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TESTO E fidati, di ‘sto Dio!

don Alberto Brignoli  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/08/2017)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

A volte, Dio ci si manifesta parlandoci in mezzo a una nube, quando riconoscerlo presente nella nostra vita costa fatica; a volte, ci si manifesta con miracoli eclatanti, come quello di sfamare cinquemila persone con pochi pani; oppure con tutta la sua gloria, di fronte alla quale rimaniamo talmente meravigliati ed esterrefatti che vorremmo che quel momento non finisse mai, e addirittura chiediamo a Dio di immortalarlo in una tenda; altre volte ancora, il suo modo di manifestarsi ci spaventa, ci fa gridare dalla paura, perché ci mostra tutta la sua forza e la sua potenza, come fa la natura, quando la furia degli elementi trasforma una piacevole giornata di sole e di mare in un incubo, sia pur di pochi minuti. In ogni caso, qualunque sia il suo modo di manifestarsi, l'esito della sua “teofania” è sempre il medesimo: “Vai!”, “Parti!”, “Scendi dal monte!”, “Ritorna sui tuoi passi!”, come dirà a Elia dopo essersi manifestato a lui, in maniera terrificante e fascinosa, sul monte Oreb.

Pur nella loro diversità, queste manifestazioni di Dio (quella a Elia sull'Oreb, la Trasfigurazione della scorsa domenica, e il Signore che cammina sulle acque nel Vangelo di oggi) hanno degli elementi in comune tra di loro: un momento di dubbio o di sconforto nella vita del discepolo, Dio che si manifesta a lui, la ricerca di sicurezza e di benessere affidata alle sue mani, l'invito da parte di Dio alla missione, all'“andare”, al “non fermarsi lì”. Sì, perché il rischio più grosso dei nostri momenti di fatica e di dubbio nella fede è proprio quello di volersi fermare: o perché si ha paura ad andare avanti, o perché una volta riscoperta la presenza di Dio al nostro fianco, non vorremmo più muoverci da lì.

E così, Elia, dubbioso sulla presenza di Dio nella sua vita di profeta isolato e perseguitato dal potere politico, si rifugia sul monte di Dio, certo di poterlo incontrare e di poter rimanere con lui per sempre: ma viene richiamato alle proprie responsabilità, alla propria missione, e torna ad affrontare la perfida regina Gezabele e tutti i nemici del Dio d'Israele.

Non è l'Oreb, ma è pur sempre un monte, il Tabor: il monte dove Pietro, Giacomo e Giovanni sperimentano in anticipo la gloria del Risorto, e vorrebbero rinchiuderlo con Mosè e lo stesso Elia in tre comode capanne, all'interno delle quali rifugiarsi in loro compagnia in caso di necessità. Ma quando la nube del dubbio e dell'incomprensione prende il sopravvento su di loro, è ancora la voce di Dio a rassicurarli, purché quel momento sia vissuto giù, a valle, nella fatica della quotidiana e silenziosa costruzione del Regno.

Tocca, infine, a Gesù, salire sul monte a ricercare il Padre nella preghiera, dopo aver congedato una folla saziata dal miracolo dei pani e dei pesci moltiplicati, e dopo aver letteralmente costretto i discepoli a salire sulla barca e a precederli sull'altra riva del lago. Perché mai li deve costringere, loro che di navigare sul lago erano ben esperti e che quindi non avrebbero dovuto temere nulla? Infatti, non si tratta di paura di navigare, anche se la tempesta è sempre in agguato: si trattava piuttosto di comodità, e di poca voglia di affrontare la missione. Anche i discepoli, infatti, si erano saziati di quei pani e di quei pesci miracolosamente distribuiti a oltre cinquemila persone: chi glielo faceva fare di piantare lì la certezza di un pane da mettere sotto i denti senza fatica, per andare sull'altra riva del lago, in territorio straniero, dove abitavano popolazioni ostili alla fede ebraica, dove avrebbero trovato contrasti perché Galilei, dove regnava l'incertezza su ciò che avrebbero dovuto fare, per di più senza il Maestro?

E ci mancava il vento contrario: cosa che puntualmente avviene, quando iniziamo a dubitare della presenza di Dio nella nostra vita, quando avanziamo la pretesa di vivere una fede comoda e fatta di certezze senza la volontà di affrontare la traversata del mare del nostro tempo, sempre pieno di insidie e a rischio di tempeste. Ci sono, quei momenti della vita in cui tutto quanto sembra andare storto, in cui non hai certezze, in cui ti manca qualcosa o qualcuno cui aggrapparti, in cui lo stesso Dio, del quale vai in ricerca, non solo non risponde, ma ti mette ancor più paura, perché invece di manifestarsi nella tua vita come la tua certezza, si manifesta come un'ombra, uno spettro, un “fantasma”, per dirla col Vangelo di oggi. E in quei momenti, non c'è verso di riuscire ad ascoltare la voce rassicurante di Dio; non c'è verso di comprendere che se c'è qualcuno che ha il potere addirittura di camminare sulle tempeste della vita, dominandole, quello non può che essere Dio; non riesci proprio a riconoscerlo, ti si appanna la vista, ti si chiudono gli orecchi, anche se lui ti si presenta come il Dio dell'Esodo dicendoti “Io Sono”, e t'invita a non avere paura. Non c'è verso: sei talmente agitato che vuoi e devi avere delle certezze, e allora giochi a sfidare Dio, in maniera diabolica, come il tentatore nel deserto, “Se sei tu, se sei il Figlio di Dio, comandami di venire da te”. Dimostrando, così, di non avere capito nulla di un Dio che non è il comandante, ma il servo dell'umanità.

Occhio, però, a sfidare Dio, perché lui la sfida la accetta: e non ha problemi a dirti di seguirlo camminando sulle acque, dominando come lui le tempeste che circondando la tua vita. Lo fa perché ti lascia libero; lo fa perché sa che solamente sbattendo la tua zucca dura contro la tua superbia colpita e affondata tu potrai rivolgerti a lui nell'unica maniera in cui ci è dato di invocarlo, ovvero come nostro salvatore, “Signore, salvami!”.

Ironia della sorte: il capo dei pescatori, il pescatore di uomini per eccellenza, miseramente ripescato da Dio dopo un tentativo di pochi metri di camminare sulle acque! E tutto per colpa della sua poca fiducia in Dio. Sono capaci tutti, dopo, scampato il pericolo, di prostrarsi davanti a lui adorandolo e dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio”! Bisogna fidarsi di lui subito, seguendolo ovunque lui vada, e andando senza timore là dove egli ci manda: ci ha forse mai abbandonato una sola volta?

 

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