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TESTO Senza alcun dubbio

don Alberto Brignoli  

Ascensione del Signore (Anno A) (28/05/2017)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

L'altra sera, nella speranza di crollare tra le braccia di Morfeo, ho acceso la televisione, pensando di trovare una di quelle trasmissioni di dibattito politico che hanno un incredibile effetto soporifero, almeno sul sottoscritto. Mi sono invece imbattuto in un film sulla fine del mondo che ha mantenuto viva la mia attenzione per buona parte della notte, soprattutto perché avevo da poco dato uno sguardo alla Liturgia della Parola di oggi, e mi erano rimaste impresse le parole finali del Vangelo: "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo". E mi chiedevo cosa volesse dire questa "fine del mondo": visti poi gli scenari apocalittici descritti dal film in questione, e ciò che gli eroi sopravvissuti hanno dovuto fare per non soccombere alla distruzione finale, ho concluso che - potendo scegliere - preferirei non essere presente, quel giorno...

Poi, però, ripensando al concetto di "mondo" come lo esprime l'ultima parola del Vangelo di Matteo, mi sono ricordato che - se non vado errato - non si tratta esattamente di qualcosa di geografico, di fisico, di ben definito da uno spazio, ma di un qualcosa che riguarda il tempo, un periodo molto lungo come i periodi geologici, un'era, potremmo dire. Quindi, non un "mondo" nel senso di globo terrestre destinato ad autoimplodere e a terminare la propria esistenza, quanto un periodo di tempo nel quale si è destinati a vivere. Sarebbe da dire, quindi, "fino alla fine del tempo": e questo anche alla luce dei due millenni di Cristianesimo già trascorsi, durante i quali milioni e milioni di cristiani hanno avuto modo di ascoltare queste parole senza sentirsi esclusi dall'esserne destinatari. A ogni credente in Cristo, infatti, lungo i secoli, è stato destinato "un tempo", un periodo di presenza nella storia dell'umanità durante il quale ha potuto contare sulla presenza costante del Maestro, del Dio fatto uomo, del "Dio-con-noi", così come si era presentato all'inizio stesso del Vangelo di Matteo, il quale apre e chiude il suo Vangelo proprio con questa verità: Gesù è il "Dio-con-noi", e lo è fino alla fine del tempo, quel tempo che è la storia dell'umanità intera, ma è anche quel tempo che a ognuno di noi è dato di vivere qui, sulla terra.

E allora, su quel monte della Galilea che Gesù aveva indicato ai discepoli (e nel Vangelo di Matteo, l'unico monte della Galilea è quello delle Beatitudini), essi lo incontrano risorto, lo riconoscono Signore della storia, e per questo si prostrano per adorarlo. Eppure, dice Matteo, "dubitarono". Di cosa "dubitavano"? Di certo, non della Resurrezione di Gesù: non avrebbero fatto tutto quel viaggio fino in Galilea per vedere una persona alla quale non credevano... E poi, anche tutte le dicerie sulla tomba trovata vuota perché qualcuno di loro "avrebbe rubato il corpo", erano state fugate rivelando l'episodio di corruzione di cui le guardie romane e i sommi sacerdoti si erano resi protagonisti. Perché, allora, "dubitavano"? E di cosa?

Nel suo Vangelo, Matteo parla di "dubbio" solamente una volta, oltre a questa, ed è quando Pietro, andando verso Gesù sulle acque e rischiando di affondare, viene ripreso dal Maestro perché aveva dubitato. Non aveva dubitato del Maestro, ma di se stesso, pensando cioè di non riuscire a fare ciò che il Maestro gli stava chiedendo, e quindi facendosi prendere dalla paura: una paura che, in fondo, tradiva una mancanza di fiducia in Dio, pur riconoscendolo come il Signore della vita e della storia. Lo stesso che avviene agli Undici dopo la Resurrezione: non hanno dubbi sul Risorto e sulla sua potenza, ma temono di non essere in grado di seguirlo perché non si fidano di se stessi e, in definitiva, di lui, che può operare grandi cose per mezzo loro. Quando li aveva chiamati, all'inizio del Vangelo, li aveva invitati a seguirlo per essere "pescatori di uomini", ovvero per collaborare con lui a togliere gli uomini dal mare della miseria e del peccato per donare loro la salvezza; ora, alla fine della loro esperienza terrena con lui e all'inizio della missione, li invita a "immergerli" nuovamente (questo il senso del termine "battezzare") nella grazia dell'amore di Dio, simboleggiato dalla Trinità, citata qui per intero per l'unica volta in tutto il Nuovo Testamento.

 

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