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TESTO Commento su Luca 24,13-35

don Michele Cerutti

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (28/05/2017)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

La Parola di Dio ci richiama con gli Atti degli apostoli al mistero dell'Ascensione che abbiamo celebrato, nel rito ambrosiano, giovedì. Con la solennità dell'Ascensione di Gesù al Cielo si conclude la vita terrena di Gesù che con il suo corpo, alla presenza degli apostoli, si unisce fisicamente al Padre, per non comparire più sulla Terra fino alla sua Seconda venuta (Parusìa) per il Giudizio finale. Questa festività è molto antica e viene attestata già a partire dal IV secolo. Per la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti, l'Ascensione si colloca di norma 40 giorni dopo la Pasqua, cioè il giovedì della sesta settimana del Tempo pasquale, ovvero quello successivo alla VI domenica di Pasqua. Nel Credo degli Apostoli viene menzionata con queste parole: «Gesù è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine».
Come sintetizzare il messaggio di questa Solennità, possiamo dire che, alla luce dell'Ascensione del Signore, siamo esortati a innalzare i nostri cuori al Cielo e a poggiare bene i nostri piedi a terra, adoperandoci per la diffusione del Vangelo. Ci vuole la contemplazione e ci vuole l'azione. Questi due elementi vanno sempre insieme. Le sorti di questo mondo non si migliorano nelle discussioni, nelle riunioni, nelle pianificazioni, ma innalzando il cuore al Signore e attingendo da Lui la luce e la forza per operare e per diffondere il bene nel mondo. Una festa che ci fa guardare il volto verso la realtà del cielo senza smarrirci su questa terra.
Gli apostoli ritornano a Gerusalemme laddove avevano abbandonato Gesù e si riuniscono nel cenacolo. La missione inizia e comincia con la preghiera. Erano assidui nella preghiera con Maria la Madre di Gesù. Ella si prende cura della prima Chiesa ed è tra presente tra i fratelli concordi nella preghiera. Dovremmo sovente avere l'Immacolata come punto di riferimento del nostro pregare. Ella è la donna preghiera per eccellenza, è la donna dell'affidamento, è la donna della perseveranza e con suo esempio e la sua intercessione può aiutarci. Questa missione passa annunciando Cristo. Si annuncia non noi stessi ma Gesù.
Questa verità ci dice Paolo non può essere assolutamente falsata. La consapevolezza di essere inviati da Dio "secondo la sua misericordia", e sostenuti dalla sua grazia, fa sì che gli apostoli non si sentano abbattuti nelle difficoltà e non incorrano per questo a "dissimulazioni vergognose", per presentare un'immagine di sé che non corrisponde alla verità, ma neanche ad "astuzie" per mettere fuori gioco coloro dei quali vogliono prendere ricchezze e potere, no "falsifichino la parola di Dio" adattandola abilmente a giustificare i loro comportamenti. Gli apostoli si comportano, al contrario, secondo la grandezza del loro ministero "annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio". Mai smarrirsi ci dice Paolo e ce lo dicono i martiri dell'Egitto.
Dall'articolo tratto dall'Avvenire riporto:
«Hanno rubato soldi e oro. Poi hanno chiesto loro di rinunciare a Cristo e di diventare musulmani. Se avessero accettato li avrebbero risparmiati, ma hanno rifiutato e così sono stati uccisi». Il parroco della chiesa copta San Mina e Papa Kirollos di Roma, padre Antonio Gabriel, in un'intervista al Tg2000 riporta gli spezzoni ancora frammentari della strage di cristiani copti, ieri in Egitto. Sui bus sventrati dai proiettili sono stati trovati anche dei volantini: «Un digiuno accettato, e tutti i peccati perdonati», c'era scritto. È una massima che si pronuncia nell'islam nel primo giorno del Ramadan. Che era ieri. Il primo giorno del sacro mese di digiuno. E quei volantini coperti di sangue, come un feroce ordine del Daesh ai cristiani d'Egitto: convertitevi. Oppure morite. Se veramente i pellegrini sui pullman hanno scelto, questa è la cronaca di un martirio.
