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TESTO Commento su Luca 17, 26-30.33

don Michele Cerutti

IV domenica dopo Pentecoste (Anno A) (02/07/2017)

Vangelo: Lc 17, 26-30.33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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26Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: 27mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. 28Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. 30Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

33Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Questa domenica intendo soffermarmi sul brano della seconda lettura. Paolo scrive alla Comunità dei Galati. Paolo indirizza questa lettera "alle chiese della Galazia". La Galazia antica, che corrisponde all'attuale Turchia, comprendeva, infatti, varie regioni: la Galazia del Nord, la Galazia del Sud e altre regioni meridionali quali la Psidia, Licaonia e Panfilia.
Paolo preoccupato e addolorato scrive per chiarire l'autenticità del suo annuncio, la centralità di Gesù, e l'identità della libertà cristiana. Questa lettera può essere considerata il documento che chiarisce l'identità della fede cristiana, l'amore di Paolo verso il Vangelo e il suo impegno pastorale per la crescita nella fede dei cristiani. In questo modo precisa che la fede cristiana non è adesione a una dottrina e osservanza esteriore di pratiche morali, ma trasformazione continua in Cristo fino alla morte. L'apostolo, missionario verso le comunità, è come il pastore che si prende cura dei cristiani e vive nei loro riguardi atteggiamenti educativi paterni e materni.
Più precisamente nella lettera ai Galati, dopo l'introduzione epistolare, che presenta la narrazione autobiografica della conversione di Paolo dalla religione giudaica all'adesione a Gesù (1,1-2,21), tratta il rapporto tra pratica della legge e fede cristiana che rende "figli di Dio" liberi e responsabili (3,1-4,31) e, infine, affronta il tema dell'etica cristiana (5,1-6-10) che è libertà dal proprio egoismo per essere a servizio gli uni verso gli altri, come Gesù ci ha amati.
Il cuore etico, il segreto, la sorgente e la forza dell'agire cristiano: lo Spirito Santo. Lo Spirito è il dono di Dio. Lo Spirito è la presenza reale del Signore nella persona e nella vita del discepolo di Gesù.Ogni aspetto della vita, ogni comandamento e regola si raccolgono e si attuano in questa affermazione:"..camminate secondo lo Spirito". Forse l'espressione, alla lettera, sarebbe ancora più forte:"camminate a causa dello Spirito", come a sottolineare che lo Spirito è la fonte e la forza di tutta la vita cristiana. Questo è dunque l'imperativo supremo: vivere e camminare nel "dono di Dio".
Lo Spirito rappresenta il modo "secondo cui" si deve vivere, nel senso che è la norma determinante della vita, la base e la maniera di comportarsi. Lo Spirito libera ma attenzione nello stesso tempo la libertà è esigente, impegnativa, totalizzante; così non si regola solo comportamenti ma si cerca di scardinare quel principio operativo che caratterizza le nostre intenzioni di fondo e che san Paolo qualifica con la nozione antropologica di carne. Con carne si intende tutto ciò che ci separa da Dio attraverso la ricerca di una realizzazione solo mondana, materiale, disordinata, egocentrica e attraverso il conflitto con i fratelli. Noi vogliamo sempre salvaguardare noi stessi; siamo strutturati e governati dal principio dell'autodifesa, che è poi il principio istintivo dell'autoconservazione, che governa tutto il regno animale. La libertà dello Spirito vuole scardinare tutto questo e quando noi lo seguiamo non siamo più autonomi, soli, isolati dagli altri, ma siamo in comunione con gli altri nostri fratelli sotto la guida dello Spirito stesso.
Il vero credente è colui che si incammina sul sentiero contrario alla via più facile, è colui che si lascia guidare non più dalla difesa del proprio territorio, ma dal principio dell'accoglienza. Allora ciascuno di noi si metta in un atteggiamento di preghiera, alla presenza di Dio, invochi il Suo Spirito affinché possa essere illuminato nella riflessione personale.
1. Ho la consapevolezza che il dono dello Spirito mi dà la possibilità di vivere come figlio di Dio e non più come schiavo?
2. Che cos'è per me la libertà? Fare solo quello che voglio, che bramo, che sento consono al mio essere, che non mi impone costrizioni?
3. Mi sento, sono, una persona libera? Sono in grado di scegliere ciò che è vero, buono e giusto? Sento l'impegno di scardinare il mio egocentrismo per aprirmi all'accoglienza, seguendo le indicazioni dello Spirito?
4. Che cosa avverto come costringente? C'è qualcosa che lega la mia personalità, la mia libertà?
Domande che vi lascio alla Vostra riflessione.

 

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