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TESTO Commento su Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/06/2017)

Vangelo: Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

La liturgia di questa settimana, tramite il Vangelo, ci invita a non avere paura:" Non temete"; " Non abbiate paura"; "Non abbiate dunque timore. Queste sono le esortazioni che il vangelo di Matteo scandisce come fosse un ritornello, forse perché la comunità, alla quale si rivolgeva le sue catechesi, avevano ancora davanti ai loro occhi le persecuzioni rivolte loro da subito: Stefano, Giacomo maggiore, Andrea, per citare i più noti, e tanti altri, meno noti, che dovettero andar via dalla giudea. Date queste circostanze Matteo fa appello alle parole di Gesù, che non abbandona i suoi discepoli, e così rassicurarli.
Quali sono le paure dalle quali il Signore ci vuole liberare? Quasi certamente quelle che derivano dall'indifferenza e dalle violenze con cui i cristiani erano e sono anche oggi oggetto. Non certamente dalla paura di Dio, come ebbe Israele ai piedi del monte Sinai nel deserto, grazie all'agire del Figlio suo crocifisso, dagli uomini e per amore degli uomini.
A noi che abbiamo l'incognita del futuro, la fede nel Dio di Gesù di Nazaret, suggerisce i mezzi con i quali vincere le paure, che ci rendono perplessi, mettendo la nostra vita nelle mani di Dio

La prima lettura di questa dodicesima domenica del tempo ordinario è tratta dal libro del profeta Geremia. Essa contiene il grido di dolore del profeta, causato dalle insinuazioni dei suoi " amici" e allo stesso tempo esprime anche tutto il suo fiducioso abbandono al volere di Dio. In questo grido di dolore sta tutto il dramma interiore di Geremia. Grido di dolore che si eleva a Dio in forma di preghiera e incertezza che le la vessazione dei suoi "persecutori cadranno e non potranno prevalere", perché ha affidato la sua difesa al "Signore degli eserciti". Il profeta termina la preghiera invitando tutti i credenti a cantare inni di ringraziamento e di lode al Signore " perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.

Il Salmo che oggi viene proclamato non è l'intero Salmo sessantotto ma solo una parte di esso. Il Salmo nella sua interezza contiene tre momenti: il primo è di lamentazione; il secondo è di preghiera; il terzo è di azione di grazie. Di tutti questi momenti oggi ne preghiamo solo per alcuni versetti.
Il Salmista si lamenta perché l'amore che ha per Dio fanno ricadere su di lui gli insulti a Dio rivolti. Con la preghiera si implora la liberazione e la salvezza che sfocia in un'azione di grazie che si concretizza nell'ultima cena.

Il brano del Vangelo, che l'odierna liturgia sottopone alla nostra considerazione, potrebbe considerarsi come la guida dei discepoli di Gesù. In essa è sottolineata quale deve essere il loro comportamento dorante lo svolgimento della missione alla quale la prima comunità dei discepoli è stata chiamata e con essa tutte le comunità successive che da essa traggono origine. La prima comunità, al suo sorgere, fu sottoposta a contestazione, prima, inizialmente solo da parte dei farisei, degli scribi e delle autorità religiose giudaiche, poi, in seguito, sino a Costantino, da Nerone in giù, anche da parte degli imperatori romani. Oggi, se dovessimo elencare da quanti, le comunità credenti in Cristo sono, non solo contestate ma anche crudelmente avversate si corre il rischio di fare degli elenchi che, hanno sì un inizio ma non una fine. Ciò che non è nel tempo cambiato, è l'atteggiamento interiore di chi dice di fare parte della comunità dei credenti: nonostante tutto quello che può capitarci, nulla impedirà a Dio di salvarci.
Altra considerazione che si può fare da un punto di esegetico è la seguente: all'interno di questo brano Evangelico si possono individuare due unità letterarie.
La prima è caratterizzata dalla ripresa, per tre volte, dell'invitto a " non temere" poiché ciò che è nascosto sarà svelato, ciò che è segreto verrà manifestato, ciò che è detto nelle tenebre sarà ripetuto, alla luce, sui tetti. C'è poi la ripresa a " non temere", riferita alla previdenza che Dio ha, non solo per i passere, che valgono poco, ma soprattutto per il singolo uomo, che vale più di "molti passerei"
La seconda unità, costituita dai vv. 32-33, con cui si conclude la proclamazione odierna del Vangelo, contiene due sentenze simmetriche ma contrapposte " confessare / rinnegare.....davanti agli uomini / davanti al Padre che è nei cieli"; ma nella prova c'è però sempre il " Padre vede" e che infonde coraggio e forza al discepolo anche "tra le persecuzioni del mondo".

Revisione di vita
- Come coppia siamo coerenti nel proclamare la nostra appartenenza alla Chiesa? oppure quando c'è contestazioni ci mostriamo concilianti?
- Allorché conversiamo con i fidanza ci sentiamo sfiduciati sentendo le loro situazioni di poca fiducia a quanto la chiesa dice anche per mezzo nostro?
- Abbiamo fiducia in Dio nonostante ci sentiamo contro corrente non solo nel linguaggio dei media ma della maggior parte dell'opinione pubblica?

Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari

 

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