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TESTO I cinque pani e i due pesci

don Angelo Casati  

III domenica dopo Epifania (anno A) (22/01/2017)

Vangelo: Lc 9,10b-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,10b-17

10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Devo confessarvi che ho letto questi testi della liturgia, come pressato da numeri e da immagini dei nostri giorni. Mi aprivano gli occhi alla fiducia i brani delle scritture sacre: la manna scesa davanti all'accampamento in quei giorni in cui la fame aveva fatto salire sino al cielo le mormorazioni degli Israeliti nel deserto... "Dio" è scritto "intese le loro mormorazioni".

E poi gli occhi andavano a quella zona deserta del vangelo che diventa un pullulare di gruppi e tutti seduti a condividere pani e pesci. E poi, ancora, la colletta generosa che Paolo propone alla comunità di Corinto in favore della comunità più povera, quella di Gerusalemme. Si risponde sempre a un bisogno.

Ebbene da un lato gli occhi andavano a queste immagini e dall'altro numeri e immagini che - penso - abbiano inquietato e continuino a inquietare tutti noi, perché - lo vogliamo o no - se ci rimane un po' di cuore sono numeri e immagini che ci mettono davanti a un bisogno, ai bisogni. I numeri riguardano una indagine, apparsa in questi giorni sui quotidiani - si potrà anche spostare di qualche decimale i numeri - però l'indagine veniva a dirci che 1% dei più ricchi del mondo possiede quanto il 99% della popolazione mondiale, e, per venire a noi più vicino, che in Italia, nel nostro Paese, l'1% dei cittadini più ricchi possiede il 25% della ricchezza nazionale.

E i quotidiani a parlare di "un mondo dove crescono impetuosamente le disuguaglianze, dove si fa sempre più ampia la faglia tra i pochi che hanno e i tantissimi depredati. Il mondo del turbocapitalismo non è solo un mondo sempre più ingiusto, squilibrato. È anche un mondo sempre più ingovernabile. Cresce il divario tra ricchi e poveri". I numeri.

E poi le immagini di uomini, donne, bambini sepolti da neve e terremoto e i soccorritori che varcano quelli che ormai sono non luoghi, varcano il silenzio. E rimangono domande, domande senza risposte. O forse la risposta sono loro? Me lo chiedo. E ritorno alle letture di oggi. Sfioro la prima lettura, Certo ci sarebbe da ridire sugli ebrei che vanno mormorando e rimpiangono i giorni dell'Egitto. Ci verrebbe facile condannarli. Ed è anche vero che la libertà non la si vende per la pentola della carne dell'Egitto, però è anche scritto: "Dio ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui".

Le ha intese e ha risposto con la manna. Ebbene, non so se ha colpito anche voi l'insistenza del Signore su un ordine che deve presiedere alla distribuzione della manna scesa dal cielo; le regole - potremmo forse dire - per una equa distribuzione. Un comando di Dio. Sì, un comando: "un omer a testa". Ebbene "si misurò con l'omer: colui che aveva preso di più non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno, non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiare".

Mi sembra di capire che Dio dona la manna, ma poi tocca a noi distribuirla, ci dona la terra ma poi tocca a noi farla diventare la terra di tutti. Tocca a noi lavorare perché non ci sia qualcuno che affoga nei beni e qualcuno che non ne ha. E questo perché? Perché la manna, come la terra, viene dal cielo e nessuno ne è un proprietario, noi siamo semplicemente distributori. Chiamati da Dio per il compito di una equa distribuzione dei suoi beni sulla terra. Chiamati in causa sono dunque gli uomini le donne, chiamato in causa il loro senso della giustizia e - lasciatemi dire - anche la loro immaginazione, la loro competenza, la loro capacità di trovare soluzioni.

Non so se è un pensiero anche vostro, una preoccupazione anche vostra: A me sembra che il vezzo, anche in campo politico, è quello di urlare contro, e mai di proporre soluzioni. Se al di sopra di tutto ci fosse la passione per il bene comune, ci ingegneremmo a pensare, a immaginare, a proporre. Abbattere sì, ma anche costruire.

Anche nel brano dei vangelo di Luca assistiamo a un comando di Gesù che potremmo leggere in questo orizzonte. E' come se ci si dovesse attenere a un ordine, perché, in una possibile confusione nella distribuzione dei pani, non vada dimenticato qualcuno. Ecco il comando: "Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa". "Sedere"! Che siano serviti, quasi a rivendicare una dignità, la loro! Servitori siete voi.

E "a gruppi di cinquanta circa". Pensate che nel vangelo di Marco, nel testo greco - anche se le nostre traduzioni non lo fanno notare - si dice "a gruppi di cinquanta in forma di aiuole". Come se la cena della condivisione dei pani generasse, nella sua bellezza, l'immagine del giardino, del giardino dell'Eden o del giardino della risurrezione. Questo avviene, quando sulla terra accade la condivisione.

Quando - come abbiamo visto in questi giorni - accade che soccorritori scavino, con la trepidazione e la cura di chi ama, tra cumuli di neve. Aiuole della risurrezione. C'è sì la sproporzione: da una parte cinquemila, dall'altra cinque pani e due pesci. Una sproporzione che fa dire sbrigativamente ai discepoli - ma anche a noi -: "Non si può fare diverso. E' strutturale che sia così! Congeda, congeda la folla, ci pensino loro".

C'è la sproporzione - l'accennavamo all'inizio -. Ma c'è anche questa parola stringente di Gesù, che è come se si incidesse sulla nostra pelle: "Voi stessi date loro da mangiare!". Non tiratevi indietro, sono persone come voi, pensate a che cosa succede, se le mandate via. Pensiamo a che cosa succede se li mandiamo via. Quante cose si potrebbero dire.

C'è una domanda: da dove cominciare? Di chi erano i cinque pani e i due pesci? Nel passo parallelo del vangelo di Giovanni si dice che erano di un ragazzino. Si mise in gioco lui, si mise in gioco con quello che aveva. Mi sono detto che bisogna essere della razza dei ragazzini, che non stanno far tanti calcoli, troppi calcoli. Se fai troppi calcoli, non parti più. La liberta e il sorriso di un ragazzino. E la larghezza, la generosità.

Quella larghezza e generosità, cui invitava Paolo la comunità di Corinto in occasione della colletta per la chiesa di Gerusalemme: " Siate larghi anche in quest'opera generosa... la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza... e vi sia uguaglianza..."! Termino qui. Con l'immagine del ragazzino che aveva tra le mani cinque pani e due pesci, con le immagini delle mani che scavano nella neve.

 

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