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TESTO Adoriamo Dio nella sua santa dimora

don Walter Magni  

X domenica dopo Pentecoste (Anno A) (13/08/2017)

Vangelo: Mc 12,41-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,41-44

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Il Vangelo è una esaltazione dello sguardo di Dio che si posa sulla vita degli uomini, sulle cose e sul mondo. Attraverso gli occhi di Gesù ci è dato di intuire l'orizzonte dello sguardo di Dio e la profondità del Suo cuore. Mentre gli uomini guardano all'apparenza, sappiamo che “il Signore guarda al cuore” (1Sam 16,7). Il Vangelo odierno ci narra di Gesù che sta ad osservare la gente mentre butta le monete nel tesoro del Tempio.

Cosa vede Gesù?
Gesù Si trovava in quel momento nel Tempio e parlando alla gente stava spiegando l'idea che S'era fatto degli scribi: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa” (vv38- 40). Poi, entrando in un lungo silenzio, comincia a osservare con attenzione la scena che gli stava davanti: “tanti ricchi” che gettano nel tesoro monete sonanti, “e ne gettavano molte”, mentre “una vedova povera” che subito dopo aveva gettato due monetine, poco più di un soldo. Già dallo sguardo non era difficile capire che di lì a poco avrebbe detto la Sua: “chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: ‘In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere'”. Da quella scena Gesù trae un grande insegnamento: è urgente imparare ad avere uno sguardo più profondo, che non si ferma alla superficie delle cose e delle situazioni. Uno sguardo in grado di raggiungere la profondità del cuore della gente. Capace di distinguere il narcisismo di questi scribi straricchi, pieni di sé e la gratuità semplice di quella vedova.

Guardare in silenzio
Mentre le tante monete degli scribi cadendo tintinnavano, debolissimo doveva essere il suono dei due spiccioli che cadevano nello stesso mucchio. A conferma della discrezione e del gesto quasi nascosto di quella donna. Ma proprio questo non sfugge allo sguardo attento di Gesù. Ci è fatto dono di una segretezza, di un silenzio, di una discrezione troppo spesso dimenticata, anche nelle nostre chiese. Nonostante Gesù l'avesse richiesta almeno dai Suoi discepoli, che non avrebbero mai dovuto suonare la tromba come gli ipocriti: “Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini” (Mt 6,2). Così, sul finire del Suo insegnamento è come se anche Gesù smettesse di parlare. Come se quella donna stesse dicendo qualcosa anche a Lui e a tutti coloro che intendevano ascoltarLo e seguirLo davvero. Una segretezza non scontata, che va rimparata. Un silenzio che va osservato con maggior scrupolo, se davvero vogliamo imparare lo stile di Dio. Che chiede comunque uno sforzo, un esercizio degli occhi e del cuore. Per tornare a dare nel silenzio, senza ostentazione: “quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3). Imparando la purezza del cuore, del cuore indiviso - tutto di un pezzo - in grado di poter abitare la gratuità di Dio. Di vedere in faccia Dio: “beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8).

“In verità io vi dico”
Dove va, invece, il nostro sguardo? Dove va la nostra vita? Quale immagine di chiesa stiamo offrendo a questa generazione, fin troppo consumata dal mito del successo, dal desiderio dell'esibizione e della ostentazione, quasi ultima spiaggia dell'esistenza? In un mondo di uomini vanitosi e pieni di sé Gesù mette in cattedra una donna. E chiama anzitutto i Suoi discepoli a vedere per primi, a rendersi conto da che parte sta il Suo insegnamento. Se “sulla cattedra di Mosè si sono insediati scribi e farisei”, ora è una donna - una vedova povera - che sola è in grado di insegnare la verità del Suo vangelo. Purtroppo “quando un uomo o una donna del nostro tempo fa riferimento alla chiesa, la trova più facilmente nell'immagine di coloro che passeggiano con lunghe vesti, e hanno palchi nelle piazze, primi posti nelle liturgie civili e si gloriano di nomi altisonanti o lo trova nell'immagine della vedova povera del vangelo? Dobbiamo confessarlo, permangono usi e costumi ecclesiastici che stridono paurosamente con questa figura, una delle ultime, del vangelo, figura di donna su cui Gesù porta il nostro sguardo sedotto purtroppo da altri, mondani, criteri” (A. Casati). Si tratta di ritornare alla cattedra dalla quale Dio ancora ci parla di Vangelo. La cattedra sulla quale siedono i poveri, coloro che piangono, coloro che soffrono. Tutti coloro che il mondo avrebbe disprezzato e dimenticato se Gesù non li avesse invitati a sedere per impartire il loro insegnamento.

 

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