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TESTO Un Dio che cammina tra gli uomini

don Maurizio Prandi

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (22/01/2017)

Vangelo: Mt 4,12-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Forma breve (Mt 4,12-17)

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Ancora una volta celebriamo l'eucaristia ringraziando Dio per la sua vicinanza. Vicinanza che ci viene narrata dalla Parola che abbiamo ascoltato. Dio in Gesù passeggia tra gli uomini e li chiama; li incontra sul lavoro, nella sinagoga, per la strada. In queste prime due settimane del Tempo Ordinario, nelle liturgia feriale, il vangelo di Marco, raccontando gli inizi della vita pubblica di Gesù ci ha detto che egli ci è testimone della vicinanza di Dio, soprattutto per quelli che fanno più fatica; è la fatica della vita, che può essere una vita malata, inferma, può essere la fatica della lontananza, della distanza da Dio, può essere la fatica di non avere una direzione, un orientamento, una luce una meta (le terre di Zabulon e Neftali descritte nella prima lettura), può essere la fatica del lavoro quotidiano (il vangelo di oggi). Chissà, forse la luce anche per Gesù si era un po' spenta alla notizia dell'arresto di Giovanni il Battista; forse è per questo che comincia da lì, dalla Galilea, dalle terre di Zabulon e di Neftali, per la storia convulsa che hanno vissuto: le guerre, le occupazioni della terra da parte degli stranieri che si sono susseguite e che avevano alterato, contaminato la cultura e la religione dei suoi abitanti. Comincia da lì perché era una terra non disprezzata ma sicuramente guardata con poca considerazione, in fondo era una terra di pagani e di una fede che si era per così dire venduta ad altre religioni. Comincia dalla Galilea, dall'oscurità che la abita, dall'oscurità nella quale la fanno cadere ogni volta che giudicano la sua condizione di regione meticcia di razze e di popoli. Comincia da lì perché dal punto di vista religioso era "depressa", perché valeva poco, perché era terra povera e bisognosa. Che scandalo per le attese messianiche del suo tempo: l'annuncio messianico sarebbe dovuto venire dal cuore, dal centro della religiosità, da Gerusalemme e poi in un secondo tempo arrivare alla periferia, alla frontiera e invece Gesù comincia da lì perché il vangelo è rivolto innanzi tutto a quelli che ne hanno bisogno, a quelli che sono, per un motivo o per un altro, in una condizione di miseria, di carenza, di bisogno di vita (che scandalo anche oggi a dire la verità: i tempi non sono per nulla cambiati, se pensate a quanto ha fatto discutere il fatto che papa Francesco abbia aperto l'anno santo della misericordia non a Roma ma nella cattedrale di Bangui in repubblica Centrafricana!). E io? da dove comincio? Le nostre comunità, da dove cominciano?

È sempre difficile tradurre l'espressione: Regno di Dio, almeno lo è per me perché di un regno ho una immagine per così dire spaziale, fisica. Il regno è un certo territorio, dove vigono determinate leggi emanate da un sovrano. Gesù però dice qualcosa di diverso, perché questo Regno che lui annuncia è un fatto, è un accadimento, è un avvenimento, non qualcosa di fisico ma di temporale. Non posso perdere allora l'occasione che mi si presenta, non posso arrivare tardi perché è Dio stesso che comincia a regnare. Gesù mi sta dicendo che è Dio che comincia a regnare e che prende in mano le redini del potere (don Daniele Simonazzi) potere che Lui intende in modo radicalmente diverso da come lo intendono gli uomini (e meno male!). La regalità di Dio (riassumo un pensiero ancora di don Daniele Simonazzi), è una regalità giusta, in quanto esercita una sovranità a favore di chi è povero e bisognoso, perché è sempre il più debole che ha bisogno di protezione.