Ciò che ne resta, nelle poche immagini che abbiamo, sono tre bambini atterriti, le magliette sporche di fumo, gli occhi sbarrati. Sono fra i pochi superstiti dell'eccidio sulla strada del monastero copto di Anba Samuel al-Muetarrif, San Samuele il Confessore, in una zona desertica 180 chilometri a sud del Cairo. In una foto sul sito dei cristiani copti "Watani" il vescovo di Maghagha, la città da cui i bambini provengono, li stringe fra le braccia e chiede notizie dei loro genitori. Che non si trovano. Che probabilmente sono negli ospedali o negli obitori delle città vicine; che sono forse fra le trentacinque vittime dell'ultimo attentato contro i cristiani d'Egitto. Doveva essere una giornata di festa. Due veicoli carichi di pellegrini cristiani erano in marcia sulla strada sterrata che conduce all'antico monastero, a nord della città di Minya. Uno veniva dalla città di Beni Sweif ed era carico di famiglie; il secondo trasportava i bambini della chiesa della Santa Vergine a Maghagha. Doveva essere proprio una giornata di festa. Possiamo immaginarci i bambini cantare, come in una gita di uno dei nostri oratori. Poi, improvvisamente, delle auto sbarrano la strada al convoglio. Uomini mascherati, armati fino ai denti, ne scendono. In dieci, ciascuno con un mitra in mano. Una raffica di colpi, una tempesta di piombo sui pellegrini inermi. Un'azione di guerra. Come aveva promesso ai copti, mesi fa, un messaggio del Daesh postato sul sito Dabeq: «Vi daremo la caccia; vi termineremo». Come avevano giurato le ultime parole, registrate, del kamikaze che l'11 dicembre 2016 uccise 28 fedeli in una chiesa copta del Cairo: «L'attacco nella vostra chiesa è solo il primo di molti che verranno».
Addentriamoci nel brano evangelico.
I due simpatici discepoli di Emmaus sono proprio due amici preziosi. Attraverso loro possiamo scoprire il cammino ideale per incontrare Gesù. Essi ci aiutano a sperimentar chi è lui, il Signore. Ce lo mostrano come ci sta a cuore scoprirlo: chi è per noi e come far ardere il nostro cuore per lui.
Non viene consegnato a noi un trattato di Cristologia, a cui fare riferimento per scoprire qualche raffinato segreto, e neppure ci dicono tutto quello che andrebbe detto. Essi ci raccontano la loro esperienza.
Mi ha fatto pensare molto quello che essi hanno sperimentato. Pensate avevano Gesù vicino, camminava e parlava con loro. Lui stesso spiegava i documenti della fede, come sapeva fare lui. Tuttavia non l'hanno scoperto. È rimasto uno sconosciuto compagno di viaggio. Avranno sentito raccontare da Giovanni, Giacomo e Pietro la meravigliosa avventura del Monte Tabor e se lo aspettano così, in quella immersione di luce e in compagnia di testimoni autorevoli.

Sulla strada sembrava uno come loro. L'hanno incontrato e sperimentato invece quando ha spezzato il pane durante la cena e ha condiviso la coppa di vino. L'hanno potuto confessare il Signore della loro vita, quando è sparito dal loro sguardo. L'incontro è stato tanto coinvolgente, da costringerli ad abbandonare la casa sicura per ricominciare il viaggio da capo. Sono tornati di corsa a Gerusalemme per riempire tutta la città e il mondo intero del nome di Gesù, il crocifisso risorto.
E' difficile, soprattutto per noi gente che vogliamo toccare con mano.
Gesù lo incontriamo solo nel sacramento di qualcosa che si vede e che deve trascinarci verso il mistero che si porta dentro: l'Eucaristia, la Chiesa, i fratelli, la storia. Sono porte obbligate per incontrare il Signore e così nella verità, adorarlo, lasciarci trasformare e impegnarci nella sua causa. Ogni tanto cerchiamo una scorciatoia e ci buttiamo sulle strade più facili dello splendore, del miracolistico, dello straordinario.
No, Gesù si incontra nell'ordinarietà dei nostri cammini.

 

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