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TESTO Il bene che fai

don Alberto Brignoli  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/07/2017)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Tirando un po' il fiato dalle attività del Cre, in questo primo fine settimana di luglio, ho dato uno sguardo alla Liturgia della Parola di questa domenica, e per far riposare un po' la mente mi sono divertito a navigare in internet, digitando nel motore di ricerca questa frase: "Pensi che sia giusto dare l'elemosina o aiutare chi ti chiede qualcosa?". Vi cito alcune delle risposte che ho trovato nei "forum", perché mi sembrano molto indicative:

"Penso che dare l'elemosina serva solo a mettersi la coscienza a posto: comunque, io non l'ho mai fatto e mai lo farò, perché penso sia inutile, e sono convinto che il non fare l'elemosina è una forma di risoluzione del problema della povertà";

"Abitando in città, ci sono centinaia di semafori e incroci...non basterebbe uno stipendio, ci perseguitano al ristorante, sotto l'ufficio, fuori dal bar, fuori di casa, al cinema, nei parcheggi a pagamento, e duranti i festivi, quando non si pagano, ci sono loro che chiedono l'elemosina...sinceramente ne ho piene le tasche!";

"Neppure io faccio l'elemosina non l'ho mai fatta e mai la farò, sono dell'idea che i soldi vanno guadagnati con fatica, e per loro è facile guadagnare così. Poi magari li vedo con le birre e le sigarette in mano: allora li mi viene il nervoso";

"Anch'io non do mai niente proprio perché non so dove vanno a finire i soldi, o meglio lo immagino, e mi dà estremamente fastidio";

"Anche io il più delle volte non do niente. Ma ci sono dei giorni in cui mi sento estremamente buona, e allora qualche monetina la lascio".

"Mi è capitato spesso di essere fermato da persone che chiedevano espressamente dei soldi e in qualità di cristiano credevo fosse giusto dare qualcosa, e non pochi spiccioli, ma anche soldi interi. Mi sono capitati però diversi episodi che mi hanno fatto capire la futilità di questa "pratica" in quanto gli elemosinanti stessi si rivelavano tutt'altro che sinceri e onesti. Informandomi, mi sono reso conto di non essere il solo a nutrire dei sospetti. Che ne sappiamo, infatti, se dietro un elemosinante non ci sia una ritorsione, un maltrattamento e uno sfruttamento? Perché contribuire a far aumentare la povertà e la fannulloneria abituando i poveri stessi o i nullafacenti a chiedere l'elemosina, anziché trovarsi un lavoretto?".

Dopo queste "perle di saggezza", mi sono imbattuto in un sito cattolico, sul quale un sacerdote preparato, illuminato e competente, teorizzava quanto segue:

"Chi sono questi poveri che oggi chiedono l'elemosina? Ne hanno davvero bisogno? L'offerta anonima non ha senso. Per le offerte, ci sono le parrocchie che conoscono i veri bisognosi del paese o del quartiere. Passate attraverso preti e associazioni, come la Caritas Parrocchiale e la San Vincenzo. Che cosa porta la gente a dare soldi a questi "falsi poveri"? La compassione, certamente. Ma l' "Oh, poveretto" non funziona più. Chi non ci dice che dietro quella persona che ti chiede soldi non ci sia un racket o un'organizzazione? O che sia costretto a elemosinare da altri, che poi gli requisiscono i guadagni?".

La mia povera nonna non aveva, come me e come questo mio confratello, studiato teologia, e ai suoi tempi forse nemmeno esisteva la Caritas parrocchiale. Non era capace, per il suo umile grado d'istruzione, di elaborare grandi teorie. Ma era solita ripetere: "Non rifiutare mai un aiuto a chi ti chiede qualcosa, e dai sempre l'elemosina a chi te la chiede, senza pensarci e senza guardare in faccia a chi hai di fronte: perché ricordati che il bene che fai, un giorno o l'altro, presto o tardi, ti torna indietro tutto".

Non credo nemmeno che avesse mai letto o sentito parlare dell'illustre donna di Sunem che ospitò il profeta Eliseo, il quale, per tutta ricompensa, pregò Dio che rendesse fecondo il suo sterile grembo, e dopo un anno, lei ebbe la grazia di stringere un figlio tra le sue braccia.

Sono però sicuro, e senza alcuna ombra di dubbio, che mia nonna, così come le nonne, i nonni, i papà e le mamme di molti di noi, gente di altre generazioni, abituate a soffrire, a essere nella necessità, e quindi a comprendere chi si trovava nel bisogno, avessero vissuto nella prassi, magari spesso senza nemmeno saperlo, quella parola del Vangelo che ha chiuso la Liturgia della Parola di questa prima domenica di luglio; una domenica dove giustamente molti di noi iniziano a cercare, in qualche località di vacanza, riposo e ristoro dalle fatiche quotidiane, sfruttando bene quello che hanno guadagnato lavorando onestamente, mentre molte altre persone, in ogni parte del mondo, vivranno questa domenica come un giorno qualsiasi, come ogni altra domenica, cercando e chiedendo a qualcuno di poter avere qualcosa da mettere sotto i denti, o molto più semplicemente un bicchiere di acqua fresca.

"Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa".

E allora, se oggi qualcuno rivolgesse a me la frase iniziale che io ho affidato al motore di ricerca di internet: "Pensi che sia giusto dare l'elemosina o aiutare chi ti chiede qualcosa?", potrei rispondere molto semplicemente: "Grazie, nonna!". E avrei vissuto il Vangelo.

 

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