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TESTO Una sorta di "Avvento"

padre Gian Franco Scarpitta  

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (01/05/2005)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Quante volte, nell'intraprendere un'azione importante, siamo stati colti dall'imbarazzo e dall'indecisione? Quante volte ci siamo trovati vittime della titubanza e della paura per l'incertezza dell'imprevisto o per il timore di non essere all'altezza di un determinato ruolo o una specifica mansione? E quante volte, di fronte ad un problema o ad una situazione particolarmente difficile, siamo rimasti nell'incertezza delle decisioni e ossessionati dalla paura di sbagliare, di non agire secondo i giusti criteri e questo procrastinava la nostra propensione a "lanciarci"?

Se non è avvenuto sempre, almeno una volta ci è successo. In circostanze come queste occorre non lasciarsi prendere dal panico e lasciare spazio al coraggio, e se da una parte è giusto adoperare prudenza e circospezione, dall'altra occorre anche lanciarsi nelle scelte e nelle decisioni. No bisogna aver paura di come andranno le cose se si agisce dopo opportuna valutazione e considerazione delle medesime e il "buttarsi avanti" è la prerogativa atta a vincere la paura e l'incertezza.

Ciò non toglie tuttavia che ci serve sempre uno sprone, una motivazione nonché un monito per le nostre azioni; al contempo occorre anche il dono del discernimento perché possiamo valutare quanto occorre fare o omettere. Come del resto diceva Manzoni ne "I Promessi Sposi", il coraggio nessuno lo dà a se medesimo.

Ebbene, Gesù ci si propone Egli stesso quale motivazione fondamentale della nostra operatività, incutendoci forza d'animo e coraggio, essendo stato egli medesimo protagonista di una missione scaturente dalla volontà del Padre, per la quale ha voluto subire anche l'estremo supplizio del patibolo; già la garanzia della sua presenza è sufficiente, così come è sufficiente l'esemplarità della sua vita e delle sue opere narrateci dai Vangeli ad ottenerci il dono della discrezione e del discernimento, e tuttavia Gesù ci promette anche un Consolatore...

Con questo termine si intende lo Spirito Santo, tuttavia si tratta di un appellativo (Consolatore o Paraclito) che lo stesso Signore Gesù Cristo ha più volte attribuito a se stesso e pertanto avviene che in esso Gesù e lo Spirito si identificano: Gesù è il Figlio di Dio che opera la redenzione; lo Spirito è la Terza Persona della Trinità che ci santifica e ci spinge alla missione e all'evangelizzazione.

Sicché lo Spirito Santo, promessoci da Gesù è lo stesso Dio che interviene nella nostra vita per donarci capacità di scelta nella riflessione, nel discernimento e nella molteplicità dei suoi doni. Il termine Paraclito vuol dire Consolatore, ma assume anche connotati di assistenza, per cui si tratta sempre di un Soggetto che viene in nostro aiuto.

Stefano (I Lettura) svolge il suo ministero in Samaria e la sua missione viene rafforzata dalla presenza avallante di Giovanni e Pietro, per mezzo dei quali lo Spirito Santo si autocomunica ai credenti per sostenerli nella fede. Lo stesso Spirito garantisce (II lettura) che si renda ragione della propria speranza, ossia che ci si riconosca sempre più consapevoli della propria fede, facendo esperienza in prima persona dell'annuncio che si sta effettuando agli altri: non può mai esservi successo apostolico, infatti, né risultato adeguato nelle nostre iniziative se non abbiamo in primo luogo acquisito noi stessi il valore degli argomenti di cui siamo latori e in tutti i casi è sempre opportuno credere in tutto quello che si fa. Altrimenti la disfatta è assicurata.

Nella circostanza della Pentecoste i discepoli, prima rinchiusi nel cenacolo per paura della persecuzione dei Giudei, dopo l'irrompere dello Spirito infrangono le porte e si lanciamo nell'annuncio del risorto e la loro opera apporterà frutto in ogni luogo.

Come si nota, lo Spirito in tante circostanze assiste l'uomo, lo aiuta e gli reca conforto, specialmente nei suoi propositi di bene e quando questi si disponga ad operare secondo la grazia e la parola di Dio, il che equivale a dire lavorare in serenità e piena coscienza.

Tale e quale è l'assistenza dello Spirito Santo nei nostri riguardi; e la consistenza del suo discendere fra di noi è sempre la medesima in tutti i tempi, perché è immutata la volontà del Signore di recarci sollievo, conforto, aiuto in tutte le circostanze. Sicché, tutte le volte che ci coglie lo sgomento e l'inquietitudine vale la pena rivolgere una preghiera al Paraclito e saperlo accogliere e ricevere nella nostra vita, lasciando che sia Lui l'agente primario del nostro discernimento e delle nostre azioni.

In questa liturgia non ci si chiede di esaltare lo Spirito Santo. Questo lo faremo il giorno di Pentecoste, siamo invece invitati a predisporre il nostro animo a tale solennità e quello che oggi ci viene proposto è una sorta di "avvento" al dono dello Spirito; una predisposizione alla Pentecoste che si realizzi nella consapevolezza piena dello Spirito, nell'accoglienza del suo dono e nella predisposizione ad agire e operare non prima che a Lui ci si sia rivolti.

 

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