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TESTO Beato chi cammina alla presenza del Signore

don Walter Magni  

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XI domenica dopo Pentecoste (Anno A) (20/08/2017)

Vangelo: Mt 10,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il brano evangelico di questa domenica fa parte del discorso missionario contenuto nel Vangelo di Matteo. Poco prima Gesù aveva invitato a pregare per chiedere missionari (9,36-38); poi, costituito il gruppo dei dodici, li aveva inviati dando loro delle istruzioni (10,1-15); infine li esorta ad avere piena fiducia nel Padre, dovendo affrontare situazioni di particolare avversità e persecuzione.

“Come pecore in mezzo ai lupi”
Gesù era consapevole dei disagi nei quali si sarebbero trovati i Suoi: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”. I Suoi discepoli si sarebbero imbattuti in tutta una serie di problemi, di rischi e di pericoli proprio in ragione del Vangelo che avrebbero annunciato al mondo. E quello che poteva valere ai tempi di Gesù, vale anche ai nostri giorni. Anzi, al tema della persecuzione a causa del Vangelo Matteo dedica l'ultima delle sue beatitudini, descrivendola in modo disteso: “Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia...” (Mt 5,10-11). Di fatto oggi il cristianesimo è tra le religioni più perseguitate nel mondo. Migliaia di cristiani subiscono minacce e violenze, anche fisiche, a causa del Vangelo. Mentre in Occidente siamo affaticati da un laicismo che giustifica qualsiasi opinione e la Chiesa viene tacciata di chiusura perché annuncia una visione della vita poco gradita a chi governa l'opinione pubblica. Da noi non succede ancora di rischiare la vita per testimoniare la nostra fede in Gesù. Ma l'indicazione di Gesù è quella di essere consapevoli che siamo “come pecore in mezzo ai lupi”. Questo dovrebbe cominciare a scuoterci di dosso un cristianesimo di poltrona e pantofole. Rimanendo sempre più in sintonia con chi, ancora oggi, si professa cristiano in qualche parte del mondo rischiando la pelle!

Prudenti come serpenti, semplici come colombe
Gesù non vuole mandare al massacro i Suoi, ma a tenere alto il Vangelo. Per questo aggiunge subito: “siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. Non parla tanto di scaltrezza, ma di prudenza. Mi è capitato recentemente di imbattermi in qualche vipera, percorrendo un viottolo di montagna. La loro prudenza non sta tanto nell'attaccare, ma nello sfuggire velocemente il pericolo, soprattutto prevedendolo. Come se Gesù ci stesse invitando a non cadere ingenuamente nella tana del lupo. A non buttarci nella mischia che non porta alcun vantaggio alla causa del Vangelo. Combinando l'accortezza del serpente con la capacità di spiccare immediatamente il volo proprio delle colombe, che si alzano in volo appena avvertono qualche pericolo. Come? Ricordo in fotografia lo sguardo disarmato e disarmante di Annalena Tonelli, una missionaria italiana uccisa in Somalia con un colpo di fucile nel 2003, dopo 33 anni di servizio come medico. Due anni prima, in Vaticano aveva tenuto una conferenza nella quale diceva: “sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, la cattiveria dell'uomo, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare (...). Ma il dono più straordinario, il dono per cui io ringrazierò Dio e loro in eterno, è il dono dei miei nomadi del deserto. Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l'abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore”.

Il realismo di Gesù
Nessuno aveva mai pronunciato parole così realistiche e dure: “guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe”. Parole poco incoraggianti per chi sta per intraprendere una missione. Nessuna predizione di facili trionfi. Gesù non vuole che alcuna illusione fasci la testa dei Suoi discepoli. Piuttosto vuole mostrare la bellezza di un atteggiamento faticoso che l'annunciatore della Sua parola dovrebbe assumere come stile indipendentemente dal fatto che il Suo messaggio sia accolto o rifiutato. Consapevole del fatto che mentre ci esorta ad entrare nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi, è Lui l'Agnello che sarà immolato senza alcuna resistenza, senza un grido di vendetta. Lasciandoci come testamento parole di perdono e il comandamento dell'amore. Ricordo la commozione provata leggendo il testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le minoranze religiose, ucciso nel 2011: “Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora (...) Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Il martire cristiano non fa una scelta di morte, ma di vita. Non muore scegliendo contro, ma decidendosi per, nei confronti di Qualcuno: “il martire non sceglie la morte, ma un modo di vivere, quello di Gesù” (Bruno Maggioni).

 

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