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TESTO Commento su Giovanni 13,1-15

Totustuus  

Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (24/03/2005)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Tema

Le letture di questa sera espongono l'essenza della concezione cristiana della vita. Nel libro dell'Esodo il Signore preannuncia l'imminente liberazione della comunità di Israele dalla schiavitù egizia. Egli farà morire i figli primogeniti in Egitto e Israele uscirà come popolo libero verso la propria patria. Gli israeliti devono distinguere questa notte fatale con un pasto speciale, mangiato di fretta, pronti a partire. Un agnello senza macchia verrà sacrificato ed il suo sangue cosparso sugli stipiti e sull'architrave come segnale. Vedendo questo segnale, il Signore passerà oltre le loro case e risparmierà i loro figli. Questa celebrazione deve essere una festa, anniversario di commemorazione e ringraziamento.

San Paolo ricorda la Nuova Alleanza, in cui Gesù il Cristo prende il posto dell'agnello senza macchia, ed è il Suo Corpo e Sangue che viene offerto, e che continua ad essere offerto, in sacrificio.

Il Vangelo di Giovanni presenta una parte dell'Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli, un fatto che rompe con le tradizioni ebraiche. Gesù, come Signore e Maestro, assume la figura di schiavo e lava i piedi a tutti gli apostoli, incluso Giuda. Egli lo fa come esempio di umile servizio, che dovrebbe caratterizzare il cristiano. Il testo evangelico (non inserito nella lettura) menziona anche il comandamento d'amore di Gesù, l'istituzione del sacerdozio sacramentale e quella del Sacrificio Eucaristico, la nuova Pasqua.

Il Salmo canta la gratitudine per quel che il Signore ha fatto per il salmista. Egli ha spezzato le catene della sua prigionia ed il salmista comprende che ´preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeliª (v. 15). Per queste ragioni il salmista loderà e adempierà i suoi voti al Signore.

Dottrina

La Pasqua giudaica. Il popolo ebraico subì la schiavitù in Egitto. La festa di Pasqua segnava, simbolicamente, l'intervento del Signore che diede inizio al lungo esodo dall'Egitto, attraverso il deserto fino alla terra natia. L'interpretazione cristiana vede questo viaggio come simbolo del passaggio del cristiano attraverso questa vita fino alla vita eterna. Questa è la struttura cristiana del dramma della vita. La schiavitù è la frustrazione dei veri desideri a seguito di deliberata distrazione. Il deserto è questa vita, la lotta implicita nella completa conversione al Signore. La terra natia è il luogo del nostro eterno riposo, il Cielo. Come in molte altre occasioni, l'Antico Testamento prefigura in maniera simbolica ma reale il più ampio contesto della realtà.

Riferimenti nel Catechismo: il paragrafo 1164 si riferisce alla festa ebraica della Pasqua; i paragrafi 1363-1364 trattano dell'antica e della nuova Pasqua.

La lavanda dei piedi. Questo è un gesto straordinario da parte di Gesù, e sottolinea un atteggiamento fondamentale che i cristiani devono seguire. Non viene data una spiegazione dottrinale, solamente l'indicazione agli apostoli di fare lo stesso. Ciò implica che l'atteggiamento di servizio al prossimo deve impregnare ogni nostra intenzione e gesto. Tutto dovrà esser fatto in atteggiamento di servizio, appositamente per gli altri.

Riferimenti nel Catechismo: i paragrafi 1823-1829 si riferiscono al comandamento nuovo dell'amore lasciatoci da Gesù.

La Presenza Eucaristica. C'è anche un'altra "aggiunta" al simbolo della Pasqua ebraica. La Chiesa ha compreso che il sacrificio di Gesù non deve solo essere offerto continuamente, ma che l'autentica presenza spirituale di Gesù nell'Eucaristia deve accompagnare il cristiano in questa vita.

Riferimenti nel Catechismo: i paragrafi 1373-1381 trattano della presenza di Gesù Cristo nelle specie eucaristiche e dell'adorazione dell'Eucaristia; i paragrafi 1391-1405 parlano dei frutti della Santa Comunione e dell'Eucaristia come pegno della gloria futura.

Applicazioni pastorali

Si può giungere a considerare la fede cristiana come una dottrina, un complesso di tradizioni o un "documento metodologico" su una serie di problemi morali specifici. Certo, il cristianesimo implica necessariamente un contenuto di fede, ma c'è forse il pericolo di ridurla ad un'agenda di problemi. Alcuni vedono i cristiani in questo modo, ed è facile per noi assorbire tale mentalità.

Il cristianesimo è caratterizzato dalla propria relazione personale con Dio in Gesù Cristo. Ciò vuol dire che si può sperimentare Dio in modo simile a quello in cui conosciamo ed amiamo le altre persone. Sappiamo che, al di là dei problemi e delle questioni nel nostro interagire con gli altri, esiste una comunicazione più ampia. C'è qualcosa che percepiamo, apprezziamo ed amiamo nell'altro. Accettiamo liberamente la sua presenza, e permettiamo a noi stessi di adattarci a tale presenza. È la presenza dell'altro che attende una risposta d'amore da parte nostra.

È l'esperienza della presenza di un Dio personale che caratterizza il cristianesimo. Occorre che sviluppiamo la nostra capacità di percepire tale presenza, superando gli ostacoli che riducono il personale "Tu" di Dio ad un impersonale "esso" (cfr. M. Buber). Il nostro contatto (ed il grado di contatto) con la Presenza Eucaristica di Gesù Cristo determina in gran parte e mostra la profondità della nostra esperienza personale di Dio.

Possiamo esaminare anche la dimensione personale del nostro lavoro e della nostra vita con gli altri. Viviamo in una cultura che, nonostante pretenda il contrario, è spersonalizzante. Viviamo in base ad obiettivi ed orari che misurano le cose da conquistare. Fino a che punto i nostri obiettivi e le nostre intenzioni hanno l'altro quale loro scopo ultimo?

 

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