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TESTO Dal fatto alla fede

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica di Pasqua (Anno A) (23/04/2017)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Dopo la sua risurrezione Gesù esorta i suoi a rendergli testimonianza e a recare a tutti l'annuncio della sua vittoria sulla morte e la novità di salvezza che ne consegue. Sarà particolarmente dopo l'evento di Pentecoste che, animati dallo Spirito Santo, gli apostoli diffonderanno il lieto annuncio della resurrezione di Cristo "fino agli estremi confini della terra", cioè secondo la concezione di allora fino a Roma. E inizierà il cosiddetto Tempo della Chiesa. Anche adesso però, Gesù Risorto invita tutti i suoi alla testimonianza, cioè a recare agli altri la notizia gioiosa del fatto che lui è vivo e presente e non è per niente defunto. La fede e la testimonianza sono quindi lo scopo e la risultante delle apparizioni di Gesù. Giovanni ci racconta di questo duplice aspetto collocando l'episodio nella dimensione temporale del "primo giorno della settimana", lo stesso nel quale era avvenuta, la mattina presto, la visita di Maria di Magdala al sepolcro con la sorpresa della tomba vuota. Appare loro mentre le porte della casa dove erano riuniti erano sprangate per paura dei Giudei. Avviene questo singolare episodio nel quale Gesù compare loro nonostante l'inaccessibilità del locale nel quale sono riuniti. In questa circostanza reca loro la pace, cioè la serenità e la gioia che scaturiscono dall'avvento del Regno di Dio instauratosi dopo la morte e la Resurrezione di Gesù. Quindi, seppure Giovanni non lo mostra immediatamente, convince i suoi discepoli della veridicità della sua resurrezione e da ultimo li invita all'annuncio universale, alla testimonianza dell'evento di salvezza. Cosicché gli apostoli annunceranno in ogni angolo del mondo allora conosciuto, a partire da Gerusalemme, la novità della Resurrezione e del Regno di Dio che si è instaurato in Cristo stesso. Inizia il tempo della Chiesa, quello in cui lo Spirito (lo vedremo il giorno di Pentecoste) rende missionaria la Chiesa. Lo stesso Signore, seppure nella forma invisibile, sarà presente nella loro azione di annuncio secondo la sua promessa: "Io sono con voi fino alla fine del mondo".

Man mano che la Chiesa è animata nella sua missione, organizza anche se stessa nella comunione e la strutturazione interna: i discepoli si mostrano motivati, zelanti, assidui nella concordia e nella carità e convengono tutti nello spezzare il pane e nelle preghiere. Quanto più la comunità accresce il numero dei suoi membri, tanto più emergono nuove necessità di organizzazione e si impongono nuovi ruoli e nuove suddivisioni di compiti e di ministeri; il tutto però fatto salvo il proposito dell'annuncio salvifico, che viene diffuso con rinnovato zelo e fondata intraprendenza.

Fedele al mandato del Salvatore, la Chiesa si prodiga tuttora nella comunicazione del messaggio di salvezza e della lieta notizia del Cristo Risorto e lo fa' attraverso tutti i mezzi, adoperando tutti gli strumenti e facendosi forte di ogni espediente atto a realizzare tale apostolato. Anche noi siamo inviati. Non solo i successori degli apostoli (Papa e Vescovi) si incaricano di comunicare la lieta notizia, ma tutti i battezzati, ciascuno nel suo ambito e secondo la propria vocazione specifica, contribuiscono alla comunicazione della lieta notizia del Risorto. La Chiesa non sarebbe tale se non si configurasse come Comunione e Missione, e lo stesso Signore unitamente allo Spirito Santo garantiscono tuttora queste prerogative.

Ma prima ancora di codeste caratteristiche, il Risorto ci chiede la radicalità e la convinzione della fede in lui. Se la fede deriva dall'annuncio (Paolo), siamo invitati in primo luogo all'accettazione in prima persona del messaggio di salvezza che ci è stato annunciato dagli apostoli e che viene promulgato dai loro successori. Occorre pertanto che innanziuttto ci affasciniamo del Risorto e aderiamo incondizionatamente e senza riserve alla sua presenza silente ma operosa, accogliendo l'annuncio che legittimamente altri ci hanno fatto di Lui. La fede si realizza nel pieno coinvolgimento di noi stessi al mistero di Dio e nel fascino dell'adesione all'assoluto. Nella misura in cui si mostra fede nel Risorto, tanto più si accresce in noi la gioia e l'entusiasmo di appartenere a lui e di renderci suoi testimoni.

Fede, comunione e missione costituiscono la Chiesa. Ma il famoso episodio di Tommaso ci ragguaglia sulle side che anche al giorno d'oggi è costretta ad affrontare la nostra fede, a motivo della freddezza, della vacuità e dell'indifferenza del cuore.

L'errore di Tommaso non è poi così unico e singolare se consideriamo che anche Pietro era stato definito da Gesù "uomo di poca fede" e addirittura luogo di tentazione satanica perché pensava secondo gli uomini e non secondo Dio. E del resto neppure lo stesso Pietro e l'altro discepolo, arrivati al sepolcro dalla pietra ribaltata, avevano immediatamente creduto, ma solo dopo aver visto le bende per terra e il sudario piegato Pietro "vide e credette". E anche le donne, giunte al sepolcro, avevano constatato la sparizione del cadavere di Gesù pensando a un cambiamento di loculo. Piuttosto, assente la sera della prima apparizione di Gesù, Tommaso sbaglia nell'essere refrattario alla testimonianza dei suoi fratelli, che pure non potevano non essere credibili, poiché gli avevano raccontato un evento che certo aveva impresso ulteriormente nella loro vita. Il discepolo incredulo reagisce alle loro parole con l'atteggiamento di ripulsa tipicamente umano, il quale non si accontenta di testimonianze o di racconti, ma pretende verifiche e sottili dimostrazioni. Cosicché oseremmo affermare che il vero colpevole di siffatta mancanza non è Tommaso, ma la concezione sofista ed empirista di cui è vittima, cioè la cultura imperante anche ai nostri giorni per la quale nulla è reale se non è dimostrabile.

La fede è invece la reale prova delle cose che non si vedono (Eb 11, 1 e ss) e consiste nell'affidarsi, nel concedersi e nell'accogliere anziché opporre resistenza e recalcitrare di fronte a qualcosa che siamo chiamati a concepire come Dono. Il Cristo Risorto ad essa ci scuote e verso di essa ci incoraggia.

 

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