quella donata (anche se Gesù costringe i discepoli a mettere qualche cosa di loro e non a mandar via la gente), e la fede come responsabilità e presa di coscienza.
Il lago tempestoso può rappresentare sia la storia, cioè il luogo del nostro incontro con il Signore, che la Chiesa. Seguire Cristo non è un riparo comodo, una garanzia contro le avversità, le angosce, le sofferenze della vita, non è culto ma è vita, non un fantasma, ma una realtà nuova che va accolta e che si intravede solo attraverso la fede.
Nel rimprovero a Pietro, Gesù rivolge anche a noi un esplicito invito al coraggio della fede e a lanciarci nel campo rischioso del dubbio e dell'incontro con una realtà diversa da ciò che avevamo progettato: "Sono io, non avere paura!" e ci invita a riflettere sulle nostre paure. Pietro ha paura quando guarda solo a se stesso, alla forza del vento e non alla presenza di Gesù. La paura uccide così il coraggio e rende impossibile l'incontro con il Signore. Se pensiamo ai nostri interessi, ai nostri progetti, alle nostre preoccupazioni, se vediamo solo ciò che minaccia un certo ordine sociale, tutto sommato comodo (anche se spesso criticato), tutto ciò che non entra nelle nostre previsioni ci fa sentire minacciati e ci pone in preda al panico. Se invece siamo capaci di guardare al Signore, al suo progetto di umanità nuova, potremmo vedere i germi del mondo più umano e più giusto a cui egli ci chiama. Noi ci troviamo impreparati al sorgere impetuoso delle nuove culture, della presenza del diverso da noi. La paura suggerisce solo nostalgia del passato e reazioni di difesa. Ma i cambiamenti non si possono esorcizzare con la paura. Si possono dominare solo con risposte adeguate alle nuove attese che emergono dai grandi movimenti culturali e da politiche di accoglienza, interpretati alla luce del vangelo.
Pietro sapeva nuotare, ma la paura fa brutti scherzi. Pietro pensava di credere, ma la propria fede bisogna sempre tenerla in allenamento. Nella barca, in mezzo alla tempesta, tutto l'onore e la stima degli altri non contano più, è quando si è soli che emerge davvero chi sei. Ed ecco allora che è nel momento della difficoltà che avviene l'incontro con Dio, che non risolve le questioni, ma ci dà la forza per superarle. Nella tempesta Lui dice: "Coraggio, sono io, non aver paura"
Gesù c'invita ad avere fede e fiducia in lui perché sa che la fede può aiutarci a camminare sulle acque insicure della vita e che, attaccandoci a lui che ha sempre una mano tesa verso di noi, possiamo evitare di sprofondare quando ci manca il terreno sotto i piedi. Gesù è un'ancora di salvezza preziosa, coltivando la nostra fede con la preghiera e l'ascolto, sappiamo poi dove attaccarci nel momento del bisogno, come Pietro che grida: "Signore, salvami!".
Tutte queste letture trovano la loro sintesi nel salmo che ci invita ad abbandonarci al Signore che annuncia la pace per l'intera umanità.
Tra pochi giorni ci sarà la grande festa mariana dell'Assunzione, prepariamoci a celebrarla con gioia, vedendo in lei l'esempio vivo di quanto abbiamo ascoltato nelle letture di oggi: la preghiera, il silenzio, l'ascolto e la devozione verso il suo figlio Gesù e chiediamole di aiutarci ad essere capaci anche noi di urlare “Signore salvami”.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.

- Qual è la qualità della nostra fede? E' quella che regge finché tutto va bene, oppure crolla quando si presenta la fase della morte prima della resurrezione? In questi casi come ci comportiamo?
- Come viviamo le paure, le tempeste nella nostra famiglia? Quali valori, quali scelte di sobrietà riusciamo a concretizzare come aiuto a camminare sulle acque delle tribolazioni?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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