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TESTO Dove la carità è vera, abita il Signore

don Walter Magni  

V domenica T. Pasqua (Anno A) (14/05/2017)

Vangelo: Gv 14, 21-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

In queste domeniche di Pasqua, dopo aver ascoltato alcuni racconti della Resurrezione e dopo che la Parola di Dio ci ha regalato delle immagini per cercare di comprendere il significato della resurrezione di Gesù, con questa domenica il Vangelo ci aiuta a cogliere il senso ultimo dell'evento pasquale. Il fatto che Gesù va oltre la morte e risorge per amore. Per assicurarci che Dio è amore, per manifestarSi a noi e al mondo nella pienezza dell'amore.

L'amore, volto di Dio
Nel capitolo XIV del Vangelo di Giovanni tre discepoli pongono alcune domande a Gesù. Anzitutto Tommaso Gli domanda: qual è la via che porta al Padre? e Gesù risponde: "Io sono la via" (14,5-7). Filippo poi aggiunge: ma allora, se non possiamo fare la Tua strada, almeno mostraci chi è Dio, il volto del Padre Tuo (14,8 21). Una domanda simile a quella che anche Mosè aveva fatto a Dio, ottenendone una risposta negativa. Se Mosè avesse visto in faccia Dio sarebbe sicuramente morto (Es 33,18-20). La risposta che Gesù dà a Filippo ribalta, invece, la questione. Gesù gli dice: "Filippo (...) chi vede me vede il Padre". Come dicesse: vuoi vedere Dio? Basta che veda Me! Dio, il Suo volto, da quando sono venuto tra voi, è ormai alla portata di tutti. Non lo devi più cercare altrove: "Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". C'è un tale rapporto tra Gesù e il Padre Suo che se ami Lui e come se amassi anche il Padre. E questo intreccio d'amore, di Dio verso di noi e di noi verso di Lui, semplicemente lo dice, lo manifesta in pienezza. Anche la liturgia del Giovedì santo ci fa cantare questa manifestazione totale dell'amore: dov'è carità e amore lì c'è Dio (Ubi caritas et amor, Deus ibi est). Gesù, amandoci "sino alla fine" (Gv 13,1), in totale dono di Sé, ci ha manifestato in pienezza il volto di Dio. Avviando una scia d'amore che fa sì che, quando anche noi ci amiamo come Lui ci ha insegnato, è il volto di Dio che continua a risplendere.

"Se uno mi ama..."
Ma c'è anche una traduzione più antica dell'inno che è stato citato, che, in modo più esplicito dice: "Ubi caritas est vera, Deus ibi est": dove la Carità è vera, è autentica, porta il marchio dell'amore di Dio, del Suo amore, allora davvero Dio si fa presente e si manifesta in tutto il Suo splendore. Del resto, anche gli uomini hanno da sempre preteso di cantare l'amore, di parlare e disquisire dell'amore. Importa, dunque, che i discepoli del Signore manifestino l'amore quello vero, secondo il cuore di Dio. Ci aiuta in questo senso la domanda che anche Giuda, non l'Iscariota, rivolge a Gesù, quando dice "Come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?". Forse Giuda ha una visione dualista della realtà: da una parte lui vede i discepoli del Signore, ai quali è riservata la conoscenza dell'amore di Dio, e dall'altra c'è il mondo di tutti coloro che con la rivelazione di Gesù non hanno mai avuto a che fare. Non è questa però la strada che Gesù prospetta nella Sua risposta. Quando dice: "se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole...". La prima condizione per essere dalla Sua parte non è la conoscenza o l'osservanza della Parola ma l'amore. Come se il solo fatto d'amare, d'amare come Lui ha amato, come Lui ci ha insegnato, fosse l'orizzonte ultimo entro il quale si esprime ogni forma di autentica appartenenza. Anche oltre ogni distinzione religiosa e culturale.

La danza dell'amore
Perché è Dio stesso che è fatto così. È amore che si esprime così, senza barriere, senza confini. Come l'evangelista Giovanni ancora dice: "perché l'amore è da Dio e chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore" (1Gv 4,7-8). Un amore non statico, ma in continuo movimento. Continuamente in uscita. In continuo superamento di Sé. È il nostro Dio che è fatto così: il Padre è andato oltre Sé anzitutto creando il mondo; ed è uscito da Sé, facendoSi uomo nel Figlio; sino a riempire di Sé la terra intera come Spirito d'amore. Quasi non bastasse a se stesso. Quasi avesse bisogno di prendere casa da noi, come dice il Vangelo di oggi: "e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Se il Suo amore ti prende, allora ti avvolge e ti rimette in moto, imprimendoti una accelerazione che ti rilancia continuamente oltre te stesso. Sempre verso qualcuno. Il nostro Dio è fatto così. Nietzsche ha affermato una volta: Potrei credere solo in un Dio che sappia danzare! Il Dio della Bibbia, il Dio di Gesù Cristo è il Signore della danza, la danza dell'amore. "Amare, voce del verbo morire, cioè decentrarsi. Uscire da sé. Dare senza chiedere. Essere discreti al limite del silenzio. Soffrire per far cadere le squame dell'egoismo. Togliersi di mezzo quando si rischia di compromettere la pace di una casa. Desiderare la felicità dell'altro. Rispettare il suo destino. E scomparire, quando ci si accorge di turbare la sua missione" (Tonino Bello). Il Signore ci invita alla danza dell'amore. Non resta che amare.

 

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