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TESTO Commento su Luca 2,22-33

don Walter Magni  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A) (29/01/2017)

Vangelo: Lc 2,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

In occasione della Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe la liturgia propone l'ascolto dell'episodio della Presentazione di Gesù al Tempio in braccio a Maria e a Giuseppe. Una modesta famigliola che viveva a Nazareth di Galilea, chiamata per Legge a fare il suo ingresso nel Tempio di Gerusalemme. Le suggestioni evangeliche sono molte. Ne evidenzio alcune.

Umili e obbedienti
Anzitutto colpisce lo stile umile, modesto, di questa famiglia, mentre si affretta a entrare nel tempio delle grandi liturgie. C'è, soprattutto, sottomissione alle prescrizioni della Legge. C'è grande rispetto e un profondo senso religioso. L'atteggiamento di chi intuisce che l'adesione a quelle regole traduce una sincera disponibilità del cuore nei confronti di Dio. Affidamento senza calcoli, abbandono senza riserve. Afferma l'evangelo di Luca: "quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore". Una legge comunque esigente e minuziosa. Che imponeva alle donne che avevano partorito di rimanere nascoste in casa per quaranta giorni e, nel caso si trattasse di un figlio maschio primogenito, che venisse portato al Tempio per essere offerto al Signore. Scattava così una tariffa per il tempio, oltre ai costi per acquistare gli animali per il sacrificio di riscatto del figlio. Maria e Giuseppe col loro primogenito, questa strada, fatta di leggi e di precetti, la percorrono tutta. Insegnando a Gesù a fare altrettanto. Avevano forse le carte giuste per tentare qualche scappatoia. Invece no. Fa tenerezza vedere due giovani sposi incedere, con la timidezza di chi viene dalla provincia, negli ampi spazi di un Tempio così grande, forse impacciati nel viavai di tanta gente indaffarata a vendere e comprare. Intanto nell'aria risuonano preghiere di liturgie solenni e si sente forte l'odore dell'incenso mischiato a quello della carne bruciata dei sacrifici.

Prendere in braccio Dio
Inizia in questo modo la salvezza di Gesù, il salvatore. Quell'atto di sottomissione alla legge ebraica che finirà con le braccia distese sulla croce per attenersi alla legge dei romani. Non una presa di distanza, non la segnalazione di un disagio. Così inizia la salvezza che viene da Dio. Con una azione di sottomissione che attraversa da dentro le nostre leggi e le nostre liturgie. Senza pretendere di imporre nulla, ma trasformando prescrizioni e divieti lavorandoli da dentro. Partendo dal basso. Facendo dell'obbedienza la virtù che avanza cambiando, trasformando e salvando. Come dimostra anche il vecchio Simeone che, mosso dallo Spirito, avanza staccandosi dalla folla, tendendo le braccia verso Maria e Giuseppe che in fila forse aspettavano il turno per il sacrificio espiatorio: un "uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele (...) Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio". Così la nostra salvezza è anzitutto una questione di braccia che sorreggono un bambino e se lo stringono al cuore. Simeone, commosso, avrà provato la gioia indicibile di avere Dio nelle sue mani. Di poterLo toccare, stringere e baciare. Cosa poteva desiderare di meglio? In cosa poteva sperare ancora? Forse, fratelli e sorelle, spesso rischiamo di restare abbagliati da certi riti laici altisonanti e da molti riti, liturgie religiose a volte un po' retoriche. Mentre Dio ci raggiunge con un abbraccio, riempiendoci di commozione e di stupore. Gesù bambino taceva in quel momento o forse piangeva. Nelle fattezze di un bambino avanza nel mondo la salvezza.

La luce nei suoi occhi
E intanto gli occhi vedono. Tutta la solennità di questa presentazione al Tempio, stando al Vangelo, trova rifugio negli occhi, cioè nell'anima di un vero credente. Un uomo dal volto scavato dalla vecchiaia, ma ancora capace di attendere e di sperare. Simeone ("il Signore ha ascoltato") non s'era arreso alla monotonia delle cose che passano. Non si è dimesso prima. Piuttosto grida col suo canto l'ora della salvezza: "Ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza". Quante cose avevano già visto i suoi occhi. Poi avrebbe visto anche la morte. In lui però c'era precisa la memoria di una promessa: "che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore". Ogni giorno avrebbe potuto pensare che quello poteva essere il giorno giusto. E poi quel giorno arriva e i suoi occhi cominciano a vedere. Perché è una questione di occhi che si radicano nel cuore. Tutti vedono la stessa scena nel Tempio. Ma c'è chi vede e chi non vede. Ci sta bene qui la citazione di una beatitudine: "Beati i puri di cuore, vedranno Dio". Beati, cioè, coloro che custodiscono la limpidezza, senza lasciarsi corrompere il cuore da interessi e presunzioni. Questi sì vedranno Dio. Anche noi siamo chiamati a vedere con lo sguardo del cuore, a capire che ogni cosa e ogni situazione può essere illuminata nello sguardo di Dio. Abbiamo bisogno di più luce negli occhi, ma anche di maggior limpidezza nel cuore per vedere più in là. Per vedere davvero. Sapendo spaziare oltre un mondo che rischia ci continuare a ripiegarsi su se stesso. Una preghiera semplice quella di Simeone. Sono sufficienti tre minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze, tre minuti per dare luce a una vita di attesa. Che il Signore ci conceda qualche minuto per vedere tutto con un cuore limpido. Per vedere più in là, per vedere oltre.

 

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