PERFEZIONA LA RICERCA

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Nel brivido di un'amicizia

don Angelo Casati  

V domenica di Quaresima (Anno A) (02/04/2017)

Vangelo: Gv 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 11,1-53

1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Forse ci siamo commossi anche noi. Come Gesù. Me lo auguro. Mi auguro che ci sia rimasto un briciolo di anima per commuoverci. Posso sbagliarmi, ma questo per me è uno dei brani più suggestivi per spiare, come da una fessura, i sentimenti di Gesù, che cosa si muoveva nel suo cuore, la sua tenerezza, i suoi fremiti, il suo pianto, che prima era dentro, poi glielo hanno visto in pieno volto.

Che grazia che ci siano rimaste pagine come queste, che hanno nel tempo resistito e, ancora oggi, si ribellano a una espropriazione: predicazioni e testi e tesi che hanno espropriato Gesù della sua umanità. Che non finisce invece di affascinare, di spingere alla sequela, di convocare. E infatti perché siamo qui noi questa mattina? Veniamo al racconto: lui, Gesù, vive da lontano la tristezza di un annuncio di una malattia mortale di un suo amico.

Quella di Lazzaro - lo avverti da tutto il racconto - era una casa di amici. Anche Gesù aveva amici e quando era a Gerusalemme trovava ospitalità nella casa a Betania, a meno di tre chilometri. Trovava ospitalità negli affetti: "amava Marta e sua sorella e Lazzaro". Come distante, lui, dalla razza di coloro che, con la scusa che amano tutti, non amano nessuno, anaffettivi per ascesi, brutta ascesi! Anaffettivi.

E' come se il nostro brano fosse un canto all'amicizia: il racconto dei passi dell'amicizia, dal primo all'ultimo versetto, il sottofondo di una musica, quella dell'amicizia. E Gesù dentro, dentro questi passi, i passi dell'amicizia. Che sono anche a rischio. A rischio di morte: "Ma come? Cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?". A rischio di morte. Non per nulla "da quel giorno" - scritto -"decisero di ucciderlo".

Ma l'amicizia per lui era sacra. Qualche giorno dopo dirà: "Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici. Io vi ho chiamato amici!". E non era nome pallido - succede a noi che lo usiamo disinvoltamente - per lui gli amici erano amici! E nell'ultima sua cena parlava al plurale, parlava dei suoi discepoli, parlava di noi: "Voi" - soggiunse - "siete miei amici".

Lo confermò con i fatti, con la sua morte: una vita, consegnata, per noi. Ancora vorrei dire: una amicizia devastata, nei sentimenti, dalla morte. A scanso di ingenue e scorrette interpretazioni, vorrei dire che Gesù portò tutto il dolore e l'amarezza della morte. Anche della sua. Non troviamo forse scritto nel vangelo che nel giardino degli ulivi "cominciò a spaventarsi e a provare angoscia"? E disse ai discepoli: "L'anima mia è triste fino alla morte".

E questo - lasciatemelo dire - è il paradosso che sbuca da ogni piega nel nostro racconto. Ha appena finito di dire: "Io sono la risurrezione e la vita" e, davanti al pianto della sua amica e di quelli che l'accompagnavano, si commosse profondamente e fu turbato Ma il testo greco è più incisivo e ci parla di Gesù che "ebbe un fremito di rabbia". Stesso sentimento, un fremito di rabbia, che gli salì al cuore quando sentì dire: "Ma costui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva far sì che costui non morisse?".

E tra un fremito di rabbia e un altro, il suo pianto: "Scoppiò in pianto". Qui misuriamo il paradosso, che è il paradosso della fede, questa congiunzione: "Io sono la risurrezione e la vita" e il pianto, il fremito di rabbia. Quasi a dire che la fede nella risurrezione non può essere sbandierata come il biglietto di una esenzione, l'esenzione da fremito di rabbia e da pianto. E' una luce che ti abita e ti accompagna anche dentro il passaggio più misterioso.

Perché la fede - voi lo sapete - non risparmia la domanda, tanto meno quella sulla morte. Se la faceva, con sincerità disarmante, anche il card. Martini. Anche lui a chiedersi se Dio, creandoci, non ci avrebbe potuto risparmiare questo duro passaggio.

E sembra di risentire le parole dei giudei amici di Marta e di Maria che si chiedevano se lui, che aveva fatto tanto, non poteva far sì che il suo amico non morisse. Rimane la domanda. Ma rimane anche quella voce che va oltre la morte di Lazzaro: lui, alla fin fine, non sfuggirà alla morte. Una voce assoluta, che viene da un bene assoluto, il bene che ci vuole Dio in Gesù: "Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo?".

Credi che io potrò farti uscire dalla morte, come un giorno feci uscire il mio popolo dalla terra di schiavitù? Lui non potrà far in modo che noi non moriamo e questo rimane un mistero. Ma potrà fare in modo che dalla morte usciamo. Anche se non sappiamo né quando né come, anche se alla morte rimane incollato tutto il suo mistero di rabbia e di pianto.

Ritorno a un'emozione, un'emozione che mi porto in cuore leggendo questo racconto, già alludevo all'inizio. Mi verrebbe da dire che in questo racconto più che la morte ha evidenza l'amicizia. Come se avesse più potere l'amicizia che la morte, come se l'amicizia e l'amore fossero vincenti sulla morte. Fin quando - mi dicevo - qualcuno mi leggerà questo racconto, la morte non sarà più la morte.

In questi giorni un'amica mi ricordava una poesia di Wislawa Szymborska, il contesto non è il nostro. La poetessa sta contemplando nel Rijksmuseum di Amsterdam, un dipinto di Vermeer che raffigura la donna che versa il latte dalla brocca in una scodella, e scrive:

Finché quella donna del Rijksmuseum nel silenzio dipinto e in raccoglimento, giorno dopo giorno versa il latte dalla brocca nella scodella, il mondo non merita la fine del mondo.

Perdonate, ma mi è venuto spontaneo pensare che, finché mi vive negli occhi il racconto di quello che accadde quel giorno a Betania, il mondo non merita la fine del mondo, la vita non merita la fine della vita: più forte della morte è l'amore.

 

Ricerca avanzata  (53995 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: