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TESTO Spiegò le Scritture, spezzò il pane: allora lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.

don Walter Magni  

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (28/05/2017)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Giovedì scorso ricorreva la solennità dell'Ascensione del Signore e oggi celebriamo la "Domenica dopo l'Ascensione" . Cosa potevano fare i Suoi discepoli, dopo la Sua morte e resurrezione? Dopo che, ascendendo al cielo, era stato sottratto ai loro sguardi? Come dice il libro degli Atti: tornano a Gerusalemme, salgono al Cenacolo "dove erano soliti riunirsi" e, "perseveranti e concordi nella preghiera", cominciano a ripetere lo stesso gesto eucaristico del Signore.

"Spezzò il pane"
Fissiamo l'attenzione sull'ultima parte del racconto evangelico dei discepoli di Emmaus, proposto dalla liturgia odierna. Gesù, che quei due discepoli non avevano ancora riconosciuto, entra con loro nella locanda e una volta a tavola, "prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro". La liturgia da sempre ha identificato questo gesto come momento della consacrazione, nel quale, rievocando il momento centrale dell'ultima cena, il pane e il vino diventano il corpo e il sangue del Signore. Un dato evangelico, evidenziato soprattutto dai Vangeli sinottici, che si è poi codificato nella liturgia della chiesa degli inizi, e che poi l'evangelista Luca sintetizza nell'espressione dello spezzare il pane: "spezzò il pane e lo diede loro". Segnalando così il senso ultimo della celebrazione eucaristica: spezzarsi per amore, consegnarsi per amore come ha fatto Gesù. Prospettiva che Gesù ha poi esplicitamente domandato di ripetere ai Suoi e a tutti noi dopo di loro: "fate questo in memoria di me". L'evangelista Luca è così convinto di questo gesto che elencando nel libro degli Atti i quattro pilastri della prima comunità cristiana, lo riafferma dicendo: "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (2,42) e lo ripete ancora: "Erano perseveranti insieme nel tempio e spezzavano il pane nelle case" (2,46).

"Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero"
A quel punto "si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista". L'esperienza che noi facciamo dell'Eucaristia va piuttosto in una prospettiva devozionale e intimistica, non di una visione precisa di Lui. Capita a noi come per i due discepoli incamminati verso Emmaus: "i loro occhi erano impediti a riconoscerlo". Nel migliore dei casi cerchiamo di parlare con Lui. Diciamo parole buone, qualche buona intenzione, recitiamo una preghiera a memoria. Stabilendo con Lui una sorta di rapporto mentale. Un "a tu per tu" con Gesù che immaginiamo come racchiuso dentro di noi, come una sorta di "divin prigioniero". Mentre il Vangelo la vede diversamente la questione: Gesù eucaristia Si è sottratto agli occhi del corpo; tuttavia, in quanto risorto ha una sua visibilità, chiara e riconoscibile. Ci è chiesto, dunque, di andare oltre l'intimismo eucaristico, aprendo bene gli occhi per riconoscerLo là dove Lui è sempre presente. Davvero. In quel pane spezzato per amore, in quel vino versato. Con amore che non conosce limiti e confini. Come abbiamo ripetuto nel ritornello del salmo di questa liturgia: Dove la carità è vera, abita il Signore.

"Non ci ardeva forse il cuore...?"
Un'ultima nota evangelica riguarda una sorta di constatazione dei due discepoli di Emmaus: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?". Abbiamo fatto, del gesto eucaristico che Gesù ci ha chiesto di ripetere, oggetto di dispute e di discussioni teologiche senza fine. A riguardo dell'eucaristia ci siamo persino divisi. Rivestendo, nelle nostre liturgie, l'Eucaristia del Signore di preziosità e di mistero, dando meno importanza a quell'ardore del cuore che nasce dalla vivacità della Sua presenza, dalla forza convincente della Sua Parola. Che accelera i battiti di un cuore amante, che attende, che ancora s'aspetta di poterLo vedere, di poterLo abbracciare. Un sussulto del cuore che non ammette confronti, che precede qualsiasi nostra parola. Ogni nostro tentativo - pur comprensibile - di spiegazione. L'Eucaristia di Gesù, quella che Lui ci ha comandato di ripetere ancora, sarà sempre un fuoco d'amore capace di attizzare i nostri sensi. Del vederLo prima delle nostre parole, del sentirLo prima dei nostri ragionamenti. Perché il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce! (Pascal). E là dove ancora noi ci spezziamo per amore, ci doniamo senza riserve, Lui ancora Si vede, Si sente. E il cuore sussulta di gioia, restandone inebriato. Alda Merini, a riguardo dell'Eucaristia scriveva: "Se tutto un infinito / ha potuto raccogliersi in un Corpo / come da un corpo / di sprigionare non si può l'immenso?".

 

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