Caratteristica di questo Regno, ci dice Gesù, è la sua vicinanza; la tentazione può essere quella di accogliere con paura queste parole ma cambiare sguardo è necessario, altrimenti non ci accorgiamo. Gesù è venuto ad annunciare un Dio che lui stesso rende presente: grazie a Lui Dio è presente nella nostra vita. Potrebbero sembrare anche soltanto parole, ma a me fanno bene: affermare che il Regno di Dio è vicino, vuol dire che la sua presenza comincia a fare effetto, ma in un modo inaspettato! Non è il cambio concreto di una situazione che diventa nuova, diversa, palpabile, concreta, con dei benefici visibili e sperimentabili, effettivi. La presenza di Dio in Gesù non produce "cose", non produce (ogni tanto lo ricordiamo), "la bella vita" ma porta salvezza, gioia, speranza, perdono. Da una situazione di lontananza ad una situazione di vicinanza e di perdono. Sento qui l'importanza ed il significato della profezia di Isaia che l'evangelista Matteo riporta: dalle tenebre alla luce, dal disorientamento ad una direzione, da un girovagare ad una meta, dalla solitudine alla compagnia, dal peccato al perdono. Ecco il Regno di Dio, la sua sovranità, la sua signoria: un uomo, Gesù, che cammina tra gli uomini, facendo del bene trasmettendo una parola che non rimane "aria" ma diventa scelta, stile di vita; un seme nel buio, che vince misteriosamente l'oscurità della terra; un contadino che nella fedeltà alla terra e al suo lavoro di ogni giorno trova nel campo il tesoro della sua vita; una casalinga che prepara il pane; un uomo che non si dà per vinto e continua a provare a seminare anche là dove nessuno spenderebbe dieci minuti della sua vita.

Ancora una volta il vangelo mi stupisce con la sua bellezza, la sua semplicità; proprio perché è passato in mezzo agli uomini, gli uomini hanno cominciato ad andargli dietro: difficile incontrare se si resta chiusi nei propri recinti. È questo il Regno di Dio: Gesù che passa e noi che gli andiamo dietro. Come dicevo domenica scorsa Gesù ci chiama a cooperare (è necessario che compiamo ogni giustizia) non solo Gesù, ma anche noi quindi, uomini e donne che davvero lo prendono come punto di riferimento, perché soltanto così, con Lui tutto cambia (don Daniele Simonazzi).

La semplicità di Dio: passando lungo il mare di Galilea. Qualcosa di eccezionale? Di straordinario? Di particolarmente attraente o di sbalorditivo? No, semplicemente, Gesù passa. Questo fatto, di per se normalissimo è capace di cambiare "tutto l'equilibrio dell'ambiente"; è tutto abituale, normale, pescatori che ritornano dal lavoro, che lavano le loro reti, le riparano; allo stesso tempo tutto cambia perché la bontà di Dio offre a queste persone un punto di riferimento: Gesù!

E poi quella promessa così strana: vi farò pescatori di uomini! Mi son sempre arrampicato sugli specchi per capire cosa voglia dire ho sempre pensato che altro che pescatori di pesci! di uomini!. Grazie a Dio mi sono imbattuto in questo commento che gli ospiti dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario (gente che delle tenebre di Zabulon e Neftali ha fatto una discreta esperienza) dove è cappellano don Daniele Simonazzi, hanno scritto qualche anno fa. Lo condivido con voi, è molto bello e significativo: Eccoci di fronte alla promessa fatta a Pietro ed Andrea di diventare "pescatori di uomini". Loro erano già pescatori, quello era il loro mestiere, ciò che loro sapevano fare bene. Gesù parte da questo, da ciò che è la loro caratteristica e la loro capacità per chiamarli a seguirlo. Gesù parte dal "dono" che già hanno ricevuto e sanno usare e su quello innesterà la loro nuova missione. Non gli serve "inventare" delle persone secondo il proprio desiderio o plagiarle con la propria eloquenza, ma chiede a ciascuno di crescere nei propri doni fino a trasformarli in uno strumento di fede e testimonianza, fino a farne un mezzo per la propria e l'altrui conversione. E pescatori in questo senso non sono coloro che irretiscono uomini e li convincono ad essere cristiani facendo proselitismo, ma sono piuttosto coloro che sanno suscitare in chi sta attorno un interesse e una curiosità per Dio, in virtù delle scelte che compiono o delle azioni che li contraddistinguono. Per poter far fruttare in questo modo i propri doni occorre incontrare e riconoscere "la luce". Alcuni di noi, come il popolo di Israele, hanno camminato così a lungo nelle tenebre più nere che ora anche un lontano bagliore sembra una luce accecante (Is 9,1). E a volte anche questa luce mai conosciuta può fare paura. Eppure "il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?" (Sal 26,1) (Gruppo OPG).

 

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