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TESTO Ha cancellato la vendetta...

don Angelo Casati  

III domenica T. Pasqua (Anno A) (30/04/2017)

Vangelo: Gv 1, 29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Giovanni aveva parlato di lui, di Gesù, il giorno prima. Infatti il nostro brano nel testo originale non inizia con un generico "in quel tempo", ma "il giorno dopo". Che cosa era successo il giorno prima? Folle accorrevano da Giovanni nel deserto per farsi battezzare, la cosa non poteva non insospettire le autorità religiose e da Gerusalemme era arrivata una delegazione di sacerdoti e leviti. Era giunta infatti nel tempio la voce che un certo Giovanni battezzava, al di là del Giordano, nelle acque del fiume. Un fatto fuori regola, che destava dunque dei sospetti: il rito di purificazione per tradizione avveniva in luoghi sacri.

Lo interrogarono: "Tu chi sei?". Volevano sapere se fosse uno che si metteva in testa di essere il Messia. Disse di no, e aggiunse che non era né Elia né uno dei profeti. La domanda a seguire non poteva essere che questa: "E dunque come ti permetti di battezzare?". E lui, Giovanni quel giorno in un certo senso li fece impazzire di inquietudine, parlando di un altro, di cui lui era voce, aggiungendo che lui non era niente in confronto all'altro. "Sta" disse "in mezzo a voi uno che non conoscete".

Erano venuti per sapere, se ne andavano via con una domanda e con sospetti quadruplicati. Ci è facile immaginare che la domanda fosse rimasta come impigliata nell'aria: "Sta in mezzo a voi. Ma chi è?". Siamo al giorno dopo, e Giovanni "vedendo il Signore Gesù venire verso di lui, disse: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo". "Ecco", è un invito a guardare, a fissare lo sguardo: "guardate". E lo ripeterà il giorno dopo, quando Gesù ancora passerà e a due dei suoi discepoli Giovanni dirà: "Ecco, l'agnello di Dio!". Lo seguirono.

Ebbene sento come rivolto a me, a noi, l'invito a guardare: "ecco". Mi sembra di capire - non so se interpreto bene - che l'invito a guardare a Gesù, a scoprirne con occhi sempre nuovi, direi limpidi, chi è - chi è Gesù? - ci venga dopo che noi abbiamo celebrato la Pasqua. Pasqua come soglia da cui guardare. Una prima immagine, cui Giovanni si affida per dire di Gesù, è quella dell'agnello.

"Ecco l'agnello di Dio". La mente corre all'agnello della liberazione, l'agnello che con il suo sangue favorì nella notte l'esodo degli ebrei dalla schiavitù dell'Egitto. Un agnello dunque che porta a libertà. Gli ebrei nella loro cena pasquale, mangiando l'agnello, ricordano quella notte e al ragazzino, che chiede conto del rito dell'agnello, il padre di famiglia risponde: "Facciamo memoria di Dio che ci ha liberati dall'Egitto e oggi libera noi".

All'agnello è legata l'immagine della libertà. Anche a Gesù, al suo sacrificio, è legata l'immagine della libertà. Ha dato la vita per toglierci dalla schiavitù, "l'agnello che toglie il peccato del mondo". Il peccato del mondo, al singolare. Come a suggerire che, al di là o prima dei singoli peccati, c'è bisogno, c'è urgenza di una liberazione da una forza oppressiva, devastante, invasiva, quella che a volte ci fa dire: "Ma come è possibile che si faccia brutalmente questo, che si pensi spudoratamente questo, che si dica volgarmente questo, che si proponga biecamente questo? Come è possibile? Sembra una cappa che soffoca e opprime, il male, il male del mondo.

Gesù è colui che ci vuole liberi dal male. Che ci vuole con sé a lottare per la liberazione da tutto ciò che opprime la dignità della donna, dell'uomo, degli ultimi, del creato. Per questo ha dato la vita. Agnello di liberazione da tutto ciò che che è contro il desiderio di vita, cha abita ciascuno di noi, che abita ogni vivente. Giovanni, il Battista si affida anche ad un'altra immagine per dire di colui che sta in mezzo e non è riconosciuto: l'immagine dello Spirito: "Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui". Lo Spirito come colomba.

Come a dire che lo Spirito trova in Gesù il suo nido in cui rimanere. In lui lo Spirito rimane. In pienezza e per sempre. E' quello che non possiamo dire di noi, di essere sempre guidati nelle nostre scelte dallo Spirito, per noi è un po' un venire e un andare, secondo che gli siamo fedeli o no. Lo Spirito su di lui, a far che? Al cuore mi ritornano le parole stesse di Gesù che sono risposta a questa nostra domanda: lo Spirito su di lui a far che?

Forse ricordate: quel giorno Gesù era nella sinagoga di Nazaret e si era fatto dare il rotolo, cercò parole che erano vere per lui, le trovò in un passo di Isaia dove si parlava dello Spirito che scende. Lesse il passo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).

Quel giorno Gesù si prese la libertà di concludere qui la citazione. In realtà il testo continuava, parlando di "un giorno di vendetta del nostro Dio". Cancellato. Cancellata l'immagine di un Dio che si vendica. Rimaneva in pienezza l'immagine di un Dio che soccorre. Lo Spirito a far che? A soccorrere. La liberazione di Gesù - voi mi capite - investe la vita: Gesù parla di una liberazione che tocca gli impoveriti, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi; tocca e fa arretrare ogni forma di oppressione degli umani, ogni forma di dominio delle coscienze e della vita. Per aprire gli spazi della consolazione, della buona notizia.

Ma cosa sconvolgente, ma anche bellissima, è che Gesù nella sinagoga, citate le parole di Isaia, cominciò a dire: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Siamo giunti finalmente - diremmo - a una stagione felice, in cui alle parole succedono i fatti, la parola diventa fatto: per gli afflitti e i poveri oggi ha inizio un tempo nuovo.

Forse dovremmo chiederci se la nostra, per caso, non sia forse una stagione di annunci, cui non seguono fatti, se la mia vita, per caso, non sia forse una vita di annunci, cui non seguono i fatti. E pregare. Pregare che lo Spirito scenda su di noi. E rimanga.

 

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