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TESTO Guardare e non toccare?!

don Maurizio Prandi

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/07/2017)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Forma breve (Mt 13,44-46):

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Do a questa riflessione molto semplice lo stesso titolo dato da don Andrea e dagli animatori al campo scuola che ha visto come protagonisti gli adolescenti dai quattordici ai sedici anni. Il vangelo ci invita con forza a non essere neutrali, a prendere una posizione e avere il coraggio di toccare e di lasciarci toccare. Di fronte al tesoro visto, di fronte alla perla vista, non posso permettermi di guardare punto e basta. Il tesoro e la perla mi chiedono una scelta, una decisione, e la decisione è quella di dare via tutto per poter comprare; il regno dei cieli è un tesoro ma Gesù, per tesoro cosa intende? Credo la stessa cosa che mi ha risposto Andrea, quando durante l'omelia della messa gli ho domandato: come te lo immagini un tesoro? Grande e pieno di amore! mi ha risposto. E' proprio vero che io e Dio siamo su due piani differenti: del tesoro ho un'idea classica direi uno scrigno con tanta roba molto preziosa dentro. Questo tesoro, stando alle parabole è un seme di senapa, è un contadino che ci prova con tutti i terreni, questo tesoro è un campo pieno di grano e di erbacce che crescono insieme, è un bambino da mettere al centro, è una donna che impasta, è un pastore che perde una pecora e andandola a cercare si dimentica delle altre novantanove.

Ma varrà poi la pena dare via tutto per questo genere di tesoro?

Il regno dei cieli è un mercante che trova la perla preziosa e da via tutto quello che ha; mi ha sempre interrogato molto questo mercante che credo fermamente sia Dio, il quale, dopo aver incontrato l'uomo, non quello giusto badate bene, ma quello storto che più storto non si può, per il quale ha dato tutto quello che di più prezioso aveva (Gesù), per poterlo “comprare” cioè per poterlo avere per sempre con sé nella sua casa, per poterlo salvare. Ecco il tesoro, ecco la perla, ecco il Regno: tutto ciò che per me è perduto, tutto ciò che per me non ha speranza, tutto ciò che per me è tenebra, è oscurità, per Dio merita di essere comprato, salvato, tenuto per sé e con sé!

Il tesoro è nascosto, e anche la perla rimane nascosta tra i banchetti dei mercanti per chissà quanto tempo; chissà quante volte il contadino avrà calpestato quel campo magari non suo, forse dato in affitto: aveva arato, seminato quel campo e... niente. Si rischia di non vederlo il tesoro, rischio di non vederlo il tesoro, di non accorgermi, di non rendermi conto perché è nascosto. Mi torna alla mente il vangelo di due domeniche fa e di giovedì scorso: lo sconcerto di Gesù di fronte a tutti quelli che guardando non guardano e ascoltando non ascoltano né comprendono.

La prima lettura ci dice qualcosa di molto importante in proposito. Ci dice che non bastano gli occhi e che non bastano le orecchie: ci vuole il cuore, il dono di un cuore ascoltante. La liturgia della Parola di questa domenica ci chiede di verificare seriamente cosa davvero conti nella nostra vita, cosa davvero sia essenziale per il nostro cammino di discepoli. Quale è il tesoro per noi? Per cosa daremmo tutto? Per cosa spenderemmo tutto ciò che abbiamo? Qual è la perla preziosa? Cosa chiederemmo a Dio, se ci trovassimo nella condizione di Salomone quando Dio gli dice: chiedimi ciò che io devo concederti? Salomone, che ha di fronte a sé un ventaglio di possibilità amplissimo, consapevole della sua responsabilità di governo, ma ancor prima consapevole della propria piccolezza ed incapacità, chiede in dono un cuore docile, in ebraico leb shomea, un cuore ascoltante. E Dio come al solito di fronte ai piccoli si stupisce e rimane incantato: ma come? Non hai chiesto una lunga vita? Non hai chiesto la ricchezza? Non hai chiesto di trionfare sui tuoi nemici? Quando riusciamo ad incantare Dio lui ci regala il suo cuore. Quel giorno in Salomone Dio ha trovato la Sua perla preziosa e gli ha regalato tutto quello che aveva, il suo cuore, un cuore saggio ed intelligente. Mi piace questo percorso perché è fatto di due passi importanti: riconoscersi poveri ed incapaci e non chiedere per sé, ma grande senso di apertura a ciò che dall'esterno ci raggiunge per mettere al primo posto gli altri e non sé stessi. Ecco il primo grande tesoro nascosto che siamo chiamati a cercare, e desiderare: un cuore che sia capace di ascoltare.

Vorrei condividere con voi quanto scrive una suora benedettina americana proprio sull'ascolto: Se non riusciamo ad ascoltare le necessità degli altri tanto quanto le parole delle preghiere che proferiamo, la preghiera stessa non è che una vuota ipnosi. Può farci sentire persone buone, alle volte può sentire come i più buoni, ma difficilmente ci renderà persone migliori. Quando ero una giovane suora pregavamo moltissimo. Pregavamo sette volte al giorno per un totale di più di tre ore, secondo un rigido programma. Ma nessuno entrava nel nostro refettorio. Nessun povero dormiva nelle nostre case. Nessun bambino piangeva nelle nostre cappelle. Nessun profugo bussava alla nostra porta. Nessuno mai pensava di rivolgersi a noi per dei vestiti o per un rifugio o per un sostegno o per essere persuaso di qualcosa. Vivevamo in un mondo, la gente in un altro, e noi pregavamo... tutte. Può esser il ritratto di ognuno di noi questo, a partire da me: l'illusione di essere cristiani perché abbiamo i nostri momenti di preghiera, l'illusione di esser cristiani perché siamo tanto impegnati ma è solo un'illusione, perché magari siamo incapaci di aggiungere un solo amico a quelli che già abbiamo.

 

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