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TESTO Nella nube

don Alberto Brignoli  

Trasfigurazione del Signore (Anno A) (06/08/2017)

Vangelo: Mt 17,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 17,1-9

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Suona un po' da presa in giro, al culmine di una settimana dove il sole ha riarso il nostro paese in maniera a dir poco mostruosa, ascoltare oggi un brano di Vangelo che ci parla di una “nube”: e non una “nube” qualsiasi, ma una nube dalla quale esce la voce di Dio. Forse anche noi vedremo le prossime nubi che arriveranno come la voce di Dio, la presenza di Dio che non si dimentica di dare acqua agli uomini, sperando sempre che questa nube sia una nube “luminosa” come quella del Vangelo di oggi e non una nube che porti distruzione e rovina, mostrandoci il volto terrificante di Dio. Sì, perché Dio spesso nella nostra vita ci avvolge come in una nube e in essa, ci parla, proprio come ai tre discepoli di Gesù, che egli porta con sé per mostrare loro la sua gloria, e per far comprendere loro che la strada per divenire il Messia doveva inevitabilmente passare da un monte.

Ma non era certo il monte Tabor; non era certo un monte in cui tutto filava lascio, ed era bello, chiaro e comprensibile al punto da voler immortalare quel momento facendo delle capanne, facendo festa, come facevano gli ebrei nella festa autunnale del raccolto; il monte del Messia non era certo il monte in cui Mosè ed Elia avrebbero avuto qualcosa da insegnare a Gesù, tant'è vero che, abituati a comandare e a dirigere il popolo di Dio, con il Figlio di Dio si limitano a conversare con lui, senza la pretesa di spiegargli cosa fare (Luca, nella sua versione dei fatti, dirà che stavano parlando proprio della sua morte a Gerusalemme, sul Calvario). Ma per Pietro, tutto era chiaro così com'era, non c'era bisogno di chiedere spiegazioni, non c'era bisogno di cercare altrove: quel Messia, di nome Gesù di Nazareth, avrebbe salvato il suo popolo dall'oppressione di Roma come Mosè fece con gli egiziani, e soprattutto con la forza e la veemenza di Elia, che non andava tanto per il sottile quando si trattava di essere zelante per Dio...

Più chiaro di così! È sufficiente immortalare per sempre questo momento, fare festa per sempre, e il Regno di Dio è portato a compimento. Dato che Pietro non capisce, occorre un gesto forte di Dio, una “teofania”, una manifestazione chiara della sua potenza. E Dio lo fa con la chiarezza di una nube luminosa (la stessa che guidava il popolo nel deserto?) e con il buio della nebbia, con l'invisibilità, con l'incomprensibilità di una nube entrando nella quale perdi ogni punto di riferimento, come quando ti colgono improvvise le nubi di montagna.

Perché Dio è così: non è sempre chiaro o sempre oscuro, non è sempre evidente o sempre misterioso, ma è sempre entrambe le cose, è fascino e paura, è luce e ombra, è chiarezza e incomprensione. Occorre fidarsi di lui: occorre accettare di non rimanere in piedi, di fronte a lui, ma di cadere con la faccia a terra e di fidarsi della sua voce che comunque, anche dalla nube, ci parla, e ci dice chi è che dobbiamo ascoltare. Non sarà quel condottiero di Mosè, e nemmeno quello zelante integralista di Elia: è il Figlio di Dio, è colui che è amato da Dio, che è figlio perché amato e che è amato perché figlio.

E anche a noi, da quel giorno, è dato di essere amati come il Figlio e nel Figlio. Certo, occorre vincere la mentalità dell'inchiodarsi a tre capanne, del piantare ben saldi i pioli della tenda per terra: occorre, in definitiva, trasfigurare noi stessi e l'immagine sbagliata che spesso ci facciamo di Dio.

 

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