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TESTO Commento su Giovanni 9,1-41

fr. Massimo Rossi  

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IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (26/03/2017)

Vangelo: Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Tre questioni piuttosto delicate si agitano dietro le letture di questa IV domenica di quaresima:
- il silenzio dei cristiani di fronte al male
- il discernimento della verità al di là delle apparenze
- la relazione tra peccato e sofferenza fisica

Come già domenica scorsa, anche oggi dobbiamo riflettere sulla rilevanza politica e sociale della fede cristiana: in particolare, il cristiano è uno che non sta zitto di fronte al male sociale: alludo alla cosiddetta questione morale.

Ma denunciare il male non basta; è necessario adoperarsi a favore del bene!

Come? Ci sono tanti modi per fare il bene, a seconda delle possibilità di ciascuno. Chiunque può compiere gesti di bontà, dimenticando un po' se stesso, i suoi interessi e le sue necessità immediate, spostando lo sguardo oltre la porta di casa, per accorgersi che non solo c'è qualcuno che sta peggio, ma che si può fare qualcosa per lui... Le vecchie opere di misericordia corporale e spirituale che il catechismo ha ricavato dal capitolo 25 di Matteo, costituiscono l'orizzonte, la realizzazione pratica dell'imperativo della fede. Lo abbiamo capito, senza l'impegno della carità, la fede perde il suo contatto con la realtà, con la vita concreta, e si riduce a una mera teoria, un concetto astratto, un'inutile retorica di accademia...

Negli anni '70 i Vescovi italiani avevano avviato la buona tradizione di dare un titolo alla quaresima, di lanciare uno slogan, ogni anno diverso; ne ricordo uno in particolare: "Evangelizzazione e promozione umana"; durante le cinque settimane del tempo forte, le Diocesi e le parrocchie organizzavano momenti di riflessione e iniziative benefiche.

Oggi la Quaresima di fraternità rimane ancora un tempo prezioso per fare appello alla sensibilità dei fedeli, anche senza lo slogan da scrivere alla porta della chiesa o dietro l'altare....

Ma la beneficenza, non basta! è necessario un impegno sociale e politico sistematico, da mantenere non solo in quaresima, o a Natale.

I nostri genitori, coloro che sono vissuti negli anni della guerra, ricorderanno il coraggio, l'eroismo di taluni sacerdoti - don Sturzo, don Milani, don Mazzolari,... - di religiose, padri e madri di famiglia, giovani universitari - ne cito uno per tutti: beato Piergiorgio Frassati -, i quali spesero la loro esistenza nell'impegno sociale e politico, dando vita a quella che il Concilio avrebbe definitivamente consacrato come dottrina sociale della Chiesa.

Conosciamo i rischi che l'azione politica può presentare, assumendo la fisionomia di un partito... ci siamo passati e ne siamo usciti, non proprio illesi...

Resta il dovere morale non negoziabile di rendere ragione della speranza che è in noi: basta riflettere un attimo sulle risonanze sociali e politiche assunte dall'insegnamento e dall'opera di Gesù; domenica prossima leggeremo il racconto della Passione di Matteo: non ci vuole grande spirito di intuizione, per capire che il figlio del falegname di Nazareth sconvolse l'opinione pubblica, e costrinse i partiti al potere, le autorità religiose, e i rappresentanti dell'Impero a prendere posizione, scegliendo infine il solito, vecchio rimedio dell'eliminazione violenta, per tutelare l'ordine pubblico e riprendere il controllo della situazione.

Le persecuzioni contro i cristiani che infuriarono per tre secoli in tutto il Bacino Mediterraneo, vennero scatenate e condotte per motivi più politici che religiosi; o meglio, per le conseguenze politiche di talune conversioni cosiddette eccellenti: mi riferisco a personalità di spicco come famosi patrizi di Roma e alti ufficiali dell'esercito: la loro adesione radicale alla fede cominciò ad insinuare i valori cristiani negli ingranaggi della amministrazione pubblica e nelle strategie (militari) di conquista, i due cardini dell'Impero, mandandolo fatalmente in crisi.

Il tempo a disposizione è quasi terminato, e restano ancora da affrontare i due temi del discernimento della verità sull'apparenza; e del rapporto tra peccato e male fisico: il Vangelo di oggi dà una risposta forte e chiara sull'ultima questione, tagliando il legame causa/effetto che l'antica sapienza stabiliva tra l'infedeltà dell'uomo e la malattia: tornano in mente quelle espressioni falsamente consolatorie e, al contrario, offensive, del tipo: "accettiamo umilmente la volontà di Dio!", quasi Dio volesse la malattia...

Non è così che facciamo coraggio a chi sta male! L'ho già detto in altre occasioni e lo ripeto ancora: smettiamola di invocare la volontà di Dio di fronte alla sofferenza, qualunque essa sia!

Da affermazioni come questa, alla definizione del male come castigo del Cielo, il passo è breve.

Piuttosto preghiamo insieme; offriamo tempo ed energie per restare accanto a chi soffre.

La sofferenza è sempre ingiusta, non si merita mai, né mai si augura!

Credere di meritare il castigo divino, o addirittura augurarlo, sarà forse umano, ma certamente non è cristiano! di conseguenza chi pensasse che il male sia una giusta punizione ha un problema di fede, commette peccato contro Dio, contro se stesso e contro il prossimo!

Il famoso teologo tedesco H.U. von Balthasar allude a questa visione del Dio giustiziere, riflettendo sulla tentazione di Gesù nell'orto degli ulivi, allorché il Signore sudò sangue, al pensiero che l'amore infinito del Padre si fosse improvvisamente mutato in ira furente, contro tutti coloro che avrebbero steso la mano contro il Figlio suo. Anche su questa tentazione, la peggiore che il Messia avesse mai vissuto, anche su questa il Signore vinse, recitando verosimilmente il Padre Nostro...

Il valore delle parole e delle scelte di Gesù possono apparire parole e scelte di un perdente...

Ma l'apparenza spesso inganna. E ciò che appare non è sempre come appare...

La vicenda di Davide scelto da Dio come re di Israele è emblematica: il suo carisma era talmente poco appariscente, che suo padre Jesse si era persino dimenticato che Davide fosse suo figlio... Serva di lezione a tutti i genitori, affinché imparino a discernere il buono che c'è nei figli, e rendano grazie a Dio per averlo nascosto in loro.

 

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