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TESTO Nello spezzare il pane

don Luciano Cantini  

III Domenica di Pasqua (Anno A) (30/04/2017)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Resta con noi

Bisogna arrivare in fondo alla storia, alla nostra storia, per capire "il prima". Non possiamo pensare di comprendere ogni cosa subito mentre accade piuttosto bisogna lasciarci condurre dalla storia che piano piano rivela se stessa. I due amici solo al termine della loro esperienza hanno compreso cosa stava loro accadendo: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via. Certo lungo la strada non si sono nascosti, non hanno infilato le cuffiette né si sono messi a chattare o giocare col cellulare escludendo i compagni di viaggio come capita a noi in treno come altrove. La loro maturazione parte dalla voglia di condividere anche con chi è forestiero e cresce nell'ascolto di chi rimprovera e corregge: Stolti e lenti di cuore; trova il suo culmine nella accoglienza voluta con forza: essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».

L'isolamento, la chiusura ci impoveriscono, la separazione dagli altri, la mancata accoglienza ci rende sterili: Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli (Eb 13,2).

Quante volte abbiamo ripetuto: "se lo sapevo...", ma è proprio del cristiano l'agire senza sapere, il fare senza conoscere, il buttarsi verso l'altro sia esso forestiero o nemico (cfr Lc 10,25-37) o sconosciuto (Mt 25,37).

Gesù passa nella nostra vita e va oltre: quell'accenno, lì ad Emmaus, ad andare più lontano non è soltanto una provocazione, o la verifica di quanto ci tenevano alla sua compagnia, ma anche il segno della fugacità dell'incontro. Il Signore passa, fa un pezzo di strada con noi e poi va oltre, cogliere questo passaggio significa "fissarlo" nella nostra vita, renderlo permanente Egli entrò per rimanere con loro. Anche se egli sparì dalla loro vista Gesù ha preso posto nel loro cuore tanto da partire senza indugio anche se la sera era ormai tramontata e il giorno giunto al termine. Non hanno avuto bisogno di lampade per tornare a Gerusalemme, né di coperte per il freddo notturno è il loro cuore ad ardere e dare luce e calore.

lo riconobbero

Mentre Gesù camminava e conversava con loro lungo la strada i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Non è sempre facile riconoscere la vicinanza del Signore; Sant'Agostino ci confessa: Eri con me, e non ero con te (Confessioni 10,27). In un cammino di fede il Signore non si vede, sono invece tangibili i segni della sua presenza... Roberto Vecchioni, in un'intervista, ha detto: "Dio m'invia messaggi sempre più forti, ma alcuni neppure li capisco". Ci sono fatti e coincidenze nella nostra esperienza che non sempre siamo capaci di decifrare, non ci sono regole né ricette, bisogna imparare a vedere e ascoltare, dobbiamo dialogare col Signore come i discepoli di Emmaus che avevano avuto l'impressione di aver già capito tutto senza aver capito nulla. "La preghiera costante ha valore non perché Dio ci ascolta, ma perché alla fine noi stessi lo ascoltiamo" (William McGill). I due hanno ospitato Gesù ma è successo proprio il contrario è il Signore a prendere dimora presso di loro.

nello spezzare il pane

È bastato soltanto un gesto per far riconoscere nel compagno lungo la via il Signore Gesù, è un gesto antico di preghiera e condivisione che apre ogni tavola tra gli israeliti che con Gesù assume una dimensione totalmente nuova, è il gesto dell'ultima cena (cfr Lc 22,19). Bisognerebbe avere il coraggio di sottolineare la forza di questo gesto d'amore: klàsis tou àrtou - Spezzare il pane - che è diventata una espressione tipica per indicare la celebrazione nelle prime comunità cristiane (crf At 2,42.46; 20,7; 27,35).

Troppo spesso ci soffermiamo sul significato di quel pane spezzato e molto meno sul gesto che, nella liturgia, non appare in tutta la sua evidenza, abbiamo concentrato l'attenzione e la devozione su quel pane scolorendo il gesto dello spezzare che a quel pane dà senso e contenuto. È il gesto dello spezzare il pane che rende riconoscibile quel pellegrino forestiero, è la significazione del dono della sua vita.

Il segno del pane che si spezza nella liturgia è la celebrazione massima di gratitudine (eucaristia) della vita che Gesù ci ha donato, nello stesso tempo, è promessa perché la carità riempia la nostra vita. Si muore perché tratteniamo la nostra vita, abbiamo paura di spenderla e di condividerla, allora diventa sterile.

Il gesto dello spezzare il pane, della condivisione (cfr Is 58,7), è il gesto della vita che si comunica, diventa feconda, prende corpo e sostanza nell'altro.

Nel segno dello spezzare il pane il Signore Gesù spezza la sua vita perché la sua vita possa radicarsi nella nostra.

 

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