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TESTO Ecco, o figlia di Sion, il tuo re

don Walter Magni  

Domenica delle Palme (09/04/2017)

Vangelo: Gv 11,55 - 12,11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Due episodi evangelici, concomitanti, caratterizzano la liturgia della Domenica delle Palme: l'unzione di Betania (Gv 12,1-12) e l'ingresso di Gesù in Gerusalemme (Gv 12,12-16). Gesù che Si rifugia di sera, quasi di nascosto, a Betania. Ma il mattino seguente Lo troviamo a cavallo di un mite asinello, entrare nella Città santa, dove già fervono i preparativi per la festa di Pasqua.

L'amico di Gesù
Anche Gesù ha conosciuto l'ansia, ha provato angoscia. Al termine del racconto evangelico del ritorno in vita dell'amico Lazzaro, Giovanni annota che "da quel giorno dunque decisero di ucciderlo" (11,53). E, mentre in un clima di festa la gente s'aspettava di vederLo, "i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo". Sono giorni nei quali Gesù preferisce rimanere appartato, mentre i capi Lo stanno cercando. Infatti, di lì a pochi giorni avrebbe pregato così: "la mia anima è triste fino alla morte" (Mt 14,34). Forse neppure i Suoi potevano intuire cosa stava provando, cosa Si portava dentro. Forse Gli restava solo di stendere la mano, sperando che qualcuno se ne accorgesse. LasciandoSi guidare là dove ancora qualcuno L'avrebbe accolto, L'avrebbe capito. Dunque: "Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti". Qui c'è un capovolgimento: accorgersi che è Dio che sta fuori di casa nostra, nella notte. Come uno che sta continuamente alla nostra porta e bussa (Ap 3,20). Un Dio che cerca, un Dio che invoca, che spera sempre di incrociare lo sguardo di un amico. Sino a rischiare di non essere riconosciuto o scambiato per un importuno (Luca 11,5-9). Se Lazzaro apre è perché accetta di compromettersi. Di Lazzaro il Vangelo non registra parole. Possiamo solo immaginare un abbraccio, un sussulto del cuore. Se anche Dio ha i Suoi guai, allora "la dolcezza di un amico rassicura l'anima" (Prov. 27,9). Anche se accogliere Gesù ha un costo: "allora i capi dei sacerdoti decisero di uccidere anche Lazzaro".

"E qui fecero una cena"
A Marta era bastato vedere Gesù in faccia, appena era apparso sulla soglia di casa, per capire che qualcosa bisognava fare. Forse la voce che il Maestro era braccato dai capi dei Giudei era già circolata. Così, "fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali". Una cena per ringraziarlo per il fratello Lazzaro ch'era tornato in vita. Una cena di consolazione, una cena di ringraziamento. Nella quale sembra già di intuire un rilancio, un rimando ad un'altra cena. L'anticipo di quella cena che Gesù avrebbe regalato ai Suoi di lì a qualche giorno. In una stanza al piano superiore, "per mangiare la pasqua con i suoi discepoli" (Mc 14,14). Chiedendo, come Suo testamento, che venisse ripetuta sino alla fine del mondo: "fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). Così, stando oggi a Betania, possiamo intuire che, prima della cena eucaristica - che è comunione con Lui, del Suo corpo donato, del Suo sangue versato -, c'è un'introduzione alla quale non ci si può sottrarre. Un'ospitalità eucaristica da esercitare. Accogliere quell'umanità provata, farsi carico di quella stanchezza, Un'accoglienza reale e concreta che, se non avviene concretamente, è lo stesso mistero divino di Gesù che svanisce, sfuggendoci dalle mani. E non bastano più le nostre messe e non servono più tante comunioni. Marta è colei che con una cena, semplice e famigliare, introduce il Maestro a comprendere cosa avrebbe potuto fare a Sua volta per i Suoi discepoli, di lì a pochi giorni.

Tenerezza infinita
E tutto continua in questa direzione: "Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo". Un gesto che supera tutte le nostre misure, l'insieme dei nostri calcoli. Oltre ogni nostra aspettativa. Rompendo ogni indugio, Maria compie un'azione controcorrente, improbabile: si avvicina ai Suoi piedi, semplicemente li abbraccia, li bacia e dopo averli cosparsi di un profumo costosissimo li asciuga coi suoi capelli. È impossibile pretendere di imbastire un ragionamento logico, compiuto. Forse qualcosa si potrebbe comprendere se potessimo intuire qualcosa della sua capacità a sostare ai piedi del Maestro, cercando di registrare qualche passaggio dell'anima, qualche tratto del Suo cuore. Così che lei potesse semplicemente concludere che avrebbe dovuto fare qualcosa per Lui. Perché il cuore è così. Non lo puoi fermare. Anche qui non ci sono parole che accompagnano il gesto. Puoi solo restare in silenzio, restare stupito. Assaporando intanto la fragranza del profumo, che tutto s'espande per la casa. Una scena da guardare, come quella del discepolo amato, che durante quell'altra cena, avrebbe posato la testa sul cuore di Gesù (Gv 13,23- 26). O contempli una gratuità che non ti appartiene oppure osi prendere la parola. Come Giuda che del fatto tenta una pessima interpretazione.
Fratello, sorella che ascolti: meglio tacere nei giorni della tenerezza, tenendo lo sguardo fisso sul mistero pasquale di Gesù che avanza in tutto il Suo splendore.

 

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