PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Stare in mezzo

don Alberto Brignoli  

II Domenica di Pasqua (Anno A) (23/04/2017)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Tra le cose più belle che si devono poter dire di un amministratore o funzionario pubblico, di un rappresentante religioso o di una persona riconosciuta come avente un'autorità in ambito civile, c'è sicuramente quella che sia una persona "capace di comprendere i problemi della gente", "capace di stare in mezzo alla gente", di scendere dal piedestallo su cui la sua funzione spesso inevitabilmente lo colloca, per stare allo stesso livello di tutti, indipendentemente dalla loro funzione o dallo status sociale. Lo dico, ovviamente, anche per esperienza personale: è bello e gratificante quando ti senti dire dalla tua gente che si sente da te compresa, capita, accompagnata, perché ti metti al loro livello, parli il loro stesso linguaggio, condividi la loro quotidianità, stai in mezzo a loro senza atteggiamenti di superiorità. Così come devi farti un serio esame di coscienza quando le persone, soprattutto le più semplici e umili, come ad esempio gli anziani, i malati e i bambini, ti fanno notare, il più delle volte benevolmente, a volte anche con un certo rammarico, che non li sai ascoltare, che non li sai capire, che non riesci a spendere del tempo per loro, che sei occupato da tante attività e ti dimentichi di entrare in relazione con le persone; o ancor peggio quando ti viene giustamente fatto notare che "te la tiri troppo", che ti atteggi in maniera eccessiva ostentando la tua preparazione, la tua intelligenza, la tua autorità a scapito di quelli che tu ritieni inferiori a te. È una cosa bruttissima, che ti deve mandare profondamente in crisi quando ti viene detta, ma che manda ancor di più in crisi le persone che da te si aspetterebbero tutt'altro che tali atteggiamenti.

Questa domenica "della divina Misericordia" diventa per me, personalmente, l'occasione per chiedere perdono, e misericordia nei miei confronti, quando offendo qualcuno con atteggiamenti di questo tipo; ma è soprattutto il Vangelo di oggi a ricordarmi che devo imparare a sentirmi sempre meno "alla testa del gruppo", e sempre più "in mezzo alla gente", senza per questo rinunciare al ruolo di guida all'interno della comunità. L'episodio suggestivo, ed emotivamente carico, dell'incredulità di Tommaso, rischia di far passare in secondo un piano un particolare che così marginale non è, dato che l'evangelista lo ripete per ben due volte nell'arco di pochi versetti: ossia, che Gesù Risorto venne nel luogo dove i discepoli si trovavano a porte chiuse e "stette in mezzo". "Stare in mezzo" è l'esatto opposto che "stare alla testa del gruppo": significa non sedersi sullo scranno dell'autorità, pronto solo a giudicare ed emettere sentenze (come fu per i membri del sinedrio e per Pilato nei confronti di Gesù), ma mettersi in mezzo ai discepoli, stare tra di loro, parlare con loro, perdere tempo per loro, ascoltarli e cercare di comprenderli nella loro angoscia di aver rinnegato il Maestro e di essere fuggiti quand'egli veniva crocifisso. La dolcezza e la finezza di Gesù sono imparagonabili: invece di sedersi di fronte a loro, pronto a giudicarli e a condannarli per il loro atteggiamento, "sta in mezzo a loro" perché così essi, facendosi tutt'intorno a lui, possano essere raggiunti dall'irradiare della sua vita e del suo amore. Ed egli affida questa sua irradiazione d'amore alle parole più belle che essi potevano sentirsi dire: "Shalom", "pace".

Era di questo, che avevano bisogno i discepoli: della pace interiore, una pace che avevano perso al Getsemani e che due giorni dopo la drammatica morte del Maestro ancora non avevano ritrovato. Di fronte all'annuncio della tomba vuota, del corpo sparito, e delle voci di chi lo ha visto in vita, l'unica cosa di cui i discepoli hanno bisogno è un po' di pace, di pace interiore. Non hanno bisogno di prove della sua resurrezione, perché andare alla ricerca di prove, è un tormento, è qualcosa che devasta, perché di certezze non ce ne sono: occorrono gli occhi della fede. Ha sbagliato tutto, Tommaso, quando ha voluto andare in cerca di prove della resurrezione: forse era già in giro alla ricerca di prove la sera di quello stesso giorno, quando solo lui è assente, in quel luogo dove Gesù entra anche a porte sbarrate. Perché se anche le porte del nostro cuore sono sbarrate dall'incredulità, dalla disperazione, dalla fatica a comprendere e ad accettare che egli è vivo, il Signore Risorto fa comunque breccia nel nostro cuore.

Per fare che? Per condannarci? Per farci sentire meschini per averlo rinnegato? Assolutamente no: per ascoltarci, per stare in mezzo a noi, e per donarci la sua pace. Speriamo l'abbia capito anche Tommaso, che voleva occupare il posto di Gesù, sedendosi sullo scranno, sulla cattedra, a presiedere la commissione medica che avrebbe verificato l'autenticità delle piaghe del Maestro. Invece, il Maestro gli dà l'esempio, e non si siede alla testa del gruppo, bensì in mezzo, perché anch'egli, questa sera, lo riconosca vivo e nuovamente al servizio dell'umanità.

Si potrebbe dire che questo Gesù "perde il pelo ma non il vizio", ossia che neppure dopo l'amara esperienza della solitudine nel momento della sua morte si mette a giudicare l'incoerenza e l'assenza dei suoi: si mette, piuttosto, in mezzo a loro, al loro servizio, come al loro servizio si era messo prima della Passione, lavando i piedi ai suoi discepoli. Se questo sforzo di non giudicare attraverso delle prove, di non sentirsi superiore, di lasciarsi andare all'evidenza, viene chiesto anche allo stesso Tommaso (che rimane comunque l'apostolo più citato da Giovanni nel suo Vangelo, dopo Pietro e lo stesso autore), quanto più noi dobbiamo desiderare di stare il più possibile in mezzo alla gente, senza giudicare né condannare, ma accogliendo e trasmettendo l'annuncio di pace della Resurrezione; quel giorno, non venne dato dai dotti sapienti e ricercatori meticolosi della verità, ma da una donna, che riconobbe il Maestro vivo con gli occhi dell'amore.

 

Ricerca avanzata  (54001 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: