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TESTO "Amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano"

don Roberto Rossi  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/02/2017)

Vangelo: Mt 5,38-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Gesù recupera il precetto della Legge mosaica che imponeva di amare il prossimo e lo radicalizza ulteriormente. Innanzitutto è necessario precisare che in nessuna parte della Torah viene ordinato di odiare il nemico. Il precetto originale citato da Gesù nel primo versetto di questa antitesi recita infatti così: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso». L'espressione «odierai il tuo nemico» è un'aggiunta di Matteo, inserita nel precetto originario per spiegarne meglio il significato. Il comandamento dell'amore sancito dalla Legge mosaica era infatti circoscritto ai «figli del tuo popolo», cioè agli Israeliti: solo loro erano considerati "il prossimo" al quale riservare l'amore e il perdono. Matteo inserisce il riferimento all'odio verso il nemico con un intento volutamente provocatorio, per colpire l'attenzione del lettore e aiutarlo a comprendere che un amore inteso in senso esclusivo, cioè riservato soltanto ai propri "fratelli nel culto", non corrisponde all'amore inclusivo e totale richiesto da Gesù.

Questa antitesi è il vertice dell'intera serie e il completamento della precedente. Ciò che in quest'ultima veniva espresso in forma negativa: "non reagirai alla violenza con la violenza", viene ora espresso in forma positiva: "amerai il tuo prossimo, anche quando è un nemico o un persecutore".

Gesù spalanca gli occhi dei discepoli su una nuova prospettiva di giustizia, non più legata alla logica della retribuzione, ma aperta all'amore incondizionato di Dio: «egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Questa affermazione apparentemente "scandalosa" non vuole riflettere l'immagine di un Dio indifferente al dolore dei figli e incapace di distinguere tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto. Al contrario, il cuore del Vangelo, il "fatto nuovo e specifico del cristianesimo" che sconvolge i pagani è proprio il comandamento dell'amore totale, misericordioso e inclusivo di Dio.

Gesù ama anche il peccatore perché odia il peccato, ama anche il malvagio perché odia il male; ci insegna a perdonare il nemico perché la vendetta aggiunge al male altro male, al dolore altro dolore, mentre l'amore ci rende liberi dalla spirale dell'odio. I discepoli sono invitati ad aderire al progetto di amore del Padre, a diventare cioè "figli, nel Figlio". Solo riconoscendo nel prossimo un fratello possiamo veramente diventare ciò che siamo chiamati a essere: figli del Padre.

La distanza tra questo comandamento "estremo" e "scandaloso", che Cristo ha reso concreto nella realtà della croce, e la miseria della nostra povera umanità, persa nelle liti, nell'orgoglio, nell'egoismo e nell'indifferenza è imbarazzante. Come amare i nemici se spesso non riusciamo a perdonare nemmeno gli amici? La risposta a questa domanda potrebbe essere quella data da Gesù ai suoi discepoli, quando gli chiesero chi mai si sarebbe potuto salvare: "Impossibile agli uomini, ma non a Dio!". La misericordia di quel Dio che si fa carne per andare incontro all'uomo e riscattarlo con il proprio amore è la sola cosa che ci salverà e l'unica che non avrà mai fine. Nel frattempo ognuno di noi, forte dalla propria debolezza affidata nelle mani di Cristo, è invitato a prendere la propria croce e a seguirlo nella via dell'amore.

Due testimonianze fra le tantissime vissute dai campioni della fede, della preghiera e dell'amore ai nemici.

Martin Luther King: "Ai nostri più accaniti oppositori, noi diciamo: noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d'animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché la non-cooperazione col male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell'ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno, noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al vostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria". (dal libro: La forza di amare)
p.Majeed Attalla dal campo profughi del Kurdistan

"Abbiamo abbandonato tutto perché le cose materiali non sono importanti. Solo la fede conta. Alla fine di tutto non ci sarà chiesto quanti soldi abbiamo guadagnato nella nostra vita, ma quanto bene abbiamo fatto. Certo non è facile lasciare le proprie cose e la propria storia. Ed è ancora più difficile quanto conosci chi ti fa del male. Il primo ad entrare a saccheggiare casa mia, ma non è successo solo a me, è stato un mio amico di Mosul. Siamo cresciuti assieme, abbiamo fatto le stesse scuole, lui veniva spesso ospite dalla mia famiglia. Poi è diventato Daesh. E quando è entrato nella mia casa ha fatto un selfie nella mia stanza scrivendomi che ora le mie cose erano sue. Gli ho risposto che era solo cibo quello che lui ha mangiato, ma non ha preso la mia anima, la mia fede. Un giorno Daesh finirà, noi torneremo nelle nostre case e quel giorno sarà importante aver conservato la fede nonostante tutto. Non è facile, ma tutti cerchiamo di rimanere aggrappati a Gesù. E di perdonare perché Lui lo ha fatto dalla croce. Questa è la nostra testimonianza al mondo, ai nostri fratelli musulmani, a quanti ci fanno del male: come Lui noi diciamo: Perdonali, Padre, perché non sanno quello che fanno". (da Famiglia Cristiana)

 

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