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TESTO Commento su Giovanni 3,13-17

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Esaltazione della Santa Croce (14/09/2003)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Dalla Parola del giorno

Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Come vivere questa Parola?

Negli splendori del Tabor Gesù ha fatto intravedere la sua gloria: quella della sua resurrezione e ascensione alla destra del Padre: il futuro suo e nostro: la felicità senz'ombra. Ma subito dopo pone uno degli interrogativi più forti di cui è segnato il suo magistero. Quello che dice di lui la gente, gl'interessa relativamente. C'è altro che gli sta a cuore: "Voi (cioè voi miei intimi) chi dite che io sia? Sappiamo la centratissima risposta di Pietro: "Tu sei il Cristo", a cui, secondo l'evangelo di Matteo, segue il congratularsi di Gesù: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio" (Mt 16,17). Però a questo punto c'è da chiedersi: Di quale Cristo parla Pietro? Di fatto, appena Gesù tenta per la prima volta di precisare quello che avverrà di lui: soffrire essere rigettato da parte dei capi politici e religiosi venire ucciso, scoppia la rimostranza. Pietro è ancora troppo "acerbo" spiritualmente, non sopporta un tale iter per il suo maestro e giunge fino a rimproverarlo. Cosa che ingenera in Gesù l'aperta condanna di quel pensare e sentire di Pietro che è allineato alla mentalità mondana in aperta opposizione al piano di Dio. Eppure il momento decisivo è proprio quello in cui Gesù accetta la passione, il patibolo infame e la morte per generare la vita, una qualità di vita imperitura e divina. È così anche per noi. Scocca il momento della decisione importante in cui seguire Gesù. Scegliere la sua mentalità e il suo modo di amare comporta un distacco, una sofferenza, una dolorosa rinuncia. Spaventarsi? Retrocedere? Se la croce fossimo noi a portarla, con le sole nostre forze, certamente. Ma è Lui, è in gioco la sua grazia a realizzare un disegno di luce, nonostante la nostra debolezza.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, visualizzo e ascolto il dialogo di Gesù con Pietro e coi suoi discepoli. Sento Gesù dire a me quello che concerne la croce: un perdere la propria vita per ritrovarla in Lui. E prego per avere luce, capire in profondità e pace, fuori da oppressioni e paure.

Gesù, l'idea della rinuncia, così opposta alla mentalità mondana, mi fa spesso paura. Tu illuminami e fammi capire che, nel tuo fuoco d'amore, brucio quello che è inautentico nella mia vita, trovo te crocifisso e risorto e, in te, la mia vita vera.

La voce di un contemplativo e teologo del XIV secolo

Moriamo per amore di Dio in questa vita, affinché dopo la resurrezione possiamo vivere nella futura; infatti se ora per amore di Cristo moriamo a noi stessi, allora regneremo con lui nella piena gioia del cielo
Ludolfo di Sassonia

 

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