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TESTO Benedici il Signore, anima mia

don Walter Magni  

II domenica dopo Pentecoste (Anno A) (18/06/2017)

Vangelo: Mt 5,2.43-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,2.43-48

2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Il vangelo di questa domenica è scandito da una serie di verbi all'imperativo: "amate i vostri nemici (...); pregate per quelli che vi perseguitano;... siate perfetti come il Padre". Perché Gesù usi l'imperativo e non una modalità esortativa si giustifica se solo teniamo presente cosa Gesù ci sta chiedendo di fare: di amare da Dio, di amare come Dio.

"Amate i vostri nemici"
Partiamo dal primo verbo all'imperativo: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici...". Cerchiamo di essere realisti, di tenere i piedi per terra: si fa già fatica ad amare quelli di casa nostra e Gesù osa comandare ai Suoi, ma anche a noi, di amare addirittura i nemici? Pretendendo di superare con un colpo di spugna la distinzione che persino la legge aveva accolto: perché amare il prossimo sì, ma il nemico merita solo odio. Che eroismo, che misura ci sta chiedendo Gesù?
È importante tenere conto della Sua spiegazione: "affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti". Come a dire che la ragione di un amore così smisurato si giustifica ripartendo dall'appartenenza alla paternità di Dio. Dio che è padre di tutti, oltre ogni confine di carattere etnico o religioso. E sia chiaro che Gesù non sta appiattendo la fatica e la vivacità delle nostre relazioni, predicando un buonismo inutile e dannoso. Come se sotto lo sguardo di Dio fossimo tutti buoni e tutti santi. C'è ancora spazio per l'intelligenza per distinguere il bene dal male, per giudicare della bontà e della cattiveria di un uomo. Ma alla radice per Gesù sta una questione più profonda: anche la persona più feroce e cattiva viene dal cuore di un Dio creatore. Di un Dio, come un padre vero, come una madre autentica, non perderà mai la speranza di aspettare sulla soglia di casa anche il figlio più scapestrato e delinquente.

"Pregate per quelli che vi perseguitano"
Se volessimo tradurre con parole nostre un amore così grande, "senza confini", come dice la preghiera eucaristica VI (rito Ambrosiano), forse potremmo ricorrere a un termine adatto che conosciamo ancora: la gratuità. E così specifichiamo l'amore con la gratuità per significare un amore a perdere. Un voler andare oltre la logica mercatile dello scambio. Del do ut des che pervade il nostro mondo. Un amore che è disposto a perdere tutto, sino al dono della propria vita: "Non c'è amore più grande di questo: dare la vita...". Un amore in grado di resistere a ogni provocazione, a ogni cattiveria, a ogni tentativo di tirarti in campo per cercare di combattere. Sino ad andare oltre la logica comprensibile della legittima difesa. Perdonando ancora, perdonando sempre: Non una volta sola, ma almeno sette, anzi, fino a settanta volte sette. E perché ci si possa avviare verso una misura così smisurata dell'amore, secondo il cuore di Dio, Gesù ci comanda di pregare: "Pregate per quelli che vi perseguitano".
Uno dei peccati più difficile da affrontare in confessionale è quello di chi dichiara di non riuscire più a perdonare, perché la misura è colma e il coraggio di trattenersi da reazioni forti e violente è venuto meno. Non serve rifarsi a una dirittura morale o richiamare un eroismo a buon mercato. Chiedere, invece, di pregare per chi ti ha offeso o addirittura ti ha perseguitato, questo è quanto il Vangelo chiede. Dove le parole non bastano più, dove forse anche un semplice gesto potrebbe essere frainteso, altro non resta che pregare e pregare intensamente. Tornando ad abbracciare quel fratello entrano nell'abbraccio stesso di Dio. Perché è Suo figlio. E ancora l'aspetta sulla soglia del paradiso.

"Siate perfetti come il Padre"
Poi c'è l'ultimo dei verbi imperativi con i quali Gesù ci vuole introdurre, come volendo indirizzare la nostra libertà, sulle strade all'amore di Dio. Che va oltre le nostre misure e i nostri calcoli: "siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Qui può essere utile tenere conto delle domande di confronto che Gesù mette in campo, prima ancora di chiederci la perfezione dell'amore di Dio. Ci dice, infatti: "se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?". Su questo punto si apre una prospettiva, un territorio dell'amore, una considerazione così poco scontata che chiede di mettere in campo anche un esercizio continuo dell'intelligenza. Ad esempio, diventa stimolante cercare di evidenziare questa perfezione dell'amore di Dio anche in occasione delle celebrazioni delle nostre cristiane. Parlando a due giovani che si sposano nel Signore, per un verso è decisivo partire dal fatto che già si amano, ma cosa significa tenere conto di quel terzo incluso che è l'amore che Gesù ci ha insegnato? Si può certo distinguere tra un amore reciproco e un amore gratuito. Ma certo non basta un'omelia e neppure un bel corso di preparazione al matrimonio cristiano. Quando Gesù non ha potuto più dire niente, ha accettato di morire sulla croce. Per amore di Dio, per amore nostro. Non c'è altra strada.

 

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