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TESTO Il vero accecamento

dom Luigi Gioia  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (26/03/2017)

Vangelo: 1 Sam 16,1b. 6-7.10-13a; Sal 23; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 9,1-41

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Ogni volta che si rilegge il Vangelo del cieco nato non si può non restare stupiti di fronte all'atteggiamento dei farisei, messo in rilievo anche dall'ironia con la quale l'evangelista Giovanni lo dipinge. Hanno di fronte un cieco nato che ha ritrovato la vista, ma non esprimono nessuno stupore. Fin dall'inizio c'è in loro un rifiuto implacabile e ostinato di fronte a quello che è appena avvenuto.

Era noto a tutti che questo mendicante fosse cieco e non un impostore, eppure i farisei cercano strenuamente di negare questa evidenza. Chiamano i genitori, pur sapendo che questi non sono liberi di dire la verità a causa della minaccia di espulsione dalla sinagoga che pesava su tutti coloro che riconoscevano in Gesù il Messia. Interrogano dunque, ma non vogliono udire la sola risposta che corrisponde alla verità. Continuano a negare i fatti anche durante il secondo interrogatorio del cieco guarito. Alla fine, come sempre in questi casi, non potendo negare oltre i fatti, non potendo sopportare la schiacciante evidenza dell'accaduto, decidono di sopprimere colui che ne è la prova vivente - ricorrono alla violenza, espellono il cieco nato dalla sinagoga.

Come si può qualificare questo accanimento dei farisei, questa negazione dell'evidenza, questo rifiuto di vedere i fatti se non come il vero accecamento? La cecità non è quella del cieco nato, ma quella dei farisei che non vogliono accettare che Gesù sia il Messia. I farisei sono accecati perché hanno già deciso che Gesù non può esserlo, non deve esserlo, perché non corrisponde ai loro criteri: non rispetta il sabato, non viene dalle scuole rabbiniche giuste (di lui non sappiamo di dove sia), non è nato nel posto giusto (il messia non può venire da Nazareth). E poi, naturalmente, vedono in Gesù una minaccia, perché critica fermamente le derive di cui si sono resi colpevoli e che li hanno condotti a sostituire le loro tradizioni alla Parola di Dio. Quindi i farisei sono accecati perché hanno già deciso che Gesù non può essere il messia, perché costituisce una minaccia per il loro potere, per la loro posizione nella società.

D'altra parte, la prima lettura presenta il profeta Samuele che ha già in mente come deve essere un re per governare in nome del Signore e per questo fatica a riconoscere colui che è stato effettivamente scelto. Malgrado sia un profeta sinceramente desideroso di fare la volontà di Dio, anche lui è se non accecato, almeno, diremmo noi, abbagliato. Si lascia distrarre dai suoi criteri umani: l'eletto deve essere il primogenito della famiglia, il più imponente, colui che più ispira rispetto, fisicamente il più forte. Vi è dunque un fattore che accomuna i farisei e Samuele, cioè sia gli ipocriti che coloro che cercano Dio sinceramente: entrambi non possono fare a meno di lasciarsi condizionare dalla loro idea di come Dio deve agire o piuttosto di come agirebbero loro se fossero Dio. Questo è ciò che li acceca.

Ma le letture di oggi ci offrono anche delle chiavi per resistere a questo meccanismo irresistibile di idolatria, a questa logica mondana, a questa cecità.

Vediamo prima di tutto cosa succede con Samuele. Egli è un profeta, cioè un portavoce di Dio, non perché è infallibile, non perché non sbaglia mai - visto che proprio in questa lettura lo vediamo errare. Samuele è un portavoce di Dio perché sa che neanche lui è immune dall'idolatria, malgrado il fatto che, nel nome del Signore, costantemente la denunci. L'umile, l'uomo di Dio, è colui che non nega la propria idolatria, che non crede che per essere uomo di Dio si debba essere perfetti. Quindi, proprio perché ha questa coscienza della propria idolatria, del proprio peccato, della propria fallibilità, è una persona umile, che verifica cioè costantemente quello che crede essere volontà di Dio.

Il profeta - e potremmo aggiungere il cristiano- non è colui che ha la verità, perché la verità non la possiede nessuno, perché la verità non è una cosa che si possiede. Guai a chiunque, a qualsiasi livello, credesse di possedere la verità, perché a quel punto prenderebbe il posto di Dio. La verità è qualcosa che occorre costantemente discernere nell'umiltà e nella preghiera. La verità è qualcosa che si riceve ad ogni istante. Samuele è un uomo di Dio perché, se non può fare a meno di entusiasmarsi per un candidato, allo stesso tempo conserva l'orecchio aperto a quello che gli dice il Signore.

Il primo antidoto contro l'idolatria è dunque questa umiltà che viene dalla coscienza della propria debolezza e che si traduce in ascolto permanente del Signore.

Ma abbiamo bisogno poi del Vangelo per renderci conto che alla fine, di fronte alla cecità causata dall'idolatria, il solo rimedio efficace è il miracolo. Solo Gesù può aprirci gli occhi, per farci vedere non solo la verità in generale, ma per permetterci di percepire lui, di credere in lui. La ricerca della volontà di Dio, la capacità di discernere l'azione, la presenza di Dio nella storia sono un miracolo permanente. Né chi è stato ordinato presbitero, né chi occupa posti di responsabilità nella Chiesa, neppure il papa, nessuno possiede automaticamente o permanentemente questa capacità. Anche i papi, quando devono esprimersi su questioni particolarmente gravi, consultano, riflettono e soprattutto pregano. Questo vuol dire che anche loro, anzi soprattutto loro che hanno il carisma di pronunciare la parola dirimente nel nome di Dio, sanno che si tratta non di una capacità che si possiede, ma di un dono da mendicare attraverso l'ascolto e attraverso la preghiera.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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