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TESTO Commento su Giovanni 20,19-31

don Walter Magni  

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II domenica T. Pasqua (23/04/2017)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

La liturgia del tempo di Pasqua continua a raccontarci di Gesù risorto! Emblematico è il racconto di questa II domenica di Pasqua, che si distende in due tempi: "la sera di quello stesso giorno", di Pasqua, e "otto giorni dopo", cioè la domenica seguente. Tutti questi racconti di resurrezione sono caratterizzati sempre da una grande discrezione. Come raccontassero la fatica di un avvicinamento, la gradualità di una relazione, con le sue domande e le sue risposte.

Porte chiuse
Le porte chiuse del Cenacolo sono un segno importante. Gesù risorto arriva la sera del giorno di Pasqua "mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei". E le porte sono sbarrate anche "otto giorni dopo", mentre "i discepoli erano di nuovo in casa". Nonostante gli Undici avessero già incontrato Gesù risorto, ricevendo in dono da Lui lo Spirito Santo e questo li avesse riempiti di gioia. C'è una resistenza da parte dei discepoli nei confronti del Signore risorto, una persistenza della fatica ad arrendersi a Lui, a questa Sua nuova condizione di vita, che chiede d'essere chiarita. Quando ci lamentiamo degli insuccessi della nostra fede non possiamo dimenticare che anche i discepoli del Signore hanno sperimentato la crisi. Hanno provato la voglia di andarsene. Come quei due che se ne vanno delusi da Gerusalemme (Lc 24); o come Pietro che con qualche altro discepolo, ritorna a fare il pescatore al suo paese, in attesa di nuovi eventi (Gv 21).
Addirittura, stando al racconto odierno, è evidente che i primi discepoli del Signore non erano riusciti a convincere Tommaso, uno di loro. Loro che avevano visto il Signore risorto, constatando le ferite della croce. Loro che da Lui avevano ricevuto il dono dello Spirito santo, provando nel cuore una grande gioia. Il dato del loro fallimento è Tommaso che ha ancora le porte del cuore sbarrate. Che non si convince. Forse anche per la povertà delle loro parole e della loro testimonianza. Loro che dicono: "abbiamo visto il Signore" e lui che ripete: se non sono io a vedere e a toccare "non credo".

Che Gesù attraversa
Quel Tommaso che c'è in ciascuno di noi o che potremmo ritrovarci accanto, sta chiedendo qualcosa che va oltre la nostra misura. Sta chiedendo di incontrare il Signore direttamente Lui, personalmente Lui. Altrimenti la fede non scatta. Per questo Gesù riattraversa quelle porte sbarrate "Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse". Forse per Gesù dev'essere stato più facile ribaltare la pietra del suo sepolcro, che attraversare le porte così chiuse e sbarrate del Cenacolo che raccoglieva impauriti i Suoi discepoli, i Suoi amici. Tra loro, questa volta c'è anche Tommaso, con le sue resistenze e i suoi problemi. Questa sua caparbietà finisce per rappresentare tutti i nostri fallimenti, tutti i nostri sbarramenti. Tutte le resistenze più profonde e fastidiose. Quelle che neppure noi sopporteremmo a lungo, ma che persistono, ingarbugliandoci non poco l'esistenza. Sino a convincerci che non c'è più nulla da fare. Gesù attraversa anche quelle. Stai vivendo l'angoscia di qualcosa che neppure sai come definire? La paura nei confronti di un mondo che senti minaccioso e oscuro? Forse anche il timore di una malattia incombente, mentre non vedi luce pensando a domani? Temi di ricadere, nonostante tanti sforzi e ricominciamenti? Gesù risorto sa attraversare le porte più massicce e blindate. Nessuno può più fermare uno che la morte l'ha vinta e annientata. E se una porta Lo potrebbe ancora arrestare è solo quella dell'ostinazione e dell'orgoglio, che non vuole arrendersi all'evidenza dell'amore. Ancora una volta, stando fuori in attesa, ci direbbe: non temere "Io ho vinto il mondo" (Gv 16,33).

Mostrandoci le Sue ferite
Un venire, quello di Gesù risorto, che non è certo come quello dei fantasmi. È molto reale e non è certo una parvenza, un'illusione, un gioco di fantasia. No: è proprio tutto Gesù, in carne ed ossa, come diremmo noi. Carico di quella tensione d'amore che L'aveva attraversato negli anni del Suo passaggio tra noi, facendo il bene (At 10,38). Con quel Suo corpo martoriato e provato dall'esperienza dura della croce. Come la sera di Pasqua augurando ai Suoi la Pace, aveva mostrato loro "le mani e il fianco", così dice a Tommaso otto giorni dopo: ‘Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!'". Gesù non ci raggiunge dimenticando la croce, ma facendo dello strumento della Sua stessa morte, il segno più alto della Sua vittoria, della Sua resurrezione appunto. Gesù che non aveva evitato la croce nei giorni della Sua passione ora ci invita a non distogliere lo sguardo dalle ferite di chi soffre. Invitandoci persino a toccare il dolore. Il dolore di un mondo che proprio nel dolore e nella prova ci aspetta al varco. Implorando ancora segni di amore e di consolazione, compassione, amorevolezza. Sino a raggiungere il Suo cuore ferito d'amore. Come fosse un luogo dove tutti, senza eccezione, possano restare senza sentirsi o essere esclusi. La casa di tutti. Anche quella di Tommaso. A lui la chiesa degli inizi, non ha chiuso la porta in faccia. Esercitando un'accoglienza nei confronti del dolore che anche il dubbio può generare, che ancora ci insegna molto. Che ancora qualche porta ci invita ad aprire.

 

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