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TESTO Commento su Luca 24,13-35

fr. Massimo Rossi  

III Domenica di Pasqua (Anno A) (30/04/2017)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

L'autore ispirato della prima lettura - per convenzione viene identificato con Pietro, principe degli apostoli e vicario di Cristo alla guida della prima comunità cristiana di Gerusalemme - traccia una sintesi mirabile della storia della salvezza, sottolineando che Cristo discende dal re Davide, e che lo stesso re Davide ne aveva cantato le gesta, scrivendo i versi del salmo 16: l'operazione teologico-letteraria, rileggere un salmo in chiave Cristologica, individuando cioè, nel protagonista che parla, o del quale si parla, la persona di Gesù, è un esempio di ciò che, nei secoli a venire, i Padri della Chiesa avrebbero fatto con gran parte dell'antico Testamento: rileggere, appunto, le (antiche) Scritture in chiave Cristologica, per rinvenirvi gli annunci dell'avvento del Salvatore.

Un altro esempio particolarmente esplicito sul destino di morte e risurrezione del Messia è il salmo 22 (21) - "...Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano, si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte..." -. Aver raccontato i fatti della Passione 1000 anni prima fa veramente pensare, non trovate?

Del resto, Gesù in persona rilegge Mosè e i profeti, mettendo in evidenza che in tutte le Scritture ci si riferiva a lui, a Cristo.

Tutto ciò dimostra che, in un certo senso, il Nuovo Testamento stava già racchiuso nell'Antico. Come lucidamente sottolinea san Paolo, la Legge (antica) ‘funziona' da pedagogo, conduce e prepara il credente all'incontro con il Cristo (cfr Gal 3).

Al tempo stesso la novità del Vangelo rimane integra; non si può appiattire, riconducendo all'Antico, quanto è rivelato nel Nuovo.

Tra l'AT e il NT resta dunque una distanza, un'asimmetria, una discontinuità; non è possibile dedurre la vicenda del Signore dal ‘semplice' esame delle Scritture che lo precedono. L'incarnazione era, è assolutamente necessaria per portare a compimento ciò che mancava nei racconti antichi, e che l'uomo, da solo, non avrebbe saputo neppure immaginare.

Questa verità è testimoniata dal fatto che i due discepoli di Emmaus non compresero il mistero della Passione; ma neppure gli altri protagonisti del Vangelo erano stati in grado di riconoscere il Messia annunciato, nella persona di Gesù di Nazareth; o, se lo avevano riconosciuto, non ne erano stati pienamente consapevoli. Un esempio per tutti, Giovanni il precursore: costui lo indicò, senza esitare, presente nel mondo; dichiarò anche di non essere degno di sciogliere il laccio dei suoi sandali - conosciamo il significato simbolico del gesto -; ma fu incapace di capire l'opera di Gesù; anzi ritenne che le sue parole e il suo comportamento non corrispondessero a ciò che le profezie avevano annunciato.

Ma anche Caifa, che presiedette il sinedrio nel processo contro Gesù, rivolgendosi agli anziani del popolo, disse: "Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi." (cfr. Gv 11,45-54).

Tutto questo per dire che, senza la fede nel Cristo, non si possono comprendere le Profezie, tantomeno riconoscere la Sua verità dall'incontro diretto o indiretto con Lui.

E ora, a noi: con quale mentalità, con quali convinzioni, con quali aspettative, e, perché no, con quali pregiudizi ci accostiamo al Vangelo?

La vicenda dei due di Emmaus ci offre un esempio prezioso, di come si possa tornare a credere nuovamente in Cristo, nonostante le delusioni del passato; la fede ci sfida ancora una volta a vincere la tentazione di chiudere per sempre con Dio, dopo l'ennesima sconfitta, dopo l'ennesimo fallimento, l'ennesima dimostrazione dell'apparente inutilità della fede...

Il discorso è assai delicato: si tratta di esaminare senza alcuna indulgenza quale sia l'atteggiamento di fondo con il quale affrontiamo il testo evangelico, ma anche i sacramenti.

Vangelo e sacramenti sono il luogo dell'incontro con il Risorto; dovremmo forse usare il condizionale - dovrebbero essere -, o porre addirittura un punto interrogativo...

È proprio vero che nel Vangelo e nei sacramenti incontriamo la persona di Cristo?

In altre parole, abbiamo il coraggio di abbassare le difese, per lasciare che Cristo ci dica in faccia chi siamo? "...stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!".

La conversazione tra i discepoli che scendevano da Gerusalemme e il Signore risorto comincia nel modo peggiore: i primi confessano la loro delusione, diciamolo pure, la loro disperazione, di fronte all'ultimo Messia apparso sulla scena di Israele: gran seduttore, capace solo di promesse, ma in fin dei conti incapace, come gli altri, di cambiare la storia, colpevole di averli prima illusi e poi traditi.

Gesù ribatte chiamandoli ignoranti e pure un po' ritardati...

Qualche volta, da un iniziale scontro, da una solenne litigata, nella quale ci si dice in faccia che cosa si pensa l'uno dell'altro, può nascere qualcosa di nuovo e di meglio per tutti e due.

È il caso della vicenda raccontata al cap.24 di Luca: il figlio del falegname sfida i compagni di viaggio ad abbandonare per un attimo illusioni, desideri individuali, punti di vista personali... per concentrarsi sulla persona di Cristo... e scoprire che quell'uomo fragile, indifeso, e solo, aveva fatto molto di più di quanto si potessero aspettare da lui.

Soprattutto, (il Cristo) aveva lasciato un dono, l'Eucaristia, nella quale e con la quale continuava a rimanere presente, anche ora che fisicamente era assente...

In quel gesto - prendere il pane, rendere grazie, spezzarlo e distribuirlo - lo riconobbero con assoluta certezza...anche se Lui non c'era più.

Lo Spirito Santo susciti anche in noi la fede dei discepoli di Emmaus, per riconoscere la presenza reale di Cristo nel sacramento dell'altare.

Da questa fede rinnovata, tutta la vita può cambiare, uomini e donne di poca fede! (me compreso!!)

 

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