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TESTO Avvertire la brezza

dom Luigi Gioia  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/07/2017)

Vangelo: Sap 12,13,16-19; Sal 86; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 13,24-43

In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

31Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

33Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

Forma breve (Mt 13,24-30):

In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

Fratelli -ci dice oggi Paolo- lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza: non sappiamo infatti come pregare. Lungi dal voler scoraggiare la nostra vita di preghiera, questa constatazione di Paolo intende provocarci a scoprirne lo spessore autentico.

Va detto innanzitutto che la nostra incapacità di pregare non è vera solo all'inizio della vita di preghiera ma lo diventa sempre più a misura che ci inoltriamo in essa. La preghiera non è mai conquistata una volta per tutte, ma è una sfida continua. Proprio perché consapevoli della loro incapacità di pregare, i discepoli si rivolsero a Gesù chiedendogli: Signore, insegnaci a pregare. E sappiamo che Gesù rispose loro con il Padre Nostro.

L'insegnamento che il Padre Nostro contiene riguardo alla vita di preghiera appare solo alla luce del seguito della frase di Paolo che abbiamo citato all'inizio, nella quale afferma che è importante accettare che non sappiamo pregare perché è solo così che impariamo a lasciare che sia lo Spirito stesso a intercedere per noi - e in noi- con gemiti inesprimibili. Questo stesso Spirito del quale altrove egli afferma: Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà, Padre». Possiamo dire il Padre Nostro con verità solo in sintonia con lo Spirito che nel nostro cuore grida: Padre. Solo lo Spirito può invocare il Padre perché solo lui - come dice ancora Paolo - scruta le profondità di Dio, conosce i desideri di Dio. L'opera dello Spirito nei nostri cuori è proprio quella di sintonizzare progressivamente i nostri desideri con quelli di Dio. Quando preghiamo, siamo inseriti nella vita di Dio: lo Spirito grida nel nostro cuore: Abbà, Padre, e il Padre vede sul nostro volto il volto del Figlio.

Pregare è dunque prima di tutto un atto di umiltà: consiste nell'accettare la nostra incapacità e la nostra debolezza, nello scoprire la presenza dello Spirito nel nostro cuore e nel sintonizzarci con essa.

In una pagina molto suggestiva dell'Antico Testamento, Elia si reca su una montagna per incontrare il Signore, ma non lo riconosce immediatamente. Pensa in un primo tempo che il egli si manifesti nel tuono, nei fulmini e nel fuoco, ma capisce progressivamente che la sua presenza va cercata altrove. E di fatti è solo quando avverte il mormorio di una brezza leggera che Elia si prostra, perché le caratteristiche autentiche della presenza e dell'azione del Signore nelle nostre vite sono la delicatezza, la discrezione, la pazienza, la presenza silenziosa.

L'immagine della brezza ci offre un insegnamento importante riguardo a ciò che possiamo fare per entrare in preghiera e dimorarvi. È un'esperienza che possiamo fare tutti quando ci troviamo su una spiaggia in riva al mare. Finché siamo alle prese con altre cose, discutiamo, svolgiamo attività, ascoltiamo musica non avvertiamo nulla. Solo se ci troviamo a passeggiare da soli, in silenzio, presenti a quello che ci circonda, avvertiamo la brezza, non solo con le nostre orecchie, ma con tutto il nostro corpo.

La stessa cosa vale per il soffio dello Spirito che attraversa i nostri cuori, per il suo gemito ineffabile, per la sua costante intercessione. Quella dello Spirito è una presenza continua in noi, ma è così discreta che, come per il mormorio di una brezza leggera, possiamo percepirla solo nei momenti di raccoglimento e di silenzio.

I nostri tentativi di pregare nella vita quotidiana spesso falliscono perché non ci ritagliamo degli spazi di silenzio veri, anche brevi, nei quali davvero ci mettiamo in ascolto, ci apriamo alla presenza di Dio in noi e intorno a noi. Ecco perché ci è necessario non stancarci mai di continuare a chiedere al Signore, come lo fecero i discepoli, di insegnarci a pregare, cioè di farci scoprire la presenza dello Spirito nel nostro cuore. Solo allora le parole del Padre Nostro acquisteranno sapore e ne gusteremo il senso. Diremo Padre sentendo Dio davvero come Padre perché saremo all'unisono con lo Spirito che lo invoca come tale nei nostri cuori. Ogni volta che pregheremo ci lasceremo prendere per mano dallo Spirito. Visto che noi non sappiamo pregare lasceremo pregare lui, ci lasceremo condurre da lui nelle profondità di Dio, nel silenzio di Dio, nei desideri di Dio. Ci farà desiderare quello che desidera lo Spirito: che il nome del Padre sia santificato, che venga il suo regno, che la sua volontà di salvezza si compia nelle nostre vite. Ci aprirà alla fiducia nel farci attendere dal Padre il pane quotidiano e poi soprattutto ci farà accedere al perdono autentico, alla pace e alla serenità nelle nostre relazioni. Scioglierà tutti i nodi di ansia, di collera, di invidia e tutte le paure che ci tengono prigionieri. Una vita di preghiera, anche modesta, anche con spazi piccoli, ma vissuti con sincerità, ci introduce nella pace del Signore. Vale la pena allora di chiedergli questa grazia: Signore, insegnaci a pregare!

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